World Rally Car: idee semplici e geniali
L’idea originale delle World Rally Car era semplice: consentire ai Costruttori di utilizzare un’auto di cui producevano almeno 25.000 esemplari e 2.500 versioni del motore base. Fondamentalmente, fintanto che l’auto soddisfaceva i requisiti basilari – essere lunga più di quattro metri e dotata di un motore non più grande di 2 litri – poteva andare bene per farci una WRC. Il Costruttore poteva inserire un sistema di trazione integrale e andare a correre i rally ai massimi livelli. Tutto quello che dovevano fare era produrre 20 kit delle parti tecniche che stavano montando sulla loro auto “standard”.
La formula delle World Rally Car era tanto semplice quanto geniale, al punto da funzionare bene sia in termini di spettacolarità sia di marketing. Ma si sa, le idee migliori sono sempre a termine. Prima o poi arriva qualcuno che decide di rompere con la tradizione e preferisce vendere il pane a fette. E così, capita che le WRC diventano preda degli ingegneri, del marketing, dell’avidità dei promoter che si succedono e si evolvono a dismisura, fino a diventare WRC Plus (Gruppo B senza i problemi della sicurezza delle vetture Gruppo B) e infine Rally1 Hybrid (Gruppo S dei giorni nostri).
Se il futuro è ignoto, però è certo che a metà degli anni ’90, i rally mondiali erano in difficoltà. Pochi produttori avevano macchine a quattro ruote motrici adatte per le prove speciali e lo sport stava cominciando a perdere parte del suo appeal. Ecco perché la risposta fu: World Rally Car. Il Wales Rally GB della seconda metà di novembre 2010 fu l’ultima gara per quella formula che in milioni di persone hanno amato. Dal 2011, furono tagliati 400 cc sotto i cofani motore delle vetture in gara.
L’idea originale delle World Rally Car era semplice: consentire ai Costruttori di utilizzare un’auto di cui producevano almeno 25.000 esemplari e 2.500 versioni del motore base. Fondamentalmente, fintanto che l’auto soddisfaceva i requisiti basilari – essere lunga più di quattro metri e dotata di un motore non più grande di 2 litri – poteva andare bene per farci una WRC. Il Costruttore poteva inserire un sistema di trazione integrale e andare a correre i rally ai massimi livelli. Tutto quello che dovevano fare era produrre 20 kit delle parti tecniche che stavano montando sulla loro auto “standard”.
Questa formula ha rivoluzionato lo sport, consentendo a Costruttori come Seat, Hyundai e Skoda, aziende con poca o nessuna esperienza di trazione integrale, di entrare in questo sport con macchine competitive. La prima World Rally Car compie il suo primo chilometro competitivo nella prima PS del Rally di MonteCarlo nel 1997, che segna l’ultimo successo iridato di un equipaggio italiano (Piero Liatti e Fabrizia Pons con la Subaru Impreza RS WRC). Nella seconda prova, Armin Schwarz ha avuto l’onore di essere il primo a distruggerne una: il tedesco vola con la sua Ford Escort WRC urtando una parete di roccia, dopo aver perso il controllo dell’auto in una curva a destra sporca di fango.

Subaru ha una marcia in più con la sua WRC
Le prime auto di Costruttori già presenti nei rally, come Ford e Subaru, erano evoluzioni delle loro vetture del Gruppo A. Erano simili all’interno, ma dall’esterno, certamente, si sentiva chiaramente che l’Impreza WRC97 aveva un motore incredibilmente potente, al punto da essere bello. E lo confermò la vittoria di Piero Liatti al Monte 1997. Seat si è unita alla comitiva nel 1998, con Skoda che è arrivata un anno dopo. Senza, però, voler essere cattivi con la Octavia WRC, in gran parte a prova di proiettile, il 1999 sarà ricordato per l’arrivo della 206 WRC e della Focus WRC.
Solo due anni, i risultati si facevano sentire: sette Costruttori gareggiavano al livello più alto dello sport: il WRC non aveva mai conosciuto una popolarità così massiccia. Le auto da rally del Mondiale erano ovunque. E stavano diventando più veloci. Sempre più veloci. La 206 ha dominato l’inizio del nuovo millennio, con una formazione di piloti forte quanto la genialità ingegneristica che l’aveva creata.
La minuscola macchina di Velizy – troppo piccola nella sua forma originale, fino a quando non fu creata una flotta di 206 GT stradali con paraurti allargati per garantire che l’auto fosse conforme alle normative – era perfettamente equilibrata su tutte le superfici. Marcus Gronholm conquistò due titoli in tre anni, ma all’epoca pochi potevano toccare Gilles ed Hervé Panizzi sull’asfalto.
Un anno dopo ancora arrivò la Corea, rappresentata ai massimi livelli con la Hyundai Accent WRC, un’auto che è diventata una protagonista con il passare delle stagioni. Al contrario, Mitsubishi, la squadra che aveva dimostrato una grande capacità di vincere rally nel Gruppo A, con la Lancer sembrava incapace di trovare gli ingredienti giusti per vincere.
Ford e Citroen sono le Case che colmeranno il divario tra la formula da 2 litri e quella da 1,6 litri. Le regole alla base delle World Rally Car rimangono: i Costruttori hanno sempre la possibilità di portare in gara una semplice berlina per famiglie creandoci sopra un mito. Mini è il primo nuovo produttore di auto a firmare il nuovo corso delle World Rally Car, con la Countryman WRC che debutterà nella stagione successiva, quella del 2011. Le vetture leggendarie di questa epoca, tuttavia, sono la Focus, in tutte le sue forme che hanno contribuito a fare della Ford il produttore di maggior successo in questo sport, la Citroen C4 WRC con Sebastien Loeb, e la Subaru Impreza WRC con Petter Solberg.