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Simca Rallye: auto da rally a portata di tutti

Simca Rallye3

Qualsiasi appassionato di auto, oltre che di rally, conosce la Simca 1000, prodotta con grande successo dal 1961 al 1978 dalla Casa automobilistica francese. Questa vettura non ebbe mai un impiego ufficiale nei rally, a differenza della pista, ma la storia del modello si incrocia con tantissima avventure nei rally di piloti d’Oltralpe e d’Italia. Cominciamo con il capire in quale momento storico arrivò la vettura e con quali aspettative da parte della Casa.

La Simca, a metà degli anni Cinquanta, godeva di ottima salute economica: nonostante il tiepido successo del suo modello di punta, la Vedette, le vendite dell’altro modello in listino, la Aronde, stavano garantendo ampi introiti alla Casa di Nanterre, portandola al secondo posto tra i costruttori francesi, subito alle spalle della Renault.

Sorse qualche preoccupazione al patron della Simca, Enrico Teodoro Pigozzi, quando nel 1956 vi fu l’avvento della crisi di Suez, che provocò timore di impennate di prezzo del petrolio malgrado, in realtà, gli utili della Casa continuassero a mantenersi su ritmi sostenuti tanto da suscitare l’interesse della Chrysler. Pigozzi avvertì comunque la necessità di allargare la gamma verso il basso con una vettura che non doveva in alcun modo richiamare la Simca 6, che aveva avuto non poche difficoltà ad affermarsi sul mercato. La nuova vettura teorizzata da Pigozzi doveva essere più grande di un’utilitaria, ma più piccola di una vettura di fascia media come la Aronde.

Fin dal periodo pre-bellico, la produzione della Simca era stata incentrata su modelli Fiat, prodotti su licenza, e questa linea fu mantenuta anche dopo la fine della guerra. Nonostante la Aronde del 1951 si distaccasse nettamente dalla produzione Fiat, gran parte della meccanica era ancora legata a quella dei modelli della Casa torinese. Vi fu un continuo scambio di idee tra Pigozzi e Dante Giacosa: i due concordarono sulla necessità, per la Simca, di avere un modello di fascia inferiore a quella della Aronde. In breve tempo furono avviati due progetti paralleli, uno a Nanterre ed uno a Torino: quello avviato in casa Simca divenne noto come Progetto 950 (dal livello di cilindrata ipotizzato per la nuova vettura), mentre quello della Fiat prese la sigla 122.

Punti comuni ai due progetti erano relativi alla realizzazione di una vettura compatta, di cilindrata intorno a un litro e della massa a vuoto pari a circa 650 kg. Pigozzi auspicava un’architettura meccanica del tipo “tutto dietro”, con motore e trazione posteriori, poiché aveva osservato che le più grandi concorrenti francesi mantenevano ancora le ruote motrici posteriori spesso con il motore sistemato sopra il retrotreno. Una tale situazione lasciava presagire ben poco dell’avvento della trazione anteriore che si sarebbe avuto di lì a sette anni.

Tra la fine del 1957 e l’inizio del 1958, comparvero i primi disegni schizzati dallo stilista Mario Revelli di Beaumont. La realizzazione dei primi modelli in scala reale fu conseguente, sia da parte della Simca che da parte della Fiat. Essi prefiguravano da vicino il modello definitivo, specialmente osservando il frontale (nel caso della Fiat) e la coda (nel caso della Simca), dove spiccava in entrambi i casi il tipico profilo a scalino che caratterizzerà il modello di serie.

