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Lancia Stratos HF: il bello di Made in Italy

La Lancia Stratos fu la regina dei rally

Una storia stupenda quella della Lancia Stratos, che inizia con la Zero, presentata allora come Prototipo Zero era una dream car esposta per la prima volta come prototipo al Salone dell’automobile di Torino del 1970 dalla carrozzeria Bertone. Il design, per quanto non ancora definitivo, dovuto a Marcello Gandini (lo stesso che disegnò auto come la Fiat X1/9 e la Lamborghini Countach), suscitò subito grande interesse da parte dei vertici della squadra corse della Lancia, guidata da Cesare Fiorio, in cerca della sostituta della Lancia Fulvia nei rally.

Una storia unica e singolare quella della Lancia Stratos, un’auto nata per le corse e destinata alla strada in pochi esemplari e per forza di cose. Fu presentata come progetto di autovettura sportiva a motore centrale (era quello di una Lancia Fulvia recuperato in una demolizione), di concezione avveniristica per quei tempi. Il design, per quanto non ancora definitivo, dovuto a Marcello Gandini (lo stesso che disegnò auto come la Fiat X1/9 e la Lamborghini Countach), suscitò subito grande interesse da parte dei vertici della squadra corse della Lancia, guidata da Cesare Fiorio, in cerca della sostituta della Lancia Fulvia nei rally.

Per questo motivo nacque la Stratos HF (High Fidelity), la prima automobile di serie specificamente progettata per i rally. Nella versione definitiva, sia il motore che la trasmissione erano quelli della Ferrari Dino 246, i quali, abbinati a un telaio monoscocca centrale in acciaio, resero la Stratos un’automobile sportiva molto competitiva. La lenta attività di produzione nello stabilimento Bertone di Grugliasco costrinse la Stratos a gareggiare come Gruppo 5 finché non venne raggiunta la quantità di esemplari prodotti richiesta per l’omologazione in Gruppo 4.

In merito, nella dichiarazione a firma di Fiorio, si afferma che al 23 luglio del 1974 ne siano stati costruiti oltre cinquecento esemplari (cinquecentoquindici per la precisione). La veridicità di tale affermazione è stata messa in dubbio da molti. D’altra parte, diciassette mesi dopo la soglia minima venne abbassata a quattrocento esemplari, rendendo così inutile ogni polemica (in ogni caso, dagli archivi di Bertone risultano prodotti cinquecentodue esemplari).

La Lancia Stratos fu ammessa originariamente nel Gruppo 5
La Lancia Stratos fu ammessa originariamente nel Gruppo 5

Irrompe nel Gruppo 4 la Lancia Stratos

Conclusa comunque la prima produzione in serie, venne schierata in gara nei rally dell’allora Gruppo 4 e fu per anni la vettura più competitiva: nelle stagioni 1974, 1975 e 1976 diventò campione del mondo rally. Ebbe inoltre molti altri successi di prestigio a livello europeo e nei singoli campionati nazionali tra i quali, ovviamente, quello italiano.

L’esordio in gara avvenne nel 1972 al Tour de Corse, dove fu affidata al pilota Sandro Munari, il quale dovette ritirarsi per la rottura delle sospensioni posteriori. Ottenne il suo primo successo l’8 settembre del 1973 al Rally Firestone di Spagna con Sandro Munari e Mario Mannucci.

Quindi, è giusto affermare che la Stratos è l’auto regina dei rally degli anni Settanta, oltre che una delle più belle, potenti, importanti e rappresentative sportive di quel decennio. Fu la madre delle vetture Gruppo B: tre Campionati del Mondo Rally vinti consecutivamente, tra il 1974 ed il 1976, e tantissimi altri successi a livello Europeo e Italiano.

E’ stata, forse ancora oggi è, la migliore automobile con carrozzeria di tipo coupé, prodotta dalla Lancia dal 1973 al 1976, su disegno di Marcello Gandini per Bertone. La sua storia ha inizio al Salone di Torino del 1970, quando il geniale di Bertone lancia una provocazione, un prototipo di un’auto “extraterrestre” alta soli 80 centimetri, con accesso attraverso l’enorme parabrezza centrale, dotata di motore 1,6 litri della Fulvia HF montato centralmente.

