Lancia: Torino cancella silenziosamente la sua storia

Stabilimenti Lancia distrutti nel 2021

Viene da piangere. Vedere le ruspe che distruggono con perversa voracità gli stabilimenti Lancia di via Caraglio, in Borgo San Paolo, a Torino impatta come un pugno in pieno petto. Guardi e ti manca il fiato. Guardi ancora e non ci credi. E vorresti piangere, perché dinanzi a tutto ciò sei impotente. Sei un numero che non conta nulla. Una casella di un sistema incomprensibile e incomprensibilmente più grande di te.

Gli stabilimenti Lancia di Torino, da poco ripresi nelle parti esterne, cedono sotto la violenza dei colpi delle ruspe (foto Pierino Crema). La Città della Mole cancella la sua storia. Lo fa di nuovo. Tutto ciò che potrebbe essere riqualificato e che rappresenta il massimo splendore della storia industriale di questa città industriale e dell’ingegno di grandi uomini è destinato ad essere cancellato. Una sorta di tradimento per gran parte della città che non si aspettava tanto accanimento da parte di un’amministrazione comunale che è destinata ala passare alla storia.

Viene da piangere. Vedere le ruspe che distruggono con perversa voracità gli stabilimenti Lancia di via Caraglio, in Borgo San Paolo, impatta come un pugno in pieno petto. Guardi e ti manca il fiato. Guardi ancora e non ci credi. E vorresti piangere, perché dinanzi a tutto ciò sei impotente. Sei un numero che non conta nulla. Una casella di un sistema incomprensibile e incomprensibilmente più grande di te.

E intanto, 90.000 metri quadrati che raccontano più di un secolo di storia automobilistica, tecnologica ed economica italiana vengono cancellati da tonnellate di colate di cemento in nome di una riqualificazione che appare solo di facciata e tanto miope. Gli analisti più attenti parlano di un inizio e non di una fine, per la verità, cioè l’inizio della fine di Lancia anche in termini di Marchio. L’auspicio è che non sia così, anzi che Lancia possa essere rilanciata come merita, come è avvenuto per l’Alfa Romeo, nonostante il Portello abbia fatto una fine indegna.

Storia della Lancia & C. e di Torino

Lancia è tra le più antiche case automobilistiche italiane: fu fondata nel 1906 a Torino da Vincenzo Lancia e si specializzò nella fabbricazione di veicoli di lusso. Esistette come società autonoma per azioni fino al 1958, anno in cui fu acquistata da Carlo Pesenti, proprietario di Italcementi, il quale, nel 1969, per respingere un tentativo di scalata del suo gruppo industriale da parte di Michele Sindona cedette l’azienda alla Fiat che, successivamente, nel 1986, dopo l’acquisizione dell’Alfa Romeo dall’ente pubblico IRI, accorpò i due marchi sussidiari nella controllata Alfa-Lancia Industriale, in seguito nuovamente scorporati e divenuti separatamente parte di Fiat Auto. Nel 2007 la Lancia divenne Lancia Automobiles che, dopo la formazione della nuova capogruppo Fiat Chrysler Automobiles è diventata una sussidiaria di FCA Italy, fino al definitivo processo di inglobamento del gruppo italo-americano in Stellantis.

L’atto costitutivo della Lancia reca la data del 27 novembre 1906: quel giorno, in Torino, il regio notaio Ernesto Torretta formalizza la costituzione di una società in nome collettivo da parte di Vincenzo Lancia e Claudio Fogolin: la denominazione dell’azienda fu Lancia & C. Il numero di repertorio dell’atto (su carta da Bollo da 1 Lira) era il 1904. Il capitale iniziale era di modesta entità (100.000 Lire) ed i due soci vi avevano partecipato con un 50% a testa.

Vincenzo Lancia era già molto noto nell’ambiente automobilistico (non solo italiano) in virtù delle prestigiose affermazioni sportive colte a partire dal 1900 al volante di vetture Fiat. Claudio Fogolin era invece, più semplicemente, un buon amico del Lancia: i due si erano conosciuti alla Fiat, dove entrambi prestavano la loro opera. Ritenendo – non a torto – di poter sfruttare il suo nome per ottenere un sicuro successo commerciale, Lancia aveva deciso da tempo di passare al ruolo di costruttore: tuttavia, prudentemente, non aveva affrettato i tempi, preferendo restare ancora qualche anno in seno alla Fiat per incrementare la sua popolarità e accumulare i capitali minimi necessari per avviare la sua impresa.