Se la carrozzeria si avviò rapidamente alla forma definitiva, più lento fu l’evolversi del comparto meccanico, a causa di svariate indecisioni sulla disposizione del motore e dei cilindri (orizzontale o verticale) e del tipo di cambio da utilizzare. Alla fine si optò per un motore verticale ed un cambio a 4 marce, per via dei costi più contenuti che essi richiedevano. Nel 1960, il progetto 122 della Fiat partorì il suo quarto modello a grandezza naturale: quando venne sottoposto al giudizio di Pigozzi, quest’ultimo fu entusiasta ed incaricò Revelli di Beaumont di apportare alcune piccole modifiche di dettaglio. L’ultimo sbocco del progetto 122 non convinse i vertici Fiat, i quali stavano pensando di sfruttare tale progetto per l’erede della 600. Perciò la Fiat abbandonò il progetto 122, che cadde quindi per intero nelle mani della Simca. Contemporaneamente, vennero studiate altre soluzioni analizzando anche altri modelli dotati della stessa architettura.

Nella primavera del 1960 cominciarono i test su strada dei primi prototipi della futura Simca 1000. Nel frattempo, Pigozzi richiese l’aiuto di un secondo stilista automobilistico italiano, Felice Mario Boano, che intervenne in diversi dettagli, ritenendo la vettura di Mario Revelli già un’eccellente prova di design. Fu in questo periodo che si cominciò a dibattere sulla denominazione ufficiale da dare alla nuova vettura: in un primo tempo si pensò al nome Arielle, in maniera tale da dare continuità con i modelli Aronde e Ariane; alla fine si optò per una soluzione semplice e si scelse il nome della fascia di cilindrata in cui la nuova vettura sarebbe andata a collocarsi: 1000.

Tra la fine del 1960 e l’inizio dell’estate del 1961 avvenne lo smontaggio delle linee di assemblaggio della Vedette a favore delle nuove linee da destinare alla 1000. Si calcola che per l’arrivo delle nuove strutture siano stati movimentati ben 9 chilometri di camion per il trasporto a Poissy dei pezzi necessari al montaggio di ben 500 macchinari destinati all’assemblaggio della nuova vettura.

Poco prima del debutto ufficiale, la Simca 1000 fu oggetto di una presentazione in anteprima alla stampa, tenutasi sul circuito di Monthléry. La presentazione ufficiale della vettura avvenne il 10 ottobre del 1961 al Salone di Parigi, l’ultimo ad essere ospitato al Grand Palais della capitale francese. Alla presentazione della vettura furono presenti diverse personalità di spicco della politica, dal presidente francese Charles De Gaulle allo Scià di Persia.

La meccanica della Simca 1000

Anche dal punto di vista tecnico, la Simca 1000 è stata sviluppata in collaborazione con la Fiat, per cui molte soluzioni tecniche sono riprese dalla normale produzione in grande serie della casa torinese. Vale la pena menzionare che tra i tecnici incaricati di portare avanti il progetto della 1000 vi fu anche Rudolf Hruska; che diventerà uno dei personaggi chiave nella produzione automobilistica dell’Alfa Romeo.

Molte delle soluzioni meccaniche adottate dalla 1000 furono le stesse della Fiat 600 nonostante le due auto non avessero parti in comune. La stessa disposizione del motore e la trazione posteriore sono caratteri che derivano dalle impostazioni della Casa italiana. Di derivazione Fiat le sospensioni, tutte a ruote indipendenti, con avantreno a balestra trasversale e retrotreno a bracci oscillanti e molle elicoidali. Sui due assi erano inoltre presenti ammortizzatori idraulici telescopici.

L’impianto frenante era di tipo idraulico, con tamburi sulle quattro ruote e freno a mano meccanico agente sul retrotreno. Lo sterzo era del tipo a vite e rullo, ovviamente non ancora servoassistito. Tutte queste caratteristiche furono comunque oggetto di alcuni ritocchi, ad esempio la presenza di perni autolubrificanti e di un ammortizzatore idraulico nello sterzo. Va inoltre sottolineata la presenza di un massiccio supporto in acciaio in corrispondenza del retrotreno: si tratta di una soluzione mutuata dalla Chevrolet Corvair, della cui analisi da parte dei tecnici Simca si era già parlato in precedenza. Questo telaietto ausiliario a forma di “V” serve a sostenere il gruppo motopropulsore ed il retrotreno stesso.

