Tre piloti e un navigatore: storia di un’amicizia a 200 all’ora
Tre piloti e un navigatore: la storia di un’amicizia a 200 all’ora è il libro scritto da Ranieri Gaetani con la prefazione di Marcello Salighini e la collaborazione di Simone Parisella.
La storia di un’amicizia a 200 all’ora è davvero una bella storia, ma nata rara in quanto ne sono stampate poche copie, l’opera è dedicata a tre personaggi del rallysmo centro-meridionale, prematuramente scomparsi: Vincenzo De Lucia, pilota preparatore, Giuliano Cante, pilota, e Giuseppe Picariello, copilota e valente direttore sportivo e di gara.
Nel libro emergono i valori dell’amicizia profonda, che è proseguita anche al di fuori delle competizioni, con aneddoti e curiosità sul mondo dei rally degli anni Ottanta e Novanta, con le gare ormai storiche di Pico, Cassino, Frosinone e Roma. Ranieri Gaetani, pilota degli anni Ottanta sulle Fiat Ritmo 130 TC Gruppo N, ha voluto raccontare quanto di buono creato con questi tre amici.
Il motivo? Salvare la memoria e onorarla. Fare in modo che certe cose non finissero negli abissi del dimenticatoio nel corso degli anni a venire lasciare una traccia per le nuove generazioni rallystiche. Ranieri, De Lucia, Cante e Picariello furono legati da un’amicizia profonda anche al di fuori delle competizioni. Tre piloti e un navigatore è ricco di racconti di amici e semplici appassionati che hanno assistito alle competizioni rallistiche dei quattro personaggi, lasciando testimonianza nella pubblicazione.
“Non posso affermare che furono i più forti, non posso affermare che ancora oggi sarebbero i migliori. So che furono dei folli innamorati delle corse. So che avevano la competizione nel sangue. So che furono leali, altruisti e sinceri cultori dell’amicizia. Campioni assoluti con cui ho condiviso quel mondo e ho avuto il privilegio di essere stato incluso nel novero dei loro amici”, scrive Ranieri nelle primissime pagine del libro.
“Quando ho deciso di realizzare questo lavoro i ricordi mi sono venuti giù a valanga e ho scritto di getto. Finita la bozza, rileggendola, mi è sorto il dubbio che il lettore possa ritenere che la narrazione non sia obbiettiva perché influenzata da passioni, amicizia, entusiasmo e autocelebrazione”.
“Allora ho pensato di raccogliere testimonianze di ex piloti, copiloti, appassionati, tifosi e addetti ai lavori che, oltre ad arricchire il lavoro, fungano anche da “certificato di originalità”. E così ho contattato Gianluca De Lucia, figlio del mio indimenticabile amico Vincenzo, che oltre a darmi foto e articoli del padre mi ha suggerito di rivolgermi a Simone Parisella”, prosegue l’autore.
“Persone che ho incontrato nei rally, sempre in momenti separati. Non ho avuto il piacere di raccogliere l’essenza della loro amicizia, descritta così bene da Ranieri in questa sua pubblicazione. Proprio Ranieri è l’unico tra loro a poterci raccontare questa piacevole storia, ricca di aneddoti e piccoli segreti”.
“Per gli altri tre il destino non è stato magnanimo. Uno ad uno ci hanno lasciato, in maniera inaspettata, da un giorno all’altro, con un anticipo tremendo sulla tabella di marcia, come si direbbe in gergo rallistico. Praticavano uno sport pericoloso, in cui il rischio è una componente importante e costante. Eppure, con la loro prematura scomparsa, i rally non c’entrano nulla”, aggiunge Salighini nella prefazione.
Tre piloti, un navigatore e l’affetto
“Ognuno di loro ha lasciato un grande vuoto, come sempre succede in questi casi, in primo luogo nelle loro famiglie, ma anche nel mondo dei rally del centro-sud, dove erano molto conosciuti. Paradossalmente la prima persona che ho smesso di incontrare, ed anche quella che ho frequentato meno per una questione di tempi, è proprio l’autore di questa pubblicazione: Ranieri Gaetani”.
“Il suo ritiro dal mondo dei rally fu premeditato, come spesso accade, visto l’impegno che richiede questo tipo di sport. Fu uno dei primi rallisti del centro-sud che conobbi”, si legge. “Arrivavo dall’Emilia Romagna e frequentavo i rally del nord Italia, in particolare quelli che si correvano su fondo sterrato. In Emilia Romagna, nel Veneto, in Toscana questo tipo di sport era molto diffuso e praticato. Immergersi nei rally del centro-sud non fu semplicissimo”.
“Si correva in maniera diversa. Diversa nello spirito, per la tipologia dei percorsi, per la gente. Cercai subito di conoscere i piloti più combattivi e più veloci e questo Gaetani mi colpì per il suo stile di guida molto aggressivo, spettacolare e sicuro nello stesso tempo. Con la Ritmo Abarth Gruppo N non era semplice guidare in quella maniera, ma a lui riusciva facile. Ed i risultati si vedevano”.
“Pensavo che in breve tempo sarebbe divenuto un ottimo pilota, perché aveva tutte le caratteristiche per compiere il balzo in avanti. Invece riuscì a stupirmi. Abbandonò l’ambente e non lo vidi più. Continuai a vedere gli altri. Con Giuliano Cante ebbi pochi rapporti, a dire il vero”.
“Non mi sono mai spiegato perché. Anche la moglie Licia Vicentini correva ed avevamo amici in comune, quindi questo poteva facilitare i contatti. Eppure una vera e propria frequentazione non avvenne mai. Mai uno screzio tra noi, probabilmente avevamo caratteri piuttosto diversi. Non saprei dire”.
“Vincenzo De Lucia, invece, fu una delle persone che mi piacque maggiormente, fin dal primo impatto. Il suo nome era noto anche al nord, visto che era uno di quelli che vinceva tanto. Ottimo preparatore ed anche straordinario pilota. Molto aggressivo, a volte persino troppo, non erano rari i momenti in cui passava con la macchina un po’ segnata dagli ostacoli che sulle strade dei rally continuamente si incontrano”.
“Nel corso di una curva in derapata non toglieva certamente il piede dall’acceleratore, così magari sfiorava un muretto, un albero, un terrapieno. Bravissimo a pilotare la VW Golf GTI, con cui ha vinto tanto. A me piace ricordarlo al volante della Opel Ascona 400, con la quale instaurò alcune battaglie pazzesche contro il suo avversario per antonomasia, quell’Antonio Evangelista, preparatore pure lui, che proveniva da Cassino, una quindicina di chilometri di distanza dalla sua officina”.
“Ogni volta tra loro si giocava un derby, un’aspra sfida tra due leali guerrieri. Vincenzo era innamorato del suo lavoro di preparatore, anche se qualche suo pilota gli ha reso la vita un po’ complicata, come spesso succede nel mondo del commercio. Ma di cambiare mestiere non ha mai parlato”.
Sorrisi e amicizia: una bella storia
Nella piacevole prefazione scritta, Marcello Salighini aggiunge fattori introspettivi importanti: “I suoi baffoni non riuscivano a nascondere quel perenne sorriso che mostrava la sua serenità. I rally erano nel suo Dna, non a caso correva suo fratello Aldo ed oggi l’attività in officina e sui campi di gara è portata avanti dal figlio Gianluca. In tono minore, perché i tempi sono cambiati e perché Vincenzo ci teneva ad essere unico. La persona con cui ebbi il rapporto più intenso fu Peppino Picariello”.
“Vivevamo i rally con grande passione ed ognuno aveva una propria competenza, così spesso ci si confrontava, si parlava di progetti, dei miglioramenti da apportare. Percorremmo un lungo percorso assieme. Quando non correva come navigatore, spesso ricopriva il ruolo di direttore di gara ed io lo affiancavo in qualità di addetto stampa della manifestazione”.
“Eravamo un gruppo ben collaudato, con il vulcanico Walter Oliva a coordinare tutta l’attività organizzativa. Nonostante la dialettica non fosse la sua qualità più spiccata, riusciva a farsi intendere benissimo da tutti. Bastava una sua mimica a far intendere quale fosse la sua volontà. Attorno a sé aveva creato un bel gruppo di Commissari che si portava in giro per l’Italia. Ha dato molto di se agli altri, come le persone generose sanno fare”.
“Quando Enrico Girardi, organizzatore del Rally del Matese con arrivo a Piedimonte Matese, la patria di Peppino, nel febbraio scorso mi comunicò di aver chiamato la sua gara Memorial Picariello” provai un piacevole senso di felicità. Un uomo così non può essere dimenticato”. Il costo della pubblicazione è di dieci euro, le pagine sono circa novanta.