,

Storia delle Lancia Aurelia B20 e B20 Competizione

Gigi Villoresi con l'Aurelia B20

La Lancia Aurelia è una autovettura prodotta dalla Lancia dal 1950 al 1958. Più in particolare la versione ”B20” coupé viene lanciata nell’aprile del 1951 e termina la sua vita nel 1958. Stando ad una intervista rilasciata anni dopo da Felice Mario Boano, la linea della B20 sarebbe stata da lui stesso ideata mentre collaborava con la carrozzeria Ghia.

In occasione del Salone dell’automobile di Torino inaugurato il 2 aprile 1951, la Lancia espone per la prima volta al pubblico la B20, una splendida coupé ad alte prestazioni dalla attraente linea “pulita”. Anche se, al momento del lancio, la B20 viene omologata per tre persone (tutte da ospitare sul sedile anteriore unico), si può tranquillamente affermare che questa nuova Aurelia, di fatto inaugura una formula che riscuoterà un enorme successo nei successivi vent’anni, quella della “gran turismo a 2 posti più 2 di fortuna”.

Stando ad una intervista rilasciata anni dopo da Felice Mario Boano, la linea della B20 sarebbe stata da lui stesso ideata mentre collaborava con la carrozzeria Ghia. Secondo questa tesi, la realizzazione del lotto iniziale (un centinaio di esemplari) sarebbe stato affidato da Gianni Lancia alla Ghia, la quale però si sarebbe rivolta alla carrozzeria Viotti (meglio attrezzata per una produzione numericamente un poco più consistente), per costruire materialmente i primi 98 esemplari. Considerato l’immediato successo della B20 e il conseguente elevato ritmo produttivo necessario a soddisfare tutte le richieste, la produzione veniva poi definitivamente affidata alla ancor più attrezzata Pininfarina, che apportava comunque, sin dall’inizio, qualche lieve modifica ad alcuni particolari di carrozzeria. Questa versione dei fatti non è del tutto convincente per almeno due motivi. In primo luogo, dai registri di produzione risulta che Viotti ha effettivamente costruito 98 vetture, ma che non si tratta delle prime 98 bensì di unità “ripartite” lungo tutta la prima serie (compresi tra il B20-1001 ed il B20-1405). Ne consegue che, sin dall’inizio, Pininfarina ha costruito esemplari di B20. Secondo: il progettista dell’Aurelia, Francesco De Virgilio, non ricorda nel modo più assoluto un coinvolgimento di Boano ma, anzi, ha sempre ritenuto che autore della macchina fosse Pininfarina. Secondo alcuni, poi, ci sarebbe anche un terzo motivo per dubitare delle parole del Boano, e cioè che la linea della B20 ricorda molto da vicino quella di altre realizzazioni di Pininfarina dei primi anni del dopoguerra. Questa affermazione è tuttavia solo apparentemente inconfutabile perché è doveroso ricordare che il famoso prototipo Lancia A10 con motore ad 8 cilindri a V della fine degli anni’40 – certamente carrozzato da Ghia – ha una linea che in qualche misura anticipa quella della B20, al punto da rendere quanto meno “possibili” le tesi di Felice Mario Boano. Una ulteriore “prova fotografica” di una compartecipe paternità Ghia sulla B20 risiede in due immagini (qui non riproducibili) che appaiono alle pagine 176 e 177 del volume “Ghia” di Valerio Moretti (Editore Automobilia, 1991) e che ritraggono due B20 in fase di allestimento all’interno degli stabilimenti Ghia. Irrisolto il dubbio circa la effettiva paternità delle linee della B20, resta il fatto che, dal 1951 al 1958, la produzione è stata nelle mani di Pininfarina, che ha costruito 3773 coupé su un totale di 3871. Ma torniamo alla prima B20 ed alle sue caratteristiche: ovviamente derivata dalla berlina B10, dalla quale eredita quasi tutte le caratteristiche (dalle sospensioni a quattro ruote indipendenti ai comandi, dal volante al cruscotto) questa coupé “monoscocca” a passo accorciato (cm 266 invece di 286) monta però un motore con cilindrata portata sin quasi alla soglia dei due litri (1990,97 cm3 per l’esattezza) erogante 75 HP grazie ad un rapporto di compressione di 8,4:1 (che richiede l’uso del supercarburante). Molto rastremata e di dimensioni contenute (lunga cm 428 e larga cm 154) è, assieme alla quasi contemporanea Alfa 1900 Sprint, una delle più maneggevoli e veloci sportive italiane del momento. Accreditata di una velocità massima di circa 160 km/orari (ottenuta grazie anche ad un rapporto al ponte più “lungo” rispetto a quello della berlina) la B20 si afferma immediatamente anche nelle competizioni, come si può agevolmente evincere leggendo l’apposito capitolo. Malgrado un prezzo che non può che essere “consistente” (2.600.000 Lire al debutto), la B20 riscuote un immediato successo commerciale, tanto che, in meno di 1 anno, vengono venduti 500 esemplari.

