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Subaru, la storia dei rally e il ”ruggito” del Leone

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Il 1989 fu l’ultimo anno della RX Turbo e fu un Safari Rally diverso per Subaru, poiché le loro auto vennero iscritte dall’importatore ECTA locale (di proprietà di Mehta). Bourne terminò settimo e Jim Heather-Hayes nono. Ryuichiro Kuze sarebbe diventato la mente dietro tutti i successivi successi nei rally di Subaru. Ed era chiaro che l’azienda era entusiasta del suo nuovo progetto Legacy, iniziato con il conseguimento di record mondiali di lunga distanza ad alta velocità negli Stati Uniti d’America.

La storia di Subaru nel Mondiale Rally è stata letteralmente fantastica per una quindicina di anni. La prima vittoria arrivò solo nel 1993, ma da allora, le auto della Casa delle Pleiadi continuarono a scalare i vertici dello sport, aggiudicandosi i titoli piloti con Colin McRae nel 1995 e Richard Burns nel 2001, oltre a tre titoli Costruttori tra il 1995 e il 1997. Ma già prima, molto tempo prima, Subaru gareggiava nel Campionato del Mondo Rally. Erano gli anni ’80.

Tutto iniziò in maniera molto umile, persino modesta, con la partecipazione nel 1980 di due vetture al Safari Rally in Kenya. E così fu per qualche tempo, con sporadiche partecipazioni ad un’operazione non ufficiale, ma comunque con sede e cervelli in Giappone, che utilizzava l’impegnativo Safari Rally come vetrina di marketing.

Il nome Subaru era poco conosciuto al di fuori dell’industria automobilistica e dei contadini asiatici, ma la persistenza delle attività agonistiche dall’inizio degli anni ’80 alla fine del 2008 fecero da base per la creazione di una delle leggende più importanti del motorsport. E pensare che tutto ebbe iniziò con gli aerei. Un po’ come Saab.

Dagli aeromobili agli scooter

La storia ci narra che Fuji Heavy Industries, il gruppo capostipite del marchio Subaru, era un laboratorio di ricerca aeronautica, almeno nel 1915. Era guidato da Chikuhei Nakajima. Nel 1932, la compagnia fu riorganizzata come Nakajima Aircraft Company, Ltd e divenne presto un importante azienda di aeromobili, specialmente durante la seconda guerra mondiale. La Nakajima Aircraft fu riorganizzata alla fine del grande conflitto e ribattezzata Fuji Sangyo Co, Ltd. Nel 1946, l’azienda giapponese creò il Fuji Rabbit, uno scooter, da pezzi di ricambio di aerei di guerra. Nel 1950, Fuji Sangyo fu divisa in dodici società più piccole e tra il 1953 e il 1955, cinque di queste e un’altra di nuova costituzione decisero di fondersi per formare Fuji Heavy Industries. Questo, un nome che dice molto alla maggior parte degli appassionati di rally…

La storia dei rally, la Leone e il Safari

Subaru, dicevamo all’inizio, cominciò nei rally nel 1980, quando due piccole berline furono iscritte al Safari Rally di quell’anno, in Gruppo 1, e sorprendentemente chiamate Subaru 4×4. Erano trascorsi meno di sei mesi da quando le auto a trazione integrale erano state autorizzate a partecipare al Campionato del Mondo Rally (una Range Rover gareggiò in Costa d’Avorio) e Subaru iniziò alla grande, quando Takeshi Hirabayashi finì diciottesimo su ventiquattro concorrenti, vincendo il la categoria.

La squadra tornò nel 1981 con cinque vetture 4×4 denominate Subaru Leone, tutte iscritte dal Subaru Motor Sports Club of Kenya, due modelli Hatchback del Gruppo 2, una Hatchback del Gruppo 1 e una Leone del Gruppo 1. I motori da 1,6 litri erogavano 120 CV nel Gruppo 2 e 100 CV nel Gruppo 1. Tutte le auto avevano cambi a quattro velocità, con due rapporti alternativi, che di fatto fornivano otto marce + retromarcia. Due di queste arrivarono in fondo con il miglior risultato di Yoshio Takaoka, che si classificò dodicesimo.

