Quelle 5 clamorose edizioni del Rally MonteCarlo
La minuscola Mini, che rappresentava il coraggio e la sfida per i britannici, vinse il Rally MonteCarlo tre volte negli anni Sessanta contro una concorrenza che faceva sembrare la sfida simile alla storia di Davide e Golia. Ma ovviamente non c’è solo quella storia datata 1966 ad ”urlare vendetta” nella storia della gara monegasca…
Se si vuole azione e suspense, bisogna fermarsi al Campionato del Mondo Rally e in particolare il Rally MonteCarlo. Nel corso degli anni non sono mancati i colpi di scena, anche clamorosi, al rally del Principato di Monaco, fiore all’occhiello del WRC di ieri e di oggi. Forse è per questo che il “Monte” è quello che tutti vogliono vincere, e in più di 100 anni di storia – il primo Rally MonteCarlo fu disputato nel 1911 – ha accumulato la sua giusta quota di “gialli”. Ecco cinque edizione del rally MonteCarlo indimenticabili.
1911: IL MONTECARLO CON 25 CAVALLI
Le odierne World Rally Car turbo da 1,6 litri 4×4 erogano circa 380 cavalli, ma il primissimo Rallye Monte-Carlo – che presentava partenze casuali in tutta Europa, prima dell’arrivo nel Principato – viene vinto da un certo Henri Rougier, con 25 cavalli. Il vincitore non è stato il primo ad arrivare a fine gara: i giudici hanno tenuto conto anche di fattori come le condizioni dell’auto quando è arrivata a MonteCarlo, il comfort dei passeggeri e quanto fosse piaciuta la guida del pilota. I criteri di successo ora sono decisamente più specifici…
1966: MINI E I FARI DELLO SCANDALO
La minuscola Mini, che rappresentava il coraggio e la sfida per i britannici, vinse il Rally MonteCarlo tre volte negli anni Sessanta contro unaconcorrenza che faceva sembrare la sfida simile alla storia di Davide e Golia. Avrebbero vinto quattro volte al “Monte”, se l’ufficialità gallica non fosse intervenuta. Gli organizzatori del rally dichiararono che i filamenti dei fari delle Mini che finirono prima, seconda e terza nel 1966 non erano regolamentari, e tutte e tre le vetture furono escluse, consegnando la vittoria alla Citroen. Il pilota della Citroen, Pauli Toivonen – il padre di Henri – era così disgustato dal vincere a tavolino quella gara che si rifiutò di accettare il trofeo.
1979: LA CONCRETEZZA DI WALDEGAARD
Le PS di MonteCarlo sono note per essere frequentate da una gran folla di appassionati francesi, un po’ partigiani, che non si fermeranno mai praticamente davanti a nulla per vedere vincere i loro eroi. Nel 1979, l’idolo locale Bernard Darniche vince per soli 6”, ma Björn Waldegård – che ha continuato finendo per vincere il Campionato quell’anno – è convinto che avrebbe vinto anche lì, se non avesse trovato misteriosamente un ponte nell’ultima giornata bloccato da un enorme blocco di cemento. Come diavolo ci sarà arrivato?
1985: CONTRATTACCO DI ARI VATANEN
I copiloti sono lì per leggere le note a ritmo, ma soprattutto per fare superare indenni i controlli orari. Fai il CO prima o dopo e ne consegue una forte penalità di tempo: il peggior incubo di ogni navigatore. Nel 1985, l’incubo divenne realtà per Terry Harryman: copilota di Ari Vatanen con la Peugeot 205 T16 Gruppo B. Forte di un ottimo vantaggio, Harryman ha timbrato in anticipo al CO a Gap, costatogli otto minuti, e ricollocando l’equipaggio a quattro minuti dalla testa con sedici PS alla fine. I due, imperterriti, hanno continuato a vincere: probabilmente il più grande contrattacco di sempre nella storia di questo sport. Harryman in seguito disse di aver sentito il bisogno di cambiare la sua tuta “più volte” durante le ultime PS…
2000: LA PEUGEOT NON SI AVVIA
Non odiate quando la vostra macchina non si avvia in una mattina fredda? Ora immaginate che il mondo intero vi stia guardando e che sia in gioco l’orgoglio nazionale. Questa è stata la situazione un po’ imbarazzante che il team Peugeot ha dovuto affrontare quando è passato da potenziale vincitore del Rally di MonteCarlo ad essere deriso nel giro di pochi minuti. Le tre auto ufficiali erano state lasciate fuori durante la notte nel parco chiuso, pronte per iniziare il secondo giorno, tranne per il fatto che non lo fecero. Una ad una, ogni macchina si è rifiutata di accendersi: un’esperienza che il capo del team Corrado Provera descrisse come una “pubblica umiliazione”.