All’inizio del mese di marzo del 1952, in occasione del Salone dell’automobile di Ginevra, appare la seconda serie, che inizia così dall’esemplare 501.esimo.Questa nuova serie, che fa tesoro delle esperienze fatte con le prime corse del 1951, ha una testa modificata (con il riposizionamento delle valvole), un rapporto di compressione ancora lievemente aumentato (da 8,4 a 8,8:1), potenza superiore (80 HP invece di 75) e qualche miglioria all’impianto frenante. Leggermente più pesante (50 kg in più) e più veloce (162 km/h), la seconda serie si distingue esteriormente per l’adozione di nuovi paraurti in acciaio senza rostri, per la parte retrostante della carrozzeria dove appaiono le cosiddette “codine”, per la aggiunta di un profilo cromato sotto le portiere e per lo spostamento della targa anteriore (ora in posizione centrale, in basso). All’interno, si nota un nuovo cruscotto con una strumentazione a due strumenti circolari, con contagiri (scompare l’orologio).

Il successo di vendite arride anche a questa seconda serie, che viene prodotta in 731 esemplari tra la primavera del 1952 e la primavera dell’anno successivo, quando esce la più classica, la più veloce (e forse, tutto sommato, la migliore) delle B20, la terza serie da 2 litri e mezzo (2451,31 cm3). Potente (118 HP a 5000 giri) e veloce (185 km/h) questa terza serie si differenzia dalle precedenti soprattutto nella “coda”, che, abolite le “pinne”, assume un aspetto assolutamente tondeggiante molto armonioso, grazie anche al coperchio del bagagliaio di forma arrotondata. Anche il frontale appare modificato, sia nella fanaleria (ora con cornici “normali”, senza cioè la caratteristica “palpebra”) che nella mascherina (che, tra l’altro, ora è priva del tappo-foro per l’avviamento d’emergenza a manovella). Leggermente incrementate le dimensioni esterne (la lunghezza passa da cm 429 a cm 437, la larghezza da cm 155) ed il peso (50 kg in più). Questa nuova “2 litri e mezzo” sarà per anni protagonista nelle corse per vetture Gran Turismo, dove se la vedrà con le rivali Alfa Romeo 1900 (le coupé Sprint e Supersprint ma anche la berlina Turismo Internazionale) e Fiat 8V (particolarmente nella versione Zagato).

Lancia Aurelia Rally MonteCarlo 1953
Lancia Aurelia Rally MonteCarlo 1953

Trascorre circa un anno e, dopo 720 esemplari di “terza serie”, ecco apparire la “quarta serie”, che viene esposta al pubblico al Salone di Torino assieme alla nuova berlina B12 e che, come quest’ultima, è caratterizzata dalla adozione del retrotreno tipo “De Dion” a ruote semi-indipendenti (e che per questa ragione “tecnica” verrà comunemente identificata e definita come “Aurelia B20 balestrata”). A partire da questa serie, anche la B20 può essere fornita con la guida a sinistra. A parte alcune migliorie al motore (bronzine e lubrificazione in particolare) ed un nuovo carburatore, la nuova serie si presenta con i vetri che, analogamente a quelli della berlina B12, sono “polarizzati” (cioè colorati), con un nuovo volante (nero, identico a quello della B12) e con una pomelleria nera (anziché bianco-crema). Viene anche montata una luce posteriore di retromarcia. Il peso della vettura subisce un nuovo incremento di una cinquantina di chilogrammi.

