La storia completa delle categorie nei rally dalle origini
Scorrendo le pagine delle riviste dedicate alle vetture da rally, inevitabilmente ci si imbatte in termini come: Gruppo 1, Gruppo 4, Gruppo B, Gruppo A, Gruppo N. E la storia, ad esempio, ricorda che la Stratos si presentò come un lupo in un gregge di pecore. Ma fino alla prima metà degli anni Sessanta, il concetto stesso di rally è vago e questa tipologia di gara vive il suo periodo pionieristico: chiunque ha un’auto può disputare e vincere una di queste corse. Si tratta di manifestazioni molto diverse tra loro, che hanno, tuttavia, un denominatore comune…
Capire che tali definizioni sono collegate alla categoria nella quale queste auto gareggiano è semplice, lo è meno comprendere il significato di queste sigle. Cercheremo di illustrare cos’è l’omologazione di un’auto da corsa e come quest’attività sia cambiata negli anni. Sarà, nel contempo, necessario prendere in considerazione le motivazioni e le finalità che hanno indotto la Federazione Internazionale dell’Automobile, Fia, ad adottare taluni provvedimenti.
Fino alla prima metà degli anni Sessanta, il concetto stesso di rally è vago e questa tipologia di gara vive il suo periodo pionieristico: chiunque ha un’auto può disputare e vincere una di queste corse. Si tratta di manifestazioni molto diverse tra loro, che hanno, tuttavia, un denominatore comune: essere decise dalla resistenza delle vetture e non dalla velocità impressa dai piloti. In quegli anni, il livello tecnico delle auto e le condizioni della viabilità sono tali che il solo fatto di completare percorsi di un migliaio di chilometri, a medie di 40-50 all’ora, rappresenta un’impresa.
Questo scenario si stravolge nella seconda metà degli anni Sessanta. Due i fattori decisivi: il miglioramento della viabilità e l’incremento dell’affidabilità e delle prestazioni delle auto. Una combinazione di elementi che rende, ovviamente, più semplice completare quei tipi di percorsi. A questo punto, comprensibilmente, nasce l’esigenza di fissare nuove regole per differenziare gli equipaggi e i loro mezzi, per rendere più avvincenti le gare. Talvolta si considera la cilindrata della vettura, altre volte si ricorre a prove d’abilità o precisione, altre volte ancora si opta per prove di velocità pura su tratti di strada generalmente brevi e appositamente scelti.
Quest’ultima innovazione comporta un’evoluzione dei requisiti richiesti ad una vettura da rally: all’affidabilità e alla robustezza si aggiunge la velocità. Quest’ultimo fattore accresce l’interesse delle case automobilistiche, dei media e del pubblico per questo sport. I Costruttori si impegnano nell’allestimento delle vetture e le loro potenzialità tecniche e finanziarie compromettono gli equilibri di una specialità in origine aperta a tutti. Inoltre, i cospicui investimenti nel settore da parte dei colossi dell’industria automobilistica richiedono precise contropartite in termini di regole e prospettive definite per lo sport rallistico.
Inevitabilmente, la nascita di un campionato si accompagna alla discesa in campo della Fia, che decide di regolamentare i rally. Per quanto riguarda le gare si consolida la formula già in uso: prove di velocità pura, collegate tra loro da tratti di trasferimento su strade aperte al traffico. Per ciò che concerne le vetture ammesse alle gare, si decide di suddividerle in categorie omogenee per prestazioni. L’obbiettivo più importante dei vertici della Federazione è quello di stimolare la partecipazione ufficiale di tutti i Costruttori e, nello stesso tempo, di impedire lo stravolgimento delle auto da gara rispetto a quelle di serie, a cui nominalmente queste corse sono riservate.