Presentata come “Prototipo Zero” era semplicemente una dream car. Il design per quanto non ancora definitivo, dovuto a Gandini, lo stesso che disegnò auto prestigiose come la Fiat X1/9, la Lamborghini Miura e la Countach, suscitò subito grande interesse. Qualcuno già intravedeva la Stratos HF – sta per High Fidelity – la prima automobile di serie specificamente progettata per i rally. Ma andiamo per gradi.

Un debutto sconcertante che lascia di stucco tutti gli addetti ai lavori, anche se da parte della dirigenza Fiat, ed in particolare di Cesare Fiorio, a capo del reparto sportivo del Costruttore torinese, si ipotizza di sfruttare quello Stratos (inizialmente al maschile) come base per l’erede della Fulvia HF nei rally, sempre più combattuti e ricchi di tecnica. Certo quella linea sarebbe dovuta essere addolcita, per cui Nuccio Bertone si cimenta in varie evoluzioni stilistiche e concettuali che portano ad un abbozzo quasi definitivo della nuova berlinetta.

I concetti base sono la trazione posteriore, il motore in posizione centrale e le portiere incernierate normalmente. Ecco così la Stratos, che fa la sua comparsa nel 1972 nella sua veste definitiva: le dimensioni sono compatte, meno di 4 metri. La linea è sempre fortemente a cuneo, anche se più umana rispetto al prototipo del 1970.

Manca solo il motore. Si cerca un propulsore nobile, potente, dotato di molta coppia. Imbattibile. La scelta cade sul 6 cilindri a V di 2.400 centimetri cubici della Ferrari Dino 246GT, con opportune evoluzioni e modifiche. Il risultato è eccellente: 250 cavalli, 225 newtonmetri di coppia massima a 4000 giri al minuto, 230 chilometri orari di velocità massima, ma da 0 a 100 in poco più di 5 secondi.

Tony Fassina vincente con la Lancia Stratos al Rallye Sanremo 1979
Tony Fassina vincente con la Lancia Stratos al Rallye Sanremo 1979

Necessaria una produzione di 500 Stratos

Anche se la Stratos era un’auto appositamente studiata per i rally, fu necessaria la produzione di cinquecento unità, in quattro anni, per l’omologazione nel Gruppo 4, che si evolverà poi nell’indimenticabile e spettacolare Gruppo B degli anni Ottanta.

La lenta attività di produzione nello stabilimento Bertone di Grugliasco costrinse la Stratos a gareggiare come Gruppo 5 finché non venne raggiunta la quantità di esemplari prodotti richiesta per l’omologazione in Gruppo 4. Nell’autunno del 1972 inizia la produzione di alcuni prototipi destinati ai primi rally. Il debutto assoluto avviene al Tour de Corse con l’equipaggio Munari-Mannucci.

Risultato: ritiro per rottura di una sospensione. Nel 1973 inizia la lunga serie di successi, inaugurati al Firestone Rally. In aprile parte anche la produzione, che in ottobre raggiunge il numero sufficiente di telai per l’omologazione nel Gruppo 4, aprendo cosi le porte al Campionato del Mondo Rally.

La Stratos di Sandro Munari, il Drago, che trovò in questa vettura il suo destriero ideale, che lo consacrò ai vertici del rallysmo per sempre, rimedia il suo primo successo iridato, trionfando al Sanremo. E anche al Tour de Corse. La livrea è quella della Marlboro, rossa e bianca.

Nel 1975 avviene la definitiva consacrazione, con la stupenda livrea Alitalia, che calza a pennello alla filante linea della berlinetta di Chivasso: altro mondiale, altra serie di stupende vittorie. Da Montecarlo, che Sandro Munari fa suo dopo i successi con la Fulvia, allo Svezia, fino al Sanremo con Bjorn Waldegaard, ed al Tour de Corse.

La superiorità è schiacciante nessun avversario pare in grado di batterla tant’è che il 1976 è un monologo Lancia, con tripletta al Montecarlo, sempre dominato dal Drago, poker al Sanremo, vittorie in Portogallo ed in Corsica. Mondiale Rally vinto con margini abissali sugli avversari.

