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Auto da rally in Unione Sovietica: Moskvitch e GTSCH

Motore Moskvich 2141-KR

I modelli nati durante questo periodo non sono stati eccezionali e, soprattutto, non sono di tipo rallystico, a parte due prototipi. Dopo la guerra, i russi si appropriarono di una parte delle tecnologie tedesche, tra cui spiccavano i prototipi da corsa dell’allora Sindacato Automobilistico. La maggior parte di questi prototipi lasciati nell’est europeo furono quasi tutti smontati e vivisezionati per soddisfare la curiosità dei tecnici sovietici, che riutilizzavano l’ingegno acquisito nel produrre i propri modelli da competizione.

Ma in quell’enorme territorio che era la URSS, 22.402.200 di metri quadrati, i rally si correvano? E soprattutto, i sovietici, che si erano appropriati delle tecnologie tedesche, hanno mai realizzato auto da rally di un certo livello? In realtà le informazioni che giungono dal Continente comunista sono poche e rarefatte. La cortina di ferro filtrava bene tutto, sia in uscita sia in entrata. Però, qualche informazione si riesce a recuperarla. Questo ci dà la piacevole certezza che i rally erano una passione anche nell’Unione Sovietica.

Ci fu addirittura un tentativo di realizzazione di una vettura Gruppo B, che nata tardi era pronta per il Gruppo S, ma che alla fine fu rifiutata dagli stessi sovietici perché nella preparazione per l’omologazione (ormai in Gruppo A, vista la loro burocrazia) sfruttava troppe tecnologie occidentali. La storia del progetto Moskvitch 2141-KR la abbiamo raccontata in un apposito articolo, perché è davvero singolare.

E poi? Di attività ufficiali nulla. C’era qualche attività di competizione, come il Campionato di velocità URSS negli anni Cinquanta. Il problema iniziale, che si rivelò una risorsa, era che un decreto del 1948 vietava di correre con tecnologia straniere. Quindi, queste corse divennero presto un alveare di ingegneria automobilistica sovietica. Un mondo fantastico in cui reinventare le ruote a motore russe.

Moskvich 2141-KR
Moskvitch 2141-KR Group B

Tecnologie tedesche in mani sovietiche

I modelli nati durante questo periodo non sono stati eccezionali e, soprattutto, non sono di tipo rallystico. Per verità storica, va detto che, dopo la guerra, i russi si appropriarono di una parte delle tecnologie tedesche, tra cui spiccavano i prototipi da corsa dell’allora Sindacato Automobilistico (un timido abbozzo di una federazione sportiva). La maggior parte di questi prototipi lasciati nell’est europeo furono quasi tutti smontati e vivisezionati per soddisfare la curiosità dei tecnici sovietici, che riutilizzavano l’ingegno acquisito nel produrre i propri modelli da competizione.

La più grande eredità che i gli ingegneri e i tecnici del Soviet si trovarono in mano furono gli studi sull’importanza aerodinamica. E in questo caso il migliore esempio è rappresentato dalle le GAZ Pobeda Sport, curiosi prototipi aerodinamici che potrebbero benissimo essere il risultato dell’incrocio di una Tatra o Auto Union con qualsiasi auto americana degli anni Quaranta.

Un altro esempio di radicalismo aerodinamico è rappresentato dallo Shahter Popov, un prototipo basato sulla Moskvitch 400 (qui la storia della Moskvitch 2141-KR Gruppo B durata dal 1986 al 1990) che ha persino battuto alcuni record dell’URSS. Anche se forse il più famoso dei veicoli partecipanti al Campionato di Velocità URSS era lo ZIL-112, la cui linea ricorda in qualche modo quella della Ferrari 250 Testa Rossa. Questo modello era equipaggiato con un motore in linea da 8 cilindri della limousine Zil. Era il preferito del Cremlino.

GTSCH rally car
GTSCH rally car

Il prototipo dei fratelli Sherbinin

A dirla tutta c’è anche un prototipo unico realizzato da due fratelli russi appassionatissimi. Però, in questo caso non si può parlare neppure di un Marchio di appartenenza per la vettura. Si chiamava GTSCH ed è, piuttosto, il nome di un singolo prototipo costruito dai fratelli Anatoly e Vladimir Sherbinin, che un giorno decisero di costruire una propria vettura da competizione, con cui volevano disputare sia i rally sia le corse in pista.

I due realizzarono una biposto, una Gran Turismo. Come base usarono una vecchia Volga di 70 cavalli che, in assenza di una struttura adeguata, smantellarono e prepararono nel cortile del condominio in cui vivevano. Per quanto riguarda la carrozzeria, i fratelli Sherbinin realizzarono alcuni stampi nel loro appartamento e lì, praticamente, costruivano pezzi d’auto in vetroresina.

Una volta finiti, i pezzi venivano calati giù nel cortile dal balcone utilizzando un sistema di pulegge fissate a montati e telaio. Infine, aggiunsero il motore, gli interni ed altri accessori. Per quanto riguarda il processo di registrazione, di questo argomento è meglio non parlare. Sappiate, però, che ci sono riusciti.