La Simca 1000 era spinta da un motore interamente progettato e realizzato dalla Simca che rompeva con la tradizionale familiarità dei motori delle due Case: si trattava di un motore sistemato in posizione posteriore longitudinale ed inclinato di 15° a sinistra per ridurre gli ingombri in altezza. Tale motore, della cilindrata di 944 cm³, fu il primo della serie di motori nota Serie 315. Una delle somiglianze motoristiche con la Fiat fu la posizione del radiatore, posto di lato come sulle 600. La potenza massima raggiunta da questo motore era di 45 CV SAE (o 34 CV DIN), sufficienti per spingere la vettura ad una velocità massima di 125 km/h. Il cambio era manuale a 4 marce sincronizzate: i sincronizzatori erano stati realizzati dalla Porsche.

Evoluzioni della ”tutto pepe”

La produzione si portò ben presto a pieno regime, fino ad arrivare a fine anno ad un ritmo di oltre 250 esemplari al giorno. A prima vista paragonabile ad una berlina di classe media, la Simca 1000 aveva costi di produzione e di utilizzo particolarmente contenuti che le consentivano di concorrere direttamente con le vetture utilitarie. Il fatto di trovarsi per esempio molto a proprio agio nei percorsi cittadini, l’avvicinava infatti molto di più ad una piccola cittadina che non ad una più prestante, comoda e confortevole vettura da famiglia. L’accoglienza inizialmente fu solo tiepida, poiché le si criticava una certa eccessiva povertà nell’allestimento interno. Altre critiche riguardarono lo sterzo non proprio preciso e la distribuzione dei pesi tutt’altro che ottimale che l’architettura di tipo “tutto dietro” generava. Nonostante ciò, però, i consensi fioccarono numerosi e dopo neanche un anno di produzione si era già arrivati a 108.551 esemplari prodotti ad un ritmo giornaliero ormai salito a 800 esemplari.

I primi aggiornamenti significativi si ebbero nel 1963, con l’aggiornamento del motore, portato da 34 a 39 CV DIN, e con l’arrivo di due nuove versioni a completare la gamma: da una parte la versione di base, denominata Simca 900, che nonostante la denominazione era motoristicamente identica alla 1000 normale, ma con una dotazione ancor più semplificata (paraurti senza rostri, cornici dei fari in tinta anziché cromati, ecc); dall’altra, la Simca 1000 GL, la cui dotazione più ricca comprendeva la vernice metallizzata, le modanature laterali cromate e rivestimenti più pregiati. Questo ampliamento della gamma fu dovuto alla naturale necessità di diversificare le caratteristiche della 1000 in base alle esigenze del pubblico, ma anche all’avvento della Renault 8, che si rivelerà subito la più temibile rivale per la 1000.

Nel 1962, fu presentata al Salone di Ginevra la Simca 1000 Coupé, basata sul pianale e sulla meccanica della 1000, ma ridisegnata in chiave sportiveggiante dallo stilista italiano Bertone.

Nel 1964 la Casa francese effettuò una serie di aggiornamenti più corposi e volti a ridurre le critiche rivolte alla vettura ed inerenti per esempio le sue scarse finiture e l’imprecisione del suo sterzo. Alla fine dell’anno, il 18 novembre, la Simca rimase orfana del fondatore Pigozzi, che già da un anno aveva lasciato il posto di presidente a Georges Héreil. In occasione del Salone di Torino 1963 la collaborazione con la Fiat e con la sua consociata sportiva Abarth, realizzatasi grazie a Rudolf Hruska, da poco alla Simca, il quale aveva lavorato con Carlo Abarth in Cisitalia, portò alla realizzazione della Simca Abarth 1150, ottenuta sulla base delle 1000 stradali con motore portato a 1137 cm³ e disponibile in quattro versioni:

  • 1150: 55 CV, 150 km/h, 1.180.000 lire
  • 1150 S: 58 CV, 155 km/h, 1.280.000 lire
  • 1150 SS: 65 CV, 160 km/h, 1.380.000 lire
  • 1150 Corsa: 85 CV, 170 km/h, 1.480.000 lire
Simca 1100 Rallye
Simca 1100 Rallye