Assolutamente in linea con le direttive della nuova proprietà (Pesenti) e della nuova dirigenza tecnica (Fessia) che mostrano entrambe scarso entusiasmo per le macchine troppo veloci e non amano vedere vetture Lancia in competizione, la nuova serie di Aurelia B20 (e siamo alla quinta serie) non può che abbandonare il carattere sportivo ed assumere quello di una più pacifica gran turismo, sia pur sempre ad elevate prestazioni.

Il parto di questa nuova serie è piuttosto laborioso, al punto che la produzione praticamente si arresta – tra la fine del 1955 ed i primi mesi del 1956 – per circa un semestre. Ma eccoci ai dati ed alle novità. La potenza e la coppia vengono ridotte (da 118 a 110 HP la prima, da 18,5 a 17,2 kgm la seconda) e le prestazioni calano (la velocità massima, per esempio, scende da 185 a 176 km/h). Profonde modifiche subisce anche il cambio di velocità (ora con la quarta marcia in presa diretta). I tecnici Lancia tentano anche (pare con relativo successo) di porre rimedio alla endemica scarsa efficienza dei freni dell’Aurelia e montano tamburi dei freni di più ampie dimensioni (che costringono ad adottare cerchi ruota diversi con grandi calotte-copriruota esteticamente simili alle ruote in lega).

Altre differenze: abbandono dei vetri azzurrati, ingrandimento del lunotto, aggiunta di un profilo cromato mediano al cofano motore, colorazione bicolore del cruscotto (solo per alcune tinte di carrozzeria), nuovo volante (tipo Nardi), modifiche ai sedili, montaggio di una cappelliera in materiale plastico anziché in panno, modifica della piccola panca retrostante i sedili anteriori onde rendere meno disagiata la sistemazione (anche se comunque sacrificata) di eventuali passeggeri, ed altre ancora. La quinta serie B20 è disponibile, di norma, con guida a sinistra: in casa Lancia però non si vogliono scontentare quei pur pochi clienti che ancora prediligono (se vogliamo un po’ nostalgicamente) la guida a destra, per cui ancora è prevista la fornitura di vetture con questo posizionamento del volante. Nel complesso, la vettura risulta nuovamente appesantita (circa 60 kg in più: a vuoto, in ordine di marcia, ormai il peso sfiora i 1300 kg).

Siamo giunti al 1957. Ormai il destino dell’Aurelia è segnato: la vettura destinata a succederle, la Flaminia, sta per essere immessa sul mercato nella versione berlina ed è lecito attendersi, prima o poi, una sua versione Gran Turismo. L’ultima serie dell’Aurelia B20, la sesta, nasce proprio nella primavera del 1957: oltre ad un leggero incremento dei valori di potenza massima (da 110 a 112 HP) e di coppia massima (da 17,2 a 17,5 kgm) che innalzano la soglia della velocità massima sino ai 180 km/h, si devono registrare una miriade di piccole migliorie meccaniche di carattere secondario. Esteriormente, la sesta serie si riconosce immediatamente per l’adozione dei deflettori alle portiere. La produzione della B20 termina nel 1958, anche se le vendite delle scorte proseguono sino alla metà del 1959, sia pure in quantità esigue. L’ultima B20 lascia la fabbrica il 7-11-1958: è una vettura con guida a sinistra (l’ultima B20 con guida a destra era uscita qualche mese prima, il 28 luglio).

Le sei serie della lancia Aurelia B2

Occorre precisare che, contrariamente a quanto accaduto con le Aurelia “berlina” di cui si contano due diverse serie che contraddistinguono l’intera produzione, l’Aurelia B20 risulta essere stata classificata “per serie” soltanto nelle due prime edizioni con motore da 2 litri, mentre la produzione della “2 litri e mezzo” iniziata nel 1953 non risulta essere mai stata ufficialmente classificata per “serie” né in qualche misura identificata con quella definizione: si ricorda soltanto che la versione 1954-55 veniva definita come “balestrata” per via della nuova sospensione posteriore De Dion (con balestre in luogo dei molloni) ma la suddivisione “in serie successive” è entrata nell’uso comune, quando ormai la vettura era fuori produzione, per ragioni di maggior immediatezza, dal momento che i dati ufficiali della Casa hanno sempre fatto riferimento esclusivamente alla numerazione progressiva degli autotelai raggiunta al momento delle modifiche apportate al modello, non consentendo dunque la necessaria immediata comprensione. Diamo di seguito l’elenco delle sei serie con i parametri distintivi più significativi.

