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La Lancia Fulvia HF e le modifiche al motore del 1972

Assistenza volante per la Lancia Fulvia HF 1.6 di Munari-Mannucci al Rally MonteCarlo 1972

Guidare la Lancia Fulvia era difficile: ”In accelerazione, c’erano ritardi in risposta alla richiesta di potenza e, in rilascio, quando toglievi il piede dall’acceleratore la turbina continuava a girare, quindi bisognava frenare qualche centinaio di metri prima, oppure accelerare prima – prosegue il Drago di Cavarzere -. Grazie alle capacità dei tecnici e quindi a Gianni Tonti, responsabile del reparto corse, e con le informazioni che noi piloti davamo sul comportamento del motore, siamo riusciti a capire che era necessario, se si voleva correre con il turbo, sdoppiare la turbina, cioè metterne due anziché una; così si aveva la stessa portata, ma con volumi e con peso inferiore, quindi con meno problemi”.

Ogni gara, in particolare con la Fulvia, richiedeva una ben precisa messa a punto, in funzione del suo tracciato, soprattutto riguardo alla distribuzione della potenza ai diversi regimi. Di solito Munari chiedeva di avere un motore con la coppia molto bassa. “Non sempre sono stato accontentato, come al Safari del 1972, con la Fulvia, che abbiamo perso proprio per questo motivo. Anche questo lo dovevo dire. La mancanza di coppia bassa, nel 1972”.

Come fosse un flashback. L’ingegnere Gianni Tonti risponde: “E proprio nel 1972 abbiamo vinto a MonteCarlo, con la Fulvia!”. Al suo fianco c’è Sandro Munari che, come pilota è sempre stato taciturno, ma in compagnia era un eccellente narratore. In modo sottile si introduce. “Appunto, e qui vorrei che venisse sottolineata l’importanza delle corse, visto che adesso pensano che siano superflue. La produzione della Fulvia era destinata – lei lo può confermare – a cessare nel ‘72. Con la vittoria di Montecarlo per quanti anni è stata prodotta ancora la macchina?”.

E Gobbato ricorda lapidario: “Altri quattro anni”. Con Tonti che gli fa seguito: “Poi noi abbiamo fatto delle elaborazioni sul motore: il quattro valvole, il motore sovralimentato; volevamo vincere delle corse, l’abbiamo lavorato molto”. E Munari, nel corso della Conferenza di Milano, tenuta presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica dell’11 marzo 2000, sottolinea: “Questo è un altro punto importante. Sentendo l’esigenza di fare delle gare su pista, come il Tour de France, che si correva su tutti i circuiti francesi – con la Stratos l’abbiamo vinto nel ‘74, la prima volta che partecipavamo a questa gara – si è cercato di sviluppare un motore con un po’ più di cavalli. Prima di arrivare al quattro valvole, Gianni Tonti e Mike Parkes avevano cominciato a lavorare sul turbo, usando un KKK, che era però molto grande e dava problemi, non soltanto di affidabilità, che poi siamo riusciti a risolvere, ma soprattutto di turbo lag”.

“Guidare la vettura era difficile: in accelerazione, c’erano ritardi in risposta alla richiesta di potenza e, in rilascio, quando toglievi il piede dall’acceleratore la turbina continuava a girare, quindi bisognava frenare qualche centinaio di metri prima, oppure accelerare prima – prosegue il Drago di Cavarzere –. Grazie alle capacità dei tecnici e quindi a Gianni Tonti, responsabile del reparto corse, e con le informazioni che noi piloti davamo sul comportamento del motore, siamo riusciti a capire che era necessario, se si voleva correre con il turbo, sdoppiare la turbina, cioè metterne due anziché una; così si aveva la stessa portata, ma con volumi e con peso inferiore, quindi con meno problemi”.

“Questo è stato fatto prima che iniziasse la moda del turbo in Formula 1, prima che la Renault, che ha introdotto in Formula 1 l’uso del turbo, adottasse appunto due turbine – conclude Munari –. Tutte queste informazioni sono state passate alla Ferrari, prima che loro cominciassero a utilizzare il turbo sulle loro macchine”.