La Simca Rallye

Il 25 febbraio del 1970 vide l’uscita dalle linee di montaggio di Poissy della milionesima 1000. Nello stesso anno, vi furono nuovi e significativi aggiornamenti per la gamma: la Sim’4 conobbe un leggero aumento di potenza, passata da 31 a 33 CV; la 1000 5CV passò anch’essa da 42 a 44 CV e fu proposta in più allestimenti, col ritorno ad alcune delle vecchie sigle, ossia LS e GLS; infine, la Spécial vide la sua potenza passare da 49 a 55 CV ed adottò i freni a disco anteriori, pur perdendo il doppio terminale di scarico. L’avvento del Challenge Simca fu anche l’occasione per lanciare, sempre nel 1970, la Simca 1000 Rallye, una vettura destinata a costituire la base per gli esemplari destinati a competere con le Renault 8 e a ridare lustro alla marca francese, oramai completamente di proprietà della Chrysler. Nella versione stradale il suo motore era lo stesso della Spécial, ma l’allestimento era decisamente spartano: in pratica si trattava di una Sim’4 con motore della Spécial e con alcuni allestimenti specifici, come il cofano anteriore nero opaco e bande trasversali in coda, anch’esse di color nero.

Più tranquillo fu il 1971 : il più grosso aggiornamento fu l’introduzione di una 1000 5CV dall’allestimento più semplificato, che andasse ad interporsi tra la Sim’4 e la 1000 L. Anche il 1971 si concluse con risultati positivi nelle vendite, raggiungendo 104.119 esemplari.

Nel 1972, la rivale di sempre della 1000, la R8, lasciò per sempre le competizioni (i modelli Gordini 1255 e 1296 non venivano più prodotti dall’estate 1970) e la R12 Gordini non fu intesa come loro sostituta. Ciò diede modo alla neonata Chrysler-France (che deteneva il marchio Simca) di orientarsi maggiormente nelle competizioni, visto anche il successo commerciale della Simca 1000 Rallye, che fu sostituita dalla Rallye 1, la quale si differenziava per il motore da 1294 cm³, in grado di erogare una potenza massima di 60 CV. Anche questo modello fece da base per chi avesse voluto cimentarsi nelle competizioni.

Lo stesso anno la Chrysler-France fondò il Simca Racing Team, in modo da accompagnare l’entrata in listino della Rallye 1. Lo stesso anno, la Matra-Simca MS670 trionfò alla 24 Ore di Le Mans, accostando quindi il marchio Simca al concetto di vittoria nelle competizioni. Ciò regalò anche alla 1000 quei consensi tanto affannosamente inseguiti negli anni precedenti. Anche gran parte della gamma restante venne rivisto in chiave sportiveggiante: la GLS ricevette il motore da 1.1 litri e 55 CV della vecchia Rallye e della Spécial, mentre quest’ultima venne equipaggiata con il motore della Rallye 1. Questa riguadagnata reputazione della 1000 trovò riscontro nei dati di vendita: alla fine del 1972 furono prodotti 111.542 esemplari.

Ma già a fine estate 1972, la Rallye 1 venne affiancata dalla Rallye 2, il cui motore aveva una potenza massima di 82 CV(86 dal 1975) e con altri aggioornamenti nella meccanica: l’impianto frenante divenne a quattro dischi, la frizione fu rinforzata e per meglio bilanciare la distribuzione dei pesi tra asse anteriore e posteriore, il radiatore fu spostato anteriormente e dotato di un ventilatore azionato mediante termostato.

