,

Un presidente carismatico: Fabrizio Serena di Lapigio

fabrizio serena di lapigio, mm 1952

Ripercorrendo le avventure di Fabrizio Serena di Lapigio come pilota e guida della CSAI, si vuole ritrarre l’animo di un uomo che si è sempre impegnato per dare ai piloti ciò che gli spetta: gare e notorietà. Il barone di Lapigio, nell’ultimo anno di vita, aveva fondato la FIAS – Federazione Italiana Automobilismo Sportivo.

Fabrizio Serena di Lapigio, il presidente gentiluomo che ha ricoperto il più lungo incarico alla guida della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana, in vita ha spesso fatto sentire il proprio disappunto per la gestione delle corse. Serena era stato presidente di Telespazio e direttore centrale dell’ Alitalia. Il 6 aprile 2002, Serena è morto, dopo un’incurabile malattia che, nell’ultimo periodo, lo aveva stremato. Il più carismatico presidente che la CSAI abbia mai avuto, stava per compiere il suo settantaseiesimo anno d’età, anche se in fondo al cuore era rimasto il giovane pilota di sempre (agli inizi degli anni ’90 fece un’apparizione nel CIVT).

A conferma della sua capacità creativa, del coraggio e della voglia di battersi per un ideale in cui credeva da sempre, c’è la creazione della FIAS (Federazione Italiana dell’Automobilismo Sportivo), un gesto esemplare, specialmente se si considerano le paradossali conseguenze che si sono abbattute su di lui e sui fondatori poco dopo il battesimo della Federazione (la CSAI ha ritirato le licenze a Serena e a chi aveva aderito all’iniziativa). Il barone di Lapigio inizia a praticare l’automobilismo nel 1949 (Lancia Aprilia Sport) e, già verso la seconda metà del 1950, riesce a proiettarsi e a farsi apprezzare sugli scenari della Carrera Panamericana e della 12 Ore di Sebring.

Dopo altri vent’anni di gare, precisamente nel 1978, viene eletto presidente della CSAI. Sulle sue spalle si posano tutte le speranze e i sogni di chi l’automobilismo lo fa e lo vive con dispendiosi sacrifici: i piloti. Sotto la sua presidenza, che è durata fino al 1993, l’automobilismo vive un’epoca felice, una parentesi più o meno lunga destinata a chiudersi. La sua importanza e la sua genialità sono di dominio pubblico. Tutte le gare tricolore hanno, in quel periodo, ricevuto una grande e importante spinta verso i piani alti della qualità e dell’immagine. E si sà, ai piani alti si respira meglio. Arriva, dunque, una nuova linfa, che rivitalizza anche i settori in letargo. Nulla è affidato al caso o, peggio, all’improvvisazione. La sua coerenza, la sua preparazione e quella rapidità decisionale sono le qualità che gli permettono di scalare le vette della FIA. S’inizia con incarichi importanti e si giunge alla vice-presidenza (parliamo del periodo Balestre).

Nonostante fosse, però, preso da ruoli di prestigio della politica sportiva italiana e mondiale, non aveva mai voluto abbandonare il volante. Quel “cerchio” rappresentava per lui un amico, una valvola di scarico e, forse, il modo migliore per ricordare a se stesso che era stato un pilota e che doveva continuare a operare nei confronti dei piloti. Anche dopo l’elezione di Piero Lardi Ferrari alla presidenza della CSAI, succeduto a Marco Piccinini e ad Alberto Maria Librizzi, Fabrizio Serena era rimasto vicino allo sport delle quattro ruote.

Nel 2001, però, qualcosa non gli era andato giù. Come tutti, anche lui si era accorto che la “nuova” gestione CSAI non riusciva a rilanciare più di tanto l’immagine dei piloti, degli organizzatori, dei costruttori e dei campionati. A questo punto, in preda all’amore nutrito per questa disciplina e letteralmente rapito dai ricordi della sua carriera politica e manageriale, Serena “divorzia” dal new deal di Ferrari. Nonostante un incidente stradale gli avesse fatto perdere l’uso delle gambe e la malattia, fra l’altro non curata a dovere, avanzasse inesorabilmente, il Barone di Lapigio porta a conclusione un importante progetto: la realizzazione di una Federazione alternativa all’ACI-CSAI che, nonostante fosse prevista dalla legislazione italiana e in particolare dalla riforma del ministro Melandri, sarà al centro di un’accesissima bagarre politico sportiva.

Serena sceglie Roberto Marazzi (pilota a partire dagli anni ’70) e Nino Gagliano (ex presidente dell’Ente Autonomo di Pergusa dal ‘95 al ‘98) come vice-presidenti della FIAS. E ancora, Gabriella Zinanni (appassionata di rally) cui affida la carica di Tesoriere, Bernardo Balboni, Vittorio Bernasconi, Flavio Manzelli (ex-piloti) e Claudio Pozzi (ex-pilota ed ex-delegato regionale CSAI piemontese) come consiglieri. L’aver scelto ex-corridori come compagni di “avventura“ sottolinea ancora una volta che il suo intento era quello di muoversi con competenza in una direzione ben diversa da quella attuale.

A settembre 2001 anno, a proposito della decisione di lasciare l’incarico di presidente onorario della CSAI, Fabrizio Serena aveva detto che i suoi 15 anni di gestione erano stati interessantissimi: “Mi ero avvicinato con una visione non proprio corretta. Al momento di affidarmi l’incarico in ACI mi dicevano “sai, farai qualche riunione, andrai a vedere qualche gara…“, ma poi, quando mi ci son buttato dentro, ho detto: “accidenti, il compito è ben altro. Si trattava di organizzare, gestire, non tanto la Formula 1, per la quale bastava la presenza della FIA a difendere gli interessi, quanto invece la complessa struttura dello sport nazionale, con tutte le sue varianti e le sue problematiche”.

Il presidente gentiluomo questa difficilissima scommessa la vinse con ampio margine. Per questo motivo, anche oggi che non c’è più, la sua ombra continuerà ad ingombrare e far sentire il suo notevole peso. In tanti, prima di agire, dovrebbero confrontarsi con chi ha sempre vissuto secondo ciò che dichiarava pubblicamente: “Io sono per lo sport”.