  • Prima Serie: (da B20-1001 a B20-1500)prodotta dall’aprile 1951 al febbraio 1952, 2 litri, 75 HP, coda senza “codine”, paraurti con rostri.
  • Seconda Serie: (da B20-1501 a B20-2231) prodotta dal marzo 1952 al febbraio 1953, 2 litri, 80 HP, “codine” posteriori, paraurti senza rostri. Questa versione veniva identificata come “seconda serie” anche negli anni’50.
  • Terza Serie: (da B20-2232 a B20-2951) prodotta dal marzo 1953 al dicembre 1953, 2,5 litri, 118 HP, “coda” più arrotondata e senza codine, fanaleria anteriore senza “palpebre”.
  • Quarta Serie: (da B20-2952 a B20-3696 e da B20S-1001 a B20S-1255) prodotta dall’inizio 1954 al dicembre 1955, 2,5 litri, 118 HP, ponte posteriore De Dion, vetri polarizzati verdi, volante a due razze (nero).Questa serie veniva comunemente definita come “balestrata”.
  • Quinta Serie: (da B20-3697 a B20-3816 e da B20S-1256 a B20S-1435) prodotta dal 1956 (inoltrato) al marzo 1957, 2,5 litri, 110 HP (depotenziata), nuovo cambio, lunotto ampliato, aggiunta di profili cromati, volante a tre razze (in alluminio e corona in legno), finiture più curate.
  • Sesta Serie: (da B20-3817 a B20-4011 e da B20S-1436 a B20S-1860) prodotta dall’aprile 1957 al novembre 1958, 2,5 litri, 112 HP, innumerevoli ma piccole modifiche meccaniche, deflettori alle portiere.

La berlinetta di Vignale

Va anzitutto menzionato Vignale, il quale, oltre al “Raggio Azzurro” di cui parliamo poco più sotto, ha sicuramente costruito alcune berlinette con meccanica Aurelia: anche se qualche fonte parla di autotelaio del tipo B50-B52, è quasi certo che queste profilate e sportive berlinette abbiano montato il motore del tipo B20. Dal disegno sopra riprodotto, si può notare, oltre alla linea grintosa dell’insieme, la pronunciata presa d’aria sul cofano.

Ai Saloni dell’automobile dei primi mesi del 1955 (New York e Torino in particolare) viene esposta una vettura nata dal connubio tra la meccanica della B20 Aurelia elaborata da Enrico Nardi e la carrozzeria in alluminio costruita dalla Alfredo Vignale su disegno di Giovanni Michelotti. La vettura, che in realtà viene realizzata per volontà del Nardi, ha una originalissima carrozzeria in alluminio – tinteggiata in due gradazioni di azzurro – con padiglione in plexiglas (sovrastato da una presa d’aria centrale metallica), parabrezza a doppia curvatura, pinne caudali ed un grande faro centrale che taluni arrivano a definire “occhio di Polifemo”. Caratterizzano la vettura le ruote a raggi del tipo Rudge-Witworth, il volante (ovviamente un Nardi), gli interni in pelle di cinghiale ed una strumentazione (diversa da quella della B20 di serie) a quattro quadranti (due grandi e due piccoli). Il telaio della macchina è del tipo tubolare, il passo è di cm 253 (contro i 265 della B20 di serie). Il motore è un B20 da 2 litri e mezzo profondamente modificato da Nardi (collettore Nardi, 2 carburatori Weber 40 DCN, asse a camme modificato, rapporto di compressione 8,9:1) che raggiunge una potenza di circa 140 cavalli a 5500-5600 giri e che imprime alla vettura – che pesa solo 987 kg – una velocità massima attorno ai 200 km all’ora. Va ancora detto che la “Raggio Azzurro” rimane “esemplare unico”: tre anni dopo verrà presentata la “Raggio Azzurro Due”, basata però su meccanica B24: di questa seconda Raggio Azzurro parleremo nel capitolo dedicato alla spider Aurelia.