L’unica vittoria che continua a sfuggire è il Safari, dove la Lancia partecipa con tre auto, ma in Africa non c’è nulla da fare. Intanto la vettura di serie è già un culto, i possessori se la tengono stretta, la crisi petrolifera non ferma la distribuzione dei primi cinquecento pezzi e neppure dalla seconda produzione di quattrocento pezzi, che però in parte vengono utilizzate come ricambi per le vetture esistenti.

Questo permette di protrarre la carriera della Stratos sino al 1983-1984, in gare nazionali ovviamente, e rendere possibile la reperibilità dei ricambi. La favola della Stratos si interrompe bruscamente alla vigilia del Mondiale Rally del 1977: la Fiat fonde i due team rally, la Lancia e la Fiat-Abarth, che già partecipava al massimo campionato internazionale con le Fiat 124 Abarth Rally, ma con scarso successo.

Il risultato di questa fusione non è altro che l’accantonamento della Stratos, auto ancora attualissima e soprattutto vincente, a vantaggio della Fiat 131 Abarth, utilissima a promuovere l’immagine della Fiat 131 in produzione di serie, dopo i traballamenti degli anni bui.

Adartico Vudafieri con la Fiat 131 Abarth Rally al Rally Il Ciocco e Valle Serchio 1980
Adartico Vudafieri con la Fiat 131 Abarth Rally al Rally Il Ciocco e Valle Serchio 1980

La Stratos deve cedere il posto alla Fiat 131

La Stratos aveva già fatto il suo lavoro di marketing, cioè sostenere il marchio Lancia, in calo di popolarità dopo l’acquisizione da parte della Fiat. Ora doveva far spazio ad un’altra auto assolutamente valida, ma meno carismatica, molto più comune.

La 131, un auto da tutti i giorni. Sandro Munari ha ancora il tempo di vincere per la terza volta consecutiva il Montecarlo e la prima Coppa Fisa Conduttori, il Mondiale Piloti di oggi, mentre l’iride per le Marche va ovviamente alla Fiat, che bissa il successo nel 1978.

Per la Stratos non si tratta di pensionamento, ma di allontanamento dalla scena rallystica che conta, il Campionato del Mondo. D’ora in poi si apre una seconda vita per la berlinetta, ossia, l’incetta di titoli Europei e Italiani nei successivi cinque anni. Con varie livree, come Pirelli e Chardonnet, riesce ancora ad inserirsi di tanto in tanto come guastafeste: al Montecarlo 1979, al Tour de Corse dello stesso anno, con Darniche, ed al Sanremo, sempre nel 1979, ma con Tony Fassina.

Questo risultato, a due anni dall’accantonamento e con equipaggi semiufficiali, la dice lunga sulle potenzialità che la vettura non più sviluppata continuava ad avere. Va anche detto che dopo l’adozione della Fiat 131 da parte della squadra corse del gruppo Fiat, furono prodotti ancora altri due esemplari appositamente allestiti per gareggiare come Gruppo 5 Turbo.

Uno di questi due esemplari fu completamente distrutto in un incendio in pista a Zeltweg, l’altro vinse il Giro Automobilistico d’Italia nel 1976, prima di essere spedita in Giappone per partecipare ad un campionato per vetture Silhouette al quale non prese mai parte ed entrò nella collezione Matsuda.

Attualmente fa parte della collezione di Chris Hrabalek, il più grande collezionista di Stratos nel mondo, insieme ad altri dieci pezzi unici, inclusa quella del 1977 per il Safari Rally. La vettura avrebbe facilmente potuto varcare il decennio successivo ancora trionfante ed iridata. In questa seconda vita, l’Ammazzarally ha fatto da nave scuola ad un’intera generazione di piloti, come Dario Cerrato, Fabrizio Tabaton e Gianfranco Cunico.

L’esiguo numero di esemplari costruiti ed il fatto che l’auto fu utilizzata in ogni tipo di gara (persino nei rallycross, certamenti inadatti ad un’automobile da collezione) sino a quando è stato possibile, la rende infatti uno dei modelli più ricercati dai collezionisti di tutto il mondo.

E’ facile immaginare che con un po’ di impegno da parte della squadra ufficiale Lancia, gli allori mondiali per la Stratos sarebbero stati molti di più. Oggi Lancia Stratos è un raro gioiello da centinaia di migliaia di euro, in versione stradale, in versione rally costa di più, ambito e desiderato. Chi ha la fortuna di possederne una, se la tiene stretta.