La neonata società prendeva in affitto una prima officina (un vecchio capannone occupato sino a qualche mese prima da un’altra fabbrica automobilistica torinese, la Itala), in via Ormea angolo via Donizetti. Lancia prese ad occuparsi della parte tecnico-produttiva, mentre Fogolin si interessò all’aspetto commerciale. I due soci affidarono al conte Carlo Biscaretti di Ruffia – un appassionato dell’automobile della prima ora – l’incarico di studiare un marchio capace di far riconoscere il nome “Lancia” al primo colpo d’occhio. Il conte predispose cinque disegni, tra i quali venne scelto quello che – includendo nome, bandiera e volante – meglio avrebbe rappresentato l’azienda.

Il primo stabilimento Lancia
Il primo stabilimento Lancia

La prima auto in via Ormea

Malgrado gli inevitabili ritardi determinati da un incendio che, nel febbraio 1907, aveva distrutto disegni e modelli di fonderia danneggiando il macchinario, il primo prodotto (o meglio prototipo) Lancia usciva nel settembre di quello stesso 1907. Pare che lo stabilimento di via Ormea avesse però la porta troppo stretta e che si sia dovuto procedere ad un frettoloso allargamento a colpi di piccone per consentire alla prima Lancia di poter effettivamente lasciare l’officina e lanciarsi finalmente lungo la strada aperta.

La produzione vera e propria iniziava comunque nel 1908, anno in cui questo primo autotelaio Lancia veniva esposto all’VIII Salone dell’automobile di Torino (18 gennaio-2 febbraio) con la denominazione di “12 HP”: da notare che la denominazione d’officina era “Tipo 51” e che la vettura sarà ribattezzata “Alfa” quando, nel 1919, il fratello del costruttore, Giovanni (studioso di lingue classiche), suggerirà a Vincenzo di utilizzare le lettere dell’alfabeto greco per contraddistinguere i diversi modelli, a partire da quello iniziale.

Come del resto si poteva prevedere, la “12 HP” era un prodotto abbastanza fuori degli schemi: aveva un telaio piuttosto basso e leggero, munito di trasmissione a cardano (anziché le “solite” catene) e dotato di un motore a 4 cilindri biblocco di 2545 cm³ rotante ad un regime di circa 1800 giri al minuto (un valore decisamente elevato per l’epoca) capace di spingere la vettura sino a circa 90 chilometri all’ora.

Stabilimenti Lancia Borgo San Paolo
Stabilimenti Lancia Borgo San Paolo

Trasferimento in Borgo San Paolo

Nell’estate del 1908 alla 12 HP si affiancava la 18/24 HP (tipo 53, successivamente ribattezzata Dialfa), una vettura ancora più ardita della sorella minore, azionata da un motore a 6 cilindri (tre blocchi da 2 cilindri) che le consentiva di raggiungere una velocità massima prossima alle 70 miglia orarie (110 chilometri orari) Malgrado qualche critica venuta soprattutto dagli ambienti tecnici, la 12 HP otteneva un bel successo, visto che se ne venderanno 108 esemplari (alcuni esportati in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America). Come prevedibile, il successo della 18/24 HP è numericamente meno eclatante, giacché se ne produrranno appena 23 unità.

I locali in cui la Casa aveva iniziato l’attività risultavano subito insufficienti e già nel 1908 veniva preso in affitto un secondo edificio (sempre in corso Dante) da utilizzarsi per le messe a punto ed i collaudi: poco più di due anni dopo, nel gennaio 1911, la sede della Lancia veniva definitivamente trasferita in Via Monginevro (Borgo San Paolo) e l’area occupata dallo stabilimento risultava di quasi 27.000 metri quadrati. Interessante sottolineare il costante ampliamento dell’area occupata dagli stabilimenti, già in questi primi anni di attività: nel 1906, la superficie occupata era di 888 metri quadrati, diventati 976 l’anno successivo e 1.584 nel 1908. Nel 1909-1910 la superficie raddoppiava e arrivava a 3.300 m2: nel 1911, tra aree coperte e scoperte, la superficie complessiva pare fosse di circa 60.000 metri quadrati.