L’ingresso dei Costruttori e dei prototipi nei rally
Proprio queste finalità portano la Federazione internazionale a non creare una classificazione specifica per i rally, optando invece per estendere loro le classificazioni già adottate per altre discipline automobilistiche. Nove sono le tipologie di vetture individuate, suddivise in altrettanti Gruppi: Gruppo 1, berline di serie; Gruppo 2, special basate su berline; Gruppo 3, auto sportive di serie; Gruppo 4, special basate su auto sportive; Gruppo 5, prototipi basati su auto di serie; Gruppo 6, prototipi; Gruppo 7, auto biposto da competizione; Gruppo 8, formule internazionali; Gruppo 9, formula libera.
Il principio guida, per stabilire quali auto possono partecipare ai rally, sono le auto derivate dalla normale produzione: quelle appartenenti ai Gruppi da 1 a 4, con alcune eccezione per il Gruppo 5. Ma cosa s’intende per auto di produzione? Per stabilire quando un’auto può essere considerata di serie, si introduce l’obbligo della produzione minima annuale che il modello deve raggiungere. Una soglia minima che cresce di pari passo con lo sviluppo del mercato. All’inizio sono richiesti 1.000 esemplari per l’omologazione sia in Gruppo 1, sia in Gruppo 3; ma nel 1981 salgono a 5.000 per il Gruppo 1 e a 2.000 per il Gruppo 3. Un discorso a parte merita il Gruppo 5, riservato ai prototipi. In questa categoria, il numero minimo di esemplari prodotti non è previsto.
In teoria si vogliono salvaguardare le vetture artigianali, in pratica si dà ai Costruttori l’opportunità di testare i prototipi delle future auto di serie. Un esempio: la Lancia Stratos. Dall’esordio del 1972 fino al 1974 gareggia in Gruppo 5; dopo aver raggiunto la produzione necessaria all’omologazione, il modello è ammesso in Gruppo 4. Questo complesso di regole viene raccolto in un testo unico: l’Allegato J, una serie di norme comprendenti le caratteristiche specifiche dei diversi Gruppi e le prescrizioni sui dispositivi di sicurezza e sulle altre dotazioni delle vetture.
Il suo aggiornamento è legato al progresso tecnologico, ma anche a qualche intervento umano, impregnato di buone intenzioni originarie, che con il tempo sono risultati deleteri. Ad esempio, nei Gruppi 2 e 4, originariamente, rientrano le versioni elaborate dei Gruppi 1 e 3. Tuttavia, le Case partecipanti al Campionato del Mondo ottengono la possibilità di omologare modelli direttamente nei Gruppi 2 e 4, con una soglia minima di 1.000 esemplari per l’accesso al Gruppo 2 e 500 (poi ridotti a 400) per il Gruppo 4. Un cambiamento non di poco conto: se nell’impostazione originaria una vettura di Gruppo 2 o 4 costituiva una variante di un’auto di grande produzione, in seguito a queste nuove norme sarà possibile realizzare in numero limitato auto la cui base è dedicata alle gare e su cui saranno possibili ulteriori interventi.
Ben presto, l’evoluzione tecnologica trascina il mondo dei rally nel caos regolamentare, con le Case automobilistiche sempre più impegnate a cercare nell’interpretazione delle norme il cavillo che consenta loro di apportare altre modifiche ai mezzi concorrenti. E’ l’abuso di componenti opzionali a rivelarsi fatale. Ben presto, infatti, anche nei Gruppi 1 e 3, i Costruttori iniziano a presentare come parti opzionali liberamente vendute, componenti che in realtà nascono per le corse. Basta dimostrare di averle adottate su almeno 100 esemplari e vetture nate con i carburatori adottano l’iniezione, i differenziali si “trasformano” in autobloccanti, le testate “guadagnano” le 16 valvole e così via.

Gruppo B, Gruppo A e la fine dell’epopea
Nel 1978, dopo tre lustri di onorato servizio, va in pensione la prima versione dell’Allegato J. Arriva il momento di procedere a una radicale revisione dello sport rallistico: viene introdotto il Gruppo B. Per capire la filosofia che ispira questa nuova categoria è necessario tornare al 1974, quando sui campi di gara irrompe la Lancia Stratos, la prima auto concepita a tavolino con l’unico scopo di vincere nei rally. Con essa il rapporto tra rally e macchine partecipanti s’inverte: non si tratta più di un’auto prodotta in serie da cui deriva una versione da competizione, si progetta al contrario un mezzo da corsa di cui si predispone una versione semplificata da produrre nel numero minimo di esemplari per l’omologazione.