Nell’abitacolo della vettura di serie cambiò il cruscotto, divenuto più completo e leggibile (tachimetro con fondoscala a 200 km/h, contagiri, manometro olio, temperatura acqua e livello carburante. Anche in questo caso il successo fu immediato, specie presso i giovani e grazie soprattutto ad un prezzo veramente concorrenziale. Inoltre, nel 1973, la Matra-Simca MS670B, evoluzione del modello che trionfò a Le Mans l’anno prima, fece il bis, accompagnando il marchio Simca nell’olimpo dello sport. Con l’arrivo della Rallye 2, il resto della gamma ricevette le sospensioni della Rallye 1. L’unica che non le ricevette fu la Sim’4, la quale venne tolta dai listini francesi nel 1973.

Ma la serenità fu di breve durata: la crisi petrolifera del 1973, infatti, portò un fortissimo aumento del prezzo del petrolio e dei carburanti. Pertanto, le versioni Rallye tanto acclamate fino a quel momento, dal 1974 divennero le versioni da evitare, anche se,in realtà, i consumi d’uso, specie per la 2 e poi per la 3, non erano così elevati. Neppure il terzo successo della Matra-Simca a Le Mans riuscì ad invertire la tendenza negativa. Un tentativo si ebbe con la nascita della 1000 GLE, praticamente una GLS con il motore da 944 cm³, ma alla fine di quell’anno la produzione tornò definitivamente sotto le 100 000 unità vendute, numero che scenderà sempre più.

Nel 1975 la gamma ricevette alcuni aggiornamenti negli interni, con nuova strumentazione circolare, tranne la Rallye 2 che già disponeva di tale soluzione. Vennero anche proposti nuovi rivestimenti, nuovi braccioli e nuovi pannelli porta. Inoltre, la gamma venne aggiornata con l’arrivo della 1000 SR, una versione disponibile in due motorizzazioni: 1.1 da 55 CV o 1.3 da 60 CV. Contemporaneamente la GLS vide il suo motore ridotto a 944 cm³, così come la Spécial dovette tornare al vecchio motore da 1.1 litri. Ma nel contempo, dalla GLS venne derivata una nuova versione di lusso, denominata 1000 Extra e la cui ricca dotazione comprendeva: cinture di sicurezza con arrotolatore, fari allo iodio, clacson a compressore, vetri oscurati, sedili rivestiti in velluto e pavimento con moquette. Addirittura, si poteva scegliere in alternativa l’autoradio o il tetto apribile.

Nel 1976 arrivò un vero restyling: fu il frontale ad esserne maggiormente interessato, con l’adozione di nuovi fari rettangolari, ed un cofano leggermente rivisto. La vettura venne commercializzata con il nome di Simca 1005 per le versioni dotate di motore da 944 cm³ e di Simca 1006 per quelle equipaggiate con il 1.1 da 55 CV. Nonostante il restyling, la gamma continuò a risentire il peso degli anni, anche a causa di nuove rivali più innovative. Inoltre stava per essere lanciata la Chrysler Sunbeam, più moderna e più pratica, grazie al bagaliaio posteriore (anche se di accesso difficoltoso), e con motorizzazioni simili.

Nel dicembre del 1977 fu presentata anche la Rallye 3, versione sportiva della 1000 ristilizzata, con lo stesso 1.3 della Rallye 2, ma ancor più potente con i suoi 103 CV, ed in grado di spingere la vettura fino a 183 km/h. La Rallye 3 fu l’unica versione del nuovo corso a mantenere la denominazione 1000 e si distingueva esternamente per i passaruota più larghi e dal contorno più squadrato. La messa in listino avvenne nel gennaio del 1978. Fu l’ultima novità nella gamma: quattro mesi dopo, a maggio, la Simca 1000 fu tolta di produzione, dopo quasi due milioni di esemplari prodotti.

Motore Simca Rallye3
Motore della Simca Rallye3

Tecnica delle versioni Rallye

Intorno al 1935 si è vista una crescente domanda di auto sportive a prezzi accessibili. E la versione Rallye della Simca era molto economica. Inoltre, non c’era bisogno di lavorare tanto sull’assetto. La distribuzione del peso 65-XNUMX e il motore posteriore creavano un carattere irruento, e questa era una buona base per rendere la Simca ancora più competitiva e finanziariamente a portata di mano, in parte grazie ai bassi costi di sviluppo. Nel target giovanile era amata.

La Simca Rallye1: La serie Rallye è iniziata nel 1970. Sulla Simca 1000 Rallye è stato montato il motore da 1118 cc della 1000 Special. La potenza era di 53 CV e sulla vettura veniva montato un solo carburatore Solex. La piccola Rallye accelerava fino a una velocità massima di 150 chilometri all’ora. I passaruota erano riempiti dagli pneumatici con cerchi neri, il cofano del bagagliaio era dipinto di nero opaco, erano montati specchietti da corsa e due strisce verticali sul retro a indicare le aspirazioni di velocità. Due faretti allo iodio completavano la parte anteriore. Il telaio era più stretto rispetto a quello delle vetture della serie 1000. E di serie c’era disponibile la barra stabilizzatrice anteriore della Special. Nel 1972, era già disponibile anche la variante Evo della Rallye 1. Era equipaggiata con un motore da 1294 cc che portava 60 CV alle ruote posteriori ed era buono per una velocità massima di 155 km/h. L’arrivo della Rallye 1 coincideva con la fine della primordialità dei rally.

La Simca Rallye2: A settembre 1972 arrivò la Rally2, che si distingueva per l’uso di un albero a camme modificato, due doppi carburatori Solex, un radiatore di raffreddamento montato in avanti, un’apertura di raffreddamento sotto il paraurti anteriore, un basamento scanalato, un circuito frenante con freni a disco tutt’intorno e parabrezza laminato montato come dispositivo di sicurezza passiva. Le regolazioni del motore hanno portato a una potenza di 82 CV e una velocità massima di 168 chilometri all’ora. All’interno era visibile un manometro dell’olio. Inoltre, il serbatoio del carburante è aumentato a 50 litri nella Rallye2. La capacità del carburante nella Rallye1 e nelle altre 1000 era di 36 litri. Nel 1976 furono apportate alcune modifiche estetiche. La Rallye 1 e la Rallye 2 avevano un aspetto diverso. La Rally1 è rimasta invariata. Sulla Rallye 2 era spuntata una livrea orizzontale e il cofano erano diventato nero opaco, oltre ai cerchi verniciati di bianco. Inoltre, erano state apportate alcune migliorie al motore della Rallye2. Dal 1976, i cavalli sulle versioni base divennero 86. Queste modifiche portarono anche ad un aumento della coppia massima di 10,8 kgm a 4600 giri/minuto anziché i precedenti 4400.

Radicale restyling: Per l’anno modello 1977, l’intera gamma Simca 1000 riceve un altro restyling e gli effetti sono visibili anche sulle Rallye. La parte anteriore ora portava due grandi fari rettangolari. La versione Rallye1 si distingueva dopo le modifiche soprattutto nella parte posteriore: una piastra nera opaca tra le luci posteriori. Vari kit per migliorare le prestazioni erano disponibili per la Rallye2, ma che hanno rappresentato la principale fonte di ispirazione per l’ultima e più potente variante: la Rallye3.

Simca Rallye3: Ispirandosi ai kit disponibili per la Rallye2, fu creata la Rallye3. Sole 1000 unità e ai fini dell’omologazione. La Rallye 3 aveva un kit aggiuntivo e cerchi in lega di due diverse dimensioni di pneumatici nella parte anteriore e posteriore. Una presa di raffreddamento ben visibile nello spoiler anteriore era la caratteristica tipiche dell’ultima versione Rallye. Da un punto di vista tecnico, un albero a camme più affilato, un collettore di aspirazione con due doppi carburatori Weber e un silenziatore posteriore montato trasversalmente sotto il paraurti sono state alcune delle innovazioni dell’epoca. Le modifiche al motore fornivano una potenza di 103 CV da una cilindrata di 1294 cc e una velocità massima di 187 chilometri all’ora.