Ma intanto la produzione di vetture proseguiva, aggiornandosi anno dopo anno. Dal punto di vista tecnico, una svolta di una certa importanza si aveva nel 1909, quando usciva la 15/20 HP (Tipo 54, poi Beta), caratterizzata dall’adozione del motore monoblocco e da un (voluto) abbassamento del regime di rotazione (limitato a 1500 giri al minuto). Al Tipo 54 faceva seguito, nel 1910, la 20 HP (tipo 55, Gamma), che si differenziava dal modello precedente per un ulteriore incremento della cilindrata, che passava da 3119 a 3456 cm³ con il conseguente aumento della potenza (e delle prestazioni velocistiche).

Nel nuovo stabilimento di Via Monginevro vedevano la luce, già nel 1911, la 20/30 HP (tipo 56, Delta) affiancata, pare, da un tipo spinto (Didelta, probabilmente tipo 57) costruito in pochissimi esemplari e destinato all’impiego sportivo. Sotto il profilo tecnico, la Delta offriva, oltre ad un incremento di potenza davvero sostanzioso, una interessante innovazione: l’alimentazione mediante pompa (anziché a caduta).

Seguivano poi: una nuova 20/30 HP (tipo 58, Epsilon) prodotta nel 1911/1912, molto simile alla Delta, dalla quale differiva per poche modifiche di dettaglio e per le dimensioni del telaio e la 35/50 HP (tipo 60, Eta) prodotta nel triennio 1911/13 che si affiancava alla 20/30 HP e che era caratterizzata da un telaio corto e leggero e che portava con sé, come innovazione, la frizione “a secco” (anziché a bagno d’olio). Malgrado la cilindrata più contenuta (2614 cm³) scarso successo incontrava invece la 12/15HP (tipo 59,Zeta) costruita nel triennio 1912/1914: da osservare che la vettura montava un curioso ed inedito sistema di trasmissione (un cambio a due rapporti accoppiato ad un doppio rapporto pignone-corona).

Ed eccoci al primo modello Lancia di vero, inconfutabile successo internazionale, la 25/35 HP (tipo 61, Theta) che veniva lanciata nel 1913 e che era destinata a sopravvivere alla Prima guerra mondiale restando in produzione sino al 1918 (per un totale, non da poco per l’epoca, di 1696 unità). Questo apprezzatissimo modello, potente e veloce, passava poi alla storia quale prima autovettura commercializzata con impianto elettrico completo, incorporato e comprensivo di motorino d’avviamento.

Stabilimenti Lancia distrutti a Torino nel 2021
Stabilimenti Lancia distrutti a Torino nel 2021

Lancia tra gli anni ’70 e gli anni ’90

Impossibilitata ad investire ingenti risorse economiche per lo sviluppo di nuovi modelli tecnologicamente competitivi, nel 1969 la famiglia Pesenti cedette la marca a prezzo simbolico al gigante torinese, che in quel periodo rilevò pure i marchi Autobianchi e Ferrari. Sotto la nuova proprietà, l’azienda venne così sottoposta a un piano di ristrutturazione aziendale, con l’obiettivo di abbattere i costi di gestione societari e di avviare una politica volta ad acquisire nuove fette di mercato nei principali paesi di commercializzazione del marchio. Per questo motivo, si decise di chiudere definitivamente la divisione Lancia veicoli industriali, per concentrare tutte le energie nella sola progettazione dei futuri modelli di automobile.

In tal modo, a inaugurare il nuovo corso industriale intrapreso dalla Lancia, sarà una due volumi dal design firmato dalla sapiente mano di Gianpaolo Boano, la Beta. Presentata in occasione del salone dell’automobile di Torino sul finire del 1972, la nuova vettura contraddistinta da una buona abitabilità e da motorizzazioni di origine Fiat, avrà il compito di sostituire a listino l’ormai anziana Fulvia berlina. E, allo stesso tempo, la funzione di rilanciare la produttività nello stabilimento Lancia di Chivasso. Esportata in alcuni esemplari persino nel mercato statunitense, la Beta berlina sarà affiancata in seguito da una lunga serie di versioni derivate: “coupé, decappottabile, fastback HPE e Beta Trevi”; con le quali si cercherà di aumentare presso il pubblico l’offerta del marchio.

Tuttavia, accanto alla Beta e alle derivate, nel 1976 farà il suo esordio la Gamma, un’ammiraglia destinata a riportare la casa torinese nell’orbita del lusso; dopo che la Flaminia era uscita di produzione da ormai diversi anni, senza mai ricevere eredi. Realizzata in collaborazione con la carrozzeria Pininfarina, che svilupperà pure una interessante variante coupé della Gamma, la nuova berlina dominata da una coda del tipo fastback non riuscirà ad ottenere però il successo sperato. Complici, una linea troppo originale e la mancanza di alcune raffinatezze costruttive tipicamente Lancia (carenze già riscontrabili nella sorella minore Beta), alle quali bisogna aggiungere la presenza di svariate anomalie progettuali (soprattutto negli esemplari della prima serie), che pesarono notevolmente su un modello nato ormai vecchio; visto e considerato che gli studi, avviati quando era ancora attivo l’accordo par.de.vi tra la FIAT e il costruttore francese Citroën, avevano subito un lungo e complicato processo di gestazione.

Comunque, con il passaggio di gestione, l’immagine della marca continuò ad essere legata al mondo delle corse. Durante gli anni settanta – ottanta nasceranno infatti svariate automobili da competizione, come la Beta Montecarlo Turbo e la Stratos, una straordinaria macchina da rally con motore 6 cilindri Ferrari-Dino, campione del mondo nelle stagioni 1974, 1975, 1976 e vero oggetto di culto tra gli appassionati. Ma il vero jolly commerciale arriverà nel 1979, con la presentazione al pubblico della compatta Lancia Delta.

Una vettura disegnata da Giorgetto Giugiaro sfruttando la base meccanica della Fiat Ritmo, che venne ampiamente rimaneggiata dallo staff tecnico indipendente dell’allora ancora esistente Lancia Spa. Vincitrice dell’ambito premio automobilistico auto dell’anno nel 1980, la Delta andò a rimpiazzare nelle vendite la Fulvia coupé e fu la prima autovettura ad avere a quei tempi la convergenza regolabile su tutte e quattro le ruote; dato che adottava, anche per il retrotreno, un sistema di sospensioni progettato dall’Ing. Sergio Camuffo, notevole evoluzione del Mc Pherson. Essa ottenne sin dagli inizi un successo clamoroso (tant’è che alcuni esemplari furono venduti pure col marchio Saab), rimanendo in produzione per ben quattordici anni, con varie versioni sportive a trasmissione integrale (fra cui le S4 e le 4WD) che fecero incetta di titoli mondiali rally: sei consecutivi dal 1987 al 1992.

Il declino di un mito

Nel giugno 2014, conseguentemente allo scarso gradimento registrato nei Paesi europei per i modelli di origine Chrysler (Flavia, Thema, Voyager), nonché nell’ottica di un piano di riorganizzazione della produzione dei marchi di proprietà del Gruppo FCA, sono stati ritirati progressivamente dai mercati tutti i modelli Lancia ad eccezione della sola Ypsilon. Nel contempo, nei piani aziendali non è finora contemplata l’idea di porre in gamma un nuovo modello a marchio Lancia. Dal mese di maggio 2017, dopo che FCA ha deciso di interrompere anche in Germania i canali e la rete di vendita ufficiali Lancia per la commercializzazione del solo modello rimasto, l’unico mercato di riferimento del marchio resta quello italiano.

Neppure nel piano industriale FCA 2018-2022 sono stati previsti investimenti per Lancia, tanto che da alcune dichiarazioni dei vertici della società si evince che anche la Ypsilon, unico modello della casa rimasto in produzione, non sarebbe stato più rinnovato. Ciononostante, nel primo semestre del 2020 si è verificata una lieve inversione di tendenza e, in maniera quasi inaspettata, è stata presentata una nuova versione della Ypsilon, la Mild Hybrid, prima autovettura della casa torinese dotata di propulsione ibrida a minimo impatto ambientale, confermando in tal senso un segno di speranza nel possibile rilancio del marchio. Concetto che si è nuovamente riaffermato il 16 gennaio 2021, giorno della nascita di Stellantis, attraverso la fusione di Fiat Chrysler Automobiles con il Groupe PSA. In particolare, durante la prima riunione con i sindacati l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha annunciato l’intenzione di riposizionare Lancia come un marchio premium insieme ad Alfa Romeo e DS, scongiurandone il rischio di chiusura.

Il problema è che non si muove nulla e, intanto, gli stabilimenti Lancia di via Caraglio vengono cancellati dalle ruspe della Giunta Appendino, quelli del Movimento 5 Stelle che volevano rinnovare salvaguardando la storia della città…