Nel 1982, ecco presentarsi una nuova squadra, questa volta con cinque vetture, e diverse specifiche di carrozzeria, ma tutte con motori da 130 CV. Questa è stata ancora una volta un’operazione finanziata privatamente. Il leggendario direttore sportivo di Subaru, Noriyuki Koseki, ha dichiarato che la squadra aveva ventisei sponsor diversi. Tre delle vetture del team sono finite tra le prime undici assolute. Takaoka era quinto dietro una Opel Ascona 400, due Audi Quattro e una Datsun.

La lista degli iscritti è stata letteralmente “allagata” di Subaru Leone nel 1984. Dieci Subaru turbo, apparvero per la prima volta. Shekhar Mehta aveva già guidato un’auto da 140 CV al Rally di MonteCarlo e per il Safari aveva un nuovo impianto di scarico. Il pilota privato britannico Tony Fowkes era stato portato da Koseki e si era classificato dodicesimo. Come con le auto da corsa della Nissan, era difficile capire le specifiche della Subaru ad ogni rally, ma nel mezzo c’è anche qualche storia affascinante, come quella del britannico Jonathan Ashman, che aveva noleggiato un’auto da Koseki: gli era stato detto che si trattava di una versione turbo, che il pilota scoprì non essere tale solo dopo aver aperto il cofano.

Per il 1985 ci fu un cambiamento radicale. Era arrivata la RX Turbo, omologata un mese prima del Rally Safari. Erano i tempi in cui il Gruppo B era al suo massimo, le super car da rally occupavano i primi nove posti nelle classifiche di gara, ma l’auto in testa nel Gruppo A era la Subaru RX Turbo di Carlo Vitulli, e due posizioni più in basso in assoluto c’era un’altra Subaru RX Turbo, quella di Javaid Alam. Solo tre Subaru arrivarono fino alla fine.

Ma i tempi stavano cambiando, le auto stavano cambiando. Il Giappone era pronto a scendere in campo ufficialmente. La squadra era stata iscritta al Safari Rally del 1986 dalla Fuji Heavy Industries con parte del personale dipendente di Subaru Motor Sports Group. Mike Kirkland e Frank Tundo hanno concluso rispettivamente sesto e settimo, come le migliori auto del Gruppo A.

Seminare successo

Anche in Europa ci furono dei cambiamenti. Il Gruppo B era stato bandito alla fine dell’anno, colpendo direttamente Subaru, che aveva annullato i suoi piani per un modello XT Turbo che, intanto, aveva già corso la maratona Wynns Safari in Australia. La gamma RX era stata la prima a gareggiare con costanza nel WRC, anche al di fuori del Safari Rally.

Il neozelandese Possum Bourne aveva corso per diversi anni con una di queste auto aspirate, la RX, e con essa aveva conquistato il primo posto nel Gruppo A al Rally della Nuova Zelanda, sia nel 1983 sia nel 1985 (si era classificato terzo nel 1987). Dopo l’improvvisa fine del Gruppo B, Subaru cambiò le sue vetture nel 1987, introducendo la 4WD Turbo Coupé a tre porte, che in realtà era già stata omologata poco dopo il Safari Rally del 1986. Si trattava di un’auto più aerodinamica della RX Turbo.

Queste nuove Subaru da rally furono affidate a Per Eklund (quinto), Ari Vatanen (decimo) e al famoso pilota africano locale Patrick Njiru (diciannovesimo). Nel 1988, le Coupé furono abbandonate e la squadra tornò alla precedente RX Turbo, con Ian Duncan (sesto) e Bourne (nono). Il team concluse che il modello più vecchio aveva una migliore distribuzione del peso e mancava dell’ingombrante sistema a doppia porta posteriore che aveva solo creato problemi.

Il 1989 fu l’ultimo anno della RX Turbo e fu un Safari diverso per Subaru, poiché le loro auto vennero iscritte dall’importatore ECTA locale (di proprietà di Mehta). Bourne terminò settimo e Jim Heather-Hayes nono. Ryuichiro Kuze sarebbe diventato la mente dietro tutti i successivi successi nei rally di Subaru. Ed era chiaro che l’azienda era entusiasta del suo nuovo progetto Legacy, iniziato con il conseguimento di record mondiali di lunga distanza ad alta velocità negli Stati Uniti d’America.

Era già noto in Kenya che Subaru stava per iniziare i test poco dopo il Safari del 1989, una chiara indicazione che si trattava di un’auto segreta non correlata ai loro modelli. Stava per cambiare il mondo, con un approccio completamente nuovo di Subaru nelle corse. Il resto è storia nota…