Le rivali della Aurelia B20 Coupé

Ecco i dati essenziali dei modelli concorrenti nel 1951:

  • Aurelia B20-prima serie-1951:
    motore: anteriore a 6 cilindri a V di 1990,97 cm3, potenza 75 HP a 4500 giri, valvole in testa; carrozzeria: coupé 2 porte, 2-3 posti, scocca portante, sospensioni anteriore e posteriore a ruote indipendenti; trasmissione con trazione alle ruote posteriori, cambio a 4 rapporti+retromarcia ;dimensioni e peso: passo cm 266, lunghezza cm 428, larghezza cm 154, peso in ordine di marcia, rifornita, Kg 1070 circa; velocità max: Km/h 160; prezzo listino in Italia: Lire 2.600.000
  • Alfa Romeo 1900/C-Sprint-1951:
    motore: anteriore a 4 cilindri in linea di 1883,94 cm3, potenza 100 HP a 5500 giri, valvole in testa; carrozzeria: coupé 2 porte, 2 posti(più 2 “di fortuna”, per brevi tragitti), scocca portante, sospensioni anteriore a ruote indipendenti, sospensione posteriore a ponte rigido; trasmissione con trazione alle ruote posteriori, cambio a 4 rapporti+retromarcia ;dimensioni e peso: passo cm 250, lunghezza cm 447,5, larghezza cm 160, peso a vuoto, Kg 1050 circa;velocità max: Km/h 180;prezzo listino in Italia: Lire 3.000.000

Nel corso degli anni, il “gap” prestazionale tra i due modelli si annulla o si riduce: nel 1953, quando la Lancia immette sul mercato la versione da 2 litri e mezzo, la situazione addirittura si ribalta a favore della Casa torinese (118 CV, 185 km/orari l’Aurelia, 100CV, 180 km/h l’Alfa Sprint), poi, nel 1954, l’Alfa Romeo vara la versione “Supersprint” e la situazione si presenta praticamente….. in pareggio.

I dati essenziali dei due modelli antagonisti nel 1955:

  • Aurelia B20-quarta serie-1954/55:
    motore: anteriore a 6 cilindri a V di 2451,31 cm3, potenza 118 HP a 5.000 giri, valvole in testa; carrozzeria: coupé 2 porte, 2 posti (più 2 “di fortuna”, per brevi tragitti), scocca portante, sospensioni anteriore a ruote indipendenti, sospensioni posteriori a ruote semi-indipendenti sistema De Dion, trasmissione con trazione alle ruote posteriori, cambio a 4 rapporti+retromarcia ;dimensioni e peso: passo cm 265, lunghezza cm 437, larghezza cm 155, peso in ordine di marcia, rifornita, Kg 1220 circa; velocità max: Km/h 185; prezzo listino in Italia: Lire 2.822..000
  • Alfa Romeo 1900/C-SuperSprint-1954/55:
    motore: anteriore a 4 cilindri in linea di 1974,00 cm3, potenza 115 HP a 5500 giri, valvole in testa; carrozzeria: coupé 2 porte, 2 posti(più 2 “di fortuna”, per brevi tragitti), scocca portante, sospensioni anteriore a ruote indipendenti, sospensione posteriore a ponte rigido; trasmissione con trazione alle ruote posteriori, cambio a 5 rapporti+retromarcia ;dimensioni e peso: passo cm 250, lunghezza cm 447,5, larghezza cm 161, peso a vuoto, Kg 1000 circa; velocità max: Km/h 190;prezzo listino in Italia: Lire 3.210.000

A partire dal 1956, però, per volontà della nuova proprietà (Pesenti è di fatto subentrato alla famiglia Lancia) la B20 abbandona le velleità sportive e si imborghesisce, riducendo le prestazioni (110 CV, 176 km/h, poi incrementate a 112 CV e 180 km/h nel’57), mentre la 1900 Super Sprint, con una nuova livrea, mantiene intatto il carattere vivace fino alla fine produzione (il 1958, curiosamente lo stesso anno in cui anche la B20 cessa la sua vita). A titolo di curiosità, si può ancora aggiungere che i valori globali di produzione (dal 1951 al 1958) sono i seguenti: 3871 Aurelia B20 contro 1803 Alfa Romeo 1900 Sprint/Supersprint. Dunque, contrariamente a quanto accaduto per le berlina (dove il volume produttivo globale dell’Alfa è risultato sensibilmente superiore rispetto a quello dell’Aurelia, con 17334 pezzi contro 12786), la B20 ha “vinto” questo confronto numerico.

Altra “teorica” concorrente della B20 (e, quindi, dell’Alfa Romeo 1900 coupé) avrebbe potuto essere la 8 cilindri Fiat denominata “ottovu” ed uscita nel 1952. La Fiat però dedica scarsa attenzione a questa sua creatura, che viene prodotta in appena 114 esemplari (molti dei quali carrozzati da Zagato) e che in buona sostanza viene utilizzata quasi esclusivamente da piloti più o meno dilettanti, che la portano in gara ottenendo molto spesso ottime prestazioni e non di rado prevalendo sulle rivali Alfa Romeo e Lancia. In ogni caso, le 8V Fiat, il cui motore “2 litri” passa dai 105 CV del modelo iniziale ai 127 CV degli ultimi esemplari, ha ottime prestazioni velocistiche (da oltre 180 a 190-200 km/h) ed un prezzo che, al momento del lancio (primavera 1952), è fissato in Lire 2.850.000.

Rivali per categoria e cilindrata (ma certamente non per prezzo) possono essere considerate anche le contemporanee Ferrari da 2,3 litri (modelli 195) e da 2,5 litri (modelli 212), che naturalmente risultano assai più potenti (dai 130 CV della 195 Inter ai 170 Cv della 212 Inter) e veloci (180-220 km all’ora).I prezzi di vendita non sono però assolutamente confrontabili con quelli delle Lancia B20 e delle 1900 Alfa dal momento che risultano più o meno doppi (per fare qualche esempio, nel 1951 una 195 coupé Ghia ha un prezzo di 5.500.000 Lire, mentre l’anno dopo una 212 Export viene a costare 6.500.000 Lire).

Lancia Aurelia al debutto nei rally
Lancia Aurelia al debutto nei rally

Lancia Aurelia B20 e le competizioni

Le B20-2000 prima serie (1951)

La stagione delle grandi corse 1951 si inaugura il 1º aprile con il Giro di Sicilia, dove la Lancia fa esordire la nuovissima berlina B21 munita del motore da due litri: l’esordio è brillante (la vettura vince la sua classe e segna un tempo nettamente migliore rispetto a quello della prima tra le Alfa Romeo 1900, la rivale per eccellenza), al punto che la Casa, qualche giorno dopo, decide di creare un proprio “reparto corse” e di far debuttare alla Mille Miglia le nuove coupé B20, dotate del motore felicemente sperimentato sulla B21, ulteriormente potenziato.

Alla 18.esima Mille Miglia, svoltasi tra il 28 ed il 29 aprile, prendono parte quattro B20 “semi-ufficiali” (per la cronaca, tutte coupé realizzate dalla Pininfarina) contraddistinte dai numeri seguenti:

  • telaio 1005, motore 1007, numero di gara 315, affidata a “Ippocampo” (al secolo Umberto Castiglioni) (coequiper Arnaldo Mori)
  • telaio 1006, motore 1008, numero di gara 325, affidata a Lamberto Grolla (coequiper Luciano Monteferrario)
  • telaio 1010, motore 1009, numero di gara 332 (targa TO 119251) affidata a Giovanni Bracco (coequiper Umberto Maglioli)
  • telaio 1013, motore 1010, numero di gara 334, affidata a Luigi Valenzano (coequiper Luigi Maggio)

Queste quattro vetture “semi-ufficiali” si differenziano comunque da quelle di serie per un incremento della potenza (da 75 a 90 CV) e delle prestazioni (la velocità sale dai 160 km/h della serie a 170-180 km/h). Esteriormente, queste B20 (che in genere corrono prive di paraurti e di calotte corpiruota) si possono identificare abbastanza facilmente perché montano un tergicristallo supplementare.

Come si può leggere in Wikipedia alla voce “Lancia Aurelia/risultati sportivi”, la B20 di Bracco/Maglioli si piazza al secondo posto assoluto, alle spalle della Ferrari vittoriosa (piotata da Luigi Villorersi/Cassani), una macchina avente una cilindrata più che doppia (4,1 litri). Le altre B20 della Casa ottengono il 5°, il 7° ed il 16º posto nella graduatoria assoluta. Alla celebre durissima “24 ore” di Le Mans (23-24 giugno) prende il via, abbastanza a sorpresa, una B20, guidata da Giovanni Bracco e dal giornalista-gentlemen driver, Conte Giovanni Lurani; questa partecipazione nasce dal connubio di due “necessità” incrociate e complementari: da una parte il Conte Lurani, regolarmente iscritto alla grande corsa francese ma……..privo di una vettura efficiente, dall’altra la Lancia, che decide troppo tardi di partecipare con il valente Giovanni Bracco e non riesce ad iscriversi entro i termini imposti dal regolamento. L’inedita coppia fa una corsa stupenda e regolarissima e vince la classe fino a 2 litri ad oltre 132 km all’ora di media, classificandosi dodicesima assoluta.

Oltreché alla Mille Miglia ed a Le Mans, nel 1951 le “prima serie” B20 (non soltanto quelle semi-ufficiali ma anche quelle dei gentlemen privati) si aggiudicano quasi sempre la categoria di appartenenza (Gran Turismo) e spesso sovrastano vetture di cilindrata e “nome” superiori (Ferrari, Maserati). In questo stesso 1951, le B20-2 litri ottengono anche tre vittorie assolute (Coppa delle Dolomiti con Enrico Anselmi e “6 ore” di Pescara con Giovanni Bracco, più la Coppa delle Alpi dove la B20 di Roberto Piodi è prima anche se ex aequo con altri 9 concorrenti).

Le B20-2000 seconda serie (1952)

Dopo i successi del 1951, Gianni Lancia decide di potenziare il reparto corse, a capo del quale mette naturalmente Vittorio Jano, affiancato dai validi Ettore Zaccone Mina, Luigi Bosco, Francesco Faleo e Giuseppe Gillio, esperti rispettivamente per i settori motore, trasmissione, telaio, collaudi. Nei primi mesi del’52 vengono costruite sette B20 derivate dalla “seconda serie” ma profondamente modificate tanto meccanicamente quanto esteticamente. Il motore, munito di una speciale testata (con diametro valvole maggiorato) e di quattro carburatori (una coppia per ogni bancata di cilindri), eroga una potenza massima di 105-110 cavalli a 5.500 giri/minuto. Interessante la modifica apportata al cambio (ed effettuata dallo specialista Nardi) il cui comando è qui a leva centrale (cloche) anziché al volante. Anche la carrozzeria, alleggerita per il largo uso di alluminio e per l’impiego del plexiglas in luogo del vetro alla finestratura laterale, assume nuove forme e si presenta notevolmente abbassata, con una coda arrotondata (e priva del bagagliaio) che anticipa quella che sarà la caratteristica estetica saliente della futura Aurelia B20-2500. Meno pesante della serie precedente di quasi 100 chilogrammi, questa seconda serie “da corsa” ha notevoli doti di maneggevolezza e di accelerazione e può raggiungere i 190 km all’ora di velocità massima.

Le sette B20 uscite all’inizio del 1952 sono contraddistinte dai numeri di telaio dal 1505 al 1511 e dal numero di motore dal 1608 al 1614: pare anche che – forse per non “ufficializzare” l’impegno diretto della Casa – sei di queste vetture siano state immatricolate a nome dei piloti cui erano originariamente destinate. Ecco dunque i dati completi di queste sette macchine (nell’ordine: numero telaio, numero motore, targa, colore vettura, pilota assegnatario iniziale):

  • 1505, 1608, TO 129667, amaranto, Luigi Valenzano
  • 1506, 1609, MI 186996, amaranto, “Ippocampo” (al secolo Umberto Castiglioni)
  • 1507, 1610, MI 186992, verde, Felice Bonetto
  • 1508, 1611, TO 129666, celeste, Salvatore Ammendola
  • 1509, 1612, GE 59705, giallo, Enrico Anselmi
  • 1510, 1613, AN 16960, grigio, Luigi Fagioli
  • 1511, 1614, TO 138918, amaranto, nessun assegnatario in particolare.

Quasi certamente nel corso del 1952 vengono allestite altre B20 “competizione”: in ogni caso, tre B20, preