San Martino e la magia di un rallye sulle Dolomiti

La copertina di San Martino, magia di un rallye di Beppe Donazzan

Sulle strade dolomitiche hanno fatto i primi passi agonistici, e sono diventati campioni, Arnaldo Cavallari, Sandro Munari, Alcide Paganelli, Raffaele Pinto, Fulvio Bacchelli, Donatella Tominz, Walter Rohrl, Pino Ceccato, tanto per citare i più famosi. Perfino un giovanissimo Luca Cordero di Montezemolo prese il via in due edizioni alla guida di vetture Fiat. Sono tutti figli del San Martino.

In Italia, se c’è una corsa che ha fatto epoca nella specialità dei rally – in egual misura del Sanremo – questa sicuramente è il San Martino di Castrozza. Per l’immagine forte che ha trasmesso, per la passione che ha scatenato alle generazioni dei giovani degli anni Sessanta e Settanta, per la partecipazione di Case automobilistiche come Lancia, Fiat, Alfa Romeo, Porsche, Alpine Renault, che avevano eletto quella massacrante corsa a banco di prova fondamentale per l’evoluzione delle macchine e dei modelli di allora. Lo racconta Beppe Donazzan in San Martino: magia di un rallye, ormai una ricercata rarità.

E poi era fondamentale per la crescita sportiva dei i piloti, degli uomini dei team e di tutti i grandi protagonisti. Sulle strade dolomitiche hanno fatto i primi passi agonistici, e sono diventati campioni, Arnaldo Cavallari, Sandro Munari, Alcide Paganelli, Raffaele Pinto, Fulvio Bacchelli, Donatella Tominz, Walter Rohrl, Pino Ceccato, tanto per citare i più famosi. Perfino un giovanissimo Luca Cordero di Montezemolo prese il via in due edizioni alla guida di vetture Fiat. Sono tutti figli del San Martino.

“Anch’io, come migliaia e migliaia di appassionati di allora, sono stato contagiato da quella passione. Partivo in bicicletta da Bassano del Grappa, la mia città, per raggiungere Valstagna, dove c’era una prova speciale. Denominata l’Università dei rally, per la sua completezza come tracciato”.

“Un momento legato alla giovinezza di una generazione. Tutto è partito da là. Dal tam-tam dei racconti di chi c’era già stato, dalle prime letture sulle riviste specializzate come Auto Italiana e Autosprint, dalla curiosità di esserci, da quelle strade. Quando sono riuscito a raggiungerle ho provato una gioia difficile da descrivere. Valstagna e il Manghen”, racconta Donazzan.

“Era stato come arrivare sulla Luna, tanta l’emozione. La scoperta e la conquista di un pezzo di libertà, la voglia di vivere, l’entusiasmo per un qualcosa di nuovo al di fuori della famiglia, della scuola, dell’oratorio. Ha avuto il potere di dare una scossa ai giovani degli anni Sessanta e di diventare un emblema. Di festa, avventura e soprattutto aggregazione. Arrivò così, all’improvviso, e ci siamo sentiti più grandi”, prosegue l’autore.

“Quando ho sentito nelle valli i rumori, amplificati dall’eco, sempre più vicini e forti, seguiti dai fari, prima minuscoli, che accendevano il buio, i brividi correvano lungo il corpo. Il film notturno erano la staccata, la derapata, l’accelerata… All’interno degli abitacoli, Illuminati dalla luce fioca della lampadina del navigatore, due figure che sembravano folletti. Il pilota con le mani sul volante in un movimento veloce, il compagno a fianco con lo sguardo fisso verso il basso ad indicare curve e rettilinei”.

San Martino e quell’atmosfera magica

“Allora l’atmosfera diventava magica. Così la fantasia diventava realtà. A distanza di tanti anni da allora ho deciso di trascrivere quelle emozioni. Le ho raccolte in un libro “San Martino, magia di un rallye” per Antiga Edizioni. E a rendere ancora più particolare il lavoro ho chiesto a Bianca Poli, pittrice, per tanti anni moglie di Arnaldo Cavallari, il primo vincitore del rally, colei che dipinse un drago sul casco di Sandro Munari nel 1969, di tradurre a colori la meravigliosa natura nella quale si snodava il percorso del San Martino”.

Le guglie delle Dolomiti, il verde smeraldo dei prati, il blu cobalto del cielo. Le atmosfere, la magìa, infatti. Un lavoro di passione, un piacere senza fine. Ancora oggi la leggenda del rallye continua e si tramanda nei racconti da padre in figlio. “Sai, qui correvano i migliori. Munari era il Drago – così lo chiamavamo – con la rossa Fulvia HF e poi con la Stratos. Che spettacolo…”, ripetono. Orgoglio per aver vissuto quell’epoca ma anche un pizzico di nostalgia.

La prima edizione del rally risale al 1964. L’idea di organizzare una manifestazione automobilistica con epicentro il Primiero scaturì dall’incontro di due appassionati: l’avvocato Luigi Stochino e il conte Pietro Bovio, presidente dell’Azienda Autonoma di San Martino di Castrozza, uniti nella professione di avvocato. L’intento era quello di rivitalizzare la stagione estiva di San Martino e allo stesso tempo introdurre una specialità che all’epoca in Italia era quasi inesistente.

Il 1963 fu dedicato alla ricerca del percorso. L’anno dopo il rallye era pronto: il percorso prevedeva mille e seicento chilometri snodantisi nella suggestiva cornice delle Dolomiti, lungo i quali le strade sterrate si intrecciavano e si confondevano con il paesaggio.

Punto di riferimento era San Martino di Castrozza, che per quattro volte era attraversato dalla corsa. Sessantaquattro gli equipaggi partecipanti di cui 34 arrivarono alla fine; vincitori Arnaldo Cavallari e Sandro Munari su Alfa Romeo Giulia TI Super. Generale l’entusiasmo, anche dei piloti che avevano manifestato prima della gara le loro perplessità per la lunghezza del percorso e il suo ritmo.

Subito dopo la prima edizione, sempre nel 1964 si diede vita a un challenge internazionale, la Mitropa Cup, inizialmente per Italia, Austria e Germania Ovest, e poi estesa anche a Ungheria, Polonia, Jugoslavia e Cecoslovacchia. La prima edizione del 1965 fu vinta dagli austriaci Romberg-Ferner. Il Rally di San Martino di Castrozza può quindi essere considerato l’antesignano del nuovo rallismo italiano. La nuova formula si impose e sorsero successivamente altre manifestazioni a sua imitazione, quali il Rally dell’Elba o il Rally delle Alpi Orientali.

Ma il successo di una manifestazione tanto affascinante impose problemi di sicurezza. Non esistendo all’epoca una normativa italiana in materia, gli organizzatori tramite la federazione che all’epoca delegava tutto alla Csai, provvidero prontamente alla stesura di un rigido regolamento che tutelasse la sicurezza dei partecipanti e degli appassionati. Regolamento che solo in un secondo tempo entrò a far parte integrante del codice della strada.

Per ribadire l’importanza che le condizioni di sicurezza rivestivano nell’ambito di gare di questo genere, per evidenziare tratti inediti e aspetti suggestivi della manifestazione, oltre che per pubblicizzare la nuova formula rallystica, nel 1968 venne realizzato dal comitato organizzatore del rally un filmato.

Inviato alla venticinquesima Festival Internazionale del Documentario Sportivo di Cortina d’Ampezzo, fu proclamato vincitore assoluto. Frattanto le edizioni del rallye si susseguirono ininterrotte fino al 1977. La manifestazione scalò tutti i gradi di validità internazionale raggiungendo prima il campionato europeo, poi il campionato mondiale conduttori. Nel 1977 condizioni impossibili imposte dalla Pubblica Amministrazione costrinsero a rinunciare alla organizzazione del rallye: l’ultimo vincitore del “Vecchio San Martino” fu Sandro Munari.

  • la scheda
  • SAN MARTINO, MAGIA DI UN RALLY
  • Autore: Beppe Donazzan
  • Dipinti: Bianca Poli
  • Immagini: Bianco e nero e a colori
  • Pagine: 180
  • Editore: Antiga Edizioni

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