La Simca Abarth 1150

La Simca Abarth 1150, chiamata anche Simca-Abarth 1150 o Abarth Simca 1150 è una vettura realizzata dal 1963 al 1965 dalla Abarth in collaborazione con la Simca. Nel 1961 viene stipulato un primo accordo tra i due costruttori per la fornitura di cento piattaforme Simca 1000 per la produzione, da parte di Abarth, dell’Abarth-Simca 1300 Bialbero che verrà omologata per essere impiegata nel campionato Gran Turismo nel 1962, che venne poi presentata ufficialmente al Salone dell’automobile di Ginevra nel marzo 1962. Durante l’estate del 1962 Simca e Abarth firmarono ufficialmente un accordo di cooperazione.

Al Salone dell’automobile di Torino nel novembre 1963, furono presentate allo stand Abarth quattro Simca Abarth derivate dalla 1000: 1150, 1150S, 1150 SS e 1150 SS Corsa. Con una carrozzeria disegnata a Torino da Mario Revelli di Beaumont, come dalla Simca 1000 dal quale derivava, aveva il motore montato nel cofano posteriore in posizione longitudinale seguendo il classe scheda in voga in quegli anni tutto indietro. Le sospensioni erano indipendenti sulle quattro ruote (con molle elicoidali posteriori e balestre anteriori). Il motore a quattro cilindri abbinato a un cambio sincronizzato a quattro velocità, venne elaborato dagli ingegneri Abarth.

Versione meno costosa, la cilindrata originale del motore di 944 cm³ venne aumentata a 1137 cm³ attraverso un incremento delle misure di alesaggio di 1 mm e di corsa di 11 mm, che le permisero di sviluppare 55 CV contro i 50 della Simca normale. La velocità massima era leggermente superiore ai 150 km/h.

Il modello si differenziava dalla 1000 classica per la calandra adornata da una fascia rossa al cui interno c’era lo stemma Abarth, i cerchi erano forati per una migliore il raffreddamento dei freni a disco e avevano coprimozzi con il logo Abarth. Gli interni rimasero identici al modello base, ma come optional potevano avere una plancia più raffinata firmata Abarth.

Tutti gli altri modelli della Abarth Simca 1150 condividevano lo stesso motore da 1137 cm³, ma differivano per la potenza maggiore erogata grazie a modifiche al rapporto di compressione e all’aggiunta di radiatori d’olio. La 1150 S aveva una parte frontale ridisegnata, con una nuova targhetta identificativa con stemma Abarth più grande e un radiatore dell’olio integrato.[1]

Secondo gli accordi presi, le scocche dovevano essere consegnate verniciate, con già assemblati gli interni ma senza meccanica per essere poi rifinite nelle officine Abarth di Torino. La distribuzione delle vetture iniziò in Italia e Germania nella rete Abarth all’inizio del 1964 ma la nuova gestione della Simca, guidata dagli americani di Chrysler, rifiutò di distribuire queste vetture in Francia. La produzione venne interrotta all’inizio del 1965.

Attività sportiva in pista

Basandosi sulla Simca 1000, l’ingegnere Carlo Abarth, in accordo con l’azienda francese, ne realizzò la versione da competizione denominata 2000 GT. Era dotata di un propulsore 4 cilindri in linea dalla potenza di 204 cv gestito da un cambio manuale a sei marce che riusciva a portare il mezzo ad una velocità massima di 250 km/h.

Le sospensioni erano costituite da bracci triangolari, balestre trasversali per i bracci inferiori e ammortizzatori idraulici telescopici nella sezione anteriore e da bracci oscillanti obliqui triangolari, molle a elica e ammortizzatori idraulici telescopici in quella posteriore. L’impianto frenante era costituito da freni idraulici a disco. La prima corsa vinta dalla vettura avvenne nel 1964 alla salita Stellavena-Boscochiesanuova, dove vinse il pilota Franco Patria. Successivamente, nel 1965, vi fu la conquista del trofeo Shell ad Imola, della gara in salita Bolzano-Mendola e numerose altre vittorie nelle cronoscalate negli anni successivi.