Con questa impostazione, la Stratos si presenta come un lupo in un gregge di pecore. Dal 1974 al 1977, il suo itinerario sportivo è praticamente un monologo di successi: Mondiale Costruttori dal 1974 al 1976, Coppa Fia nel 1977 con Sandro Munari. Torna a vincere un rally iridato nel 1981, il Tour de Corse con l’equipaggio privato Darniche-Mahè, pur non essendo più aggiornata dal 1977. Il fenomeno Stratos è ben presente nella mente di chi redige il nuovo regolamento e, infatti, la normativa della nuova classe regina nasce all’insegna dello slogan una Stratos per tutti.
L’obbiettivo è di permettere la realizzazione di auto performanti e spettacolari, abbattendo i costi e limitando le possibilità di modifica. Le nuove norme entrano in vigore il primo gennaio 1982 e prevedono la suddivisione delle vetture in tre Gruppi: N, A e B, in ordine progressivo di sofisticazione. La classe regina è il Gruppo B. Per l’omologazione in questa categoria è richiesta una produzione minima di soli 200 esemplari l’anno, ma le elaborazioni ammesse sono poche. Non è più modificabile la testata del motore, dove si può intervenire solo sul disegno dell’albero a camme e sui materiali di valvole e pistoni, ma non sulle loro dimensioni.
Nel cambio si può lavorare solo sulla spaziatura dei rapporti. L’autobloccante deve essere compatibile con la scatola originaria. Non può essere modificata la geometria della sospensione, eccetera. Il limitato spazio concesso alle modifiche permette alla Federazione un controllo relativamente semplice in sede di verifica e garantisce a tutte le squadre la stabilità regolamentare, requisito indispensabile per impegni pluriennali. La normativa però, quasi per “compensare” i divieti tecnici introdotti, reinterpreta in modo molto permissivo l’evoluzione dei modelli di auto concorrenti.
In particolare, consente di omologare versioni profondamente modificate della vettura iniziale, purché prodotte nella misura del 10% rispetto al minimo richiesto per l’omologazione. Per un mezzo del Gruppo B bastano 20 esemplari e ciò garantisce auto sempre aggiornate, fino all’esasperazione. Oltre al Gruppo B c’è il Gruppo A, ma è una finta categoria: per l’omologazione è richiesta la produzione di 5.000 esemplari annui, nonostante il livello di modifiche sia lo stesso del Gruppo B. In extremis viene regolamentato anche il Gruppo N, Normale, destinato ad accogliere vetture praticamente di serie.
In teoria si tratta di una buona strutturazione, in grado di incrementare le partecipazioni alla serie iridata e facilitare un’attività di base a costi contenuti e con mezzi semplificati. In pratica non sarà così. Dopo quattro anni, le concessioni regolamentari del Gruppo B portano alla realizzazione di vetture i cui limiti vanno ben oltre le possibilità di controllo dei piloti. Nel 1985, la Fia prova a limitare le prestazioni, ma omai è tardi.
Il rogo nel quale bruciano Henry Toivonen e Sergio Cresto in Corsica, la Ford RS200 di Joaquim Santos che si schianta tra la folla in Portogallo e i 1.000 cavalli di potenza delle ultime Audi Quattro Sport, che disputano la Pike’s Pike e subito dopo vengono bandite dai regolamenti, fanno capire al mondo dei rally che è arrivato il momento di alzare il piede dall’acceleratore. Nel giro di poco tempo, tutte le vetture Gruppo B vengono bandite dai rally, anche se questo non impedisce agli ingegneri dell’auto di continuare a sfogare le proprie “frustrazioni” progettuali. Ma questa è un’altra storia, quella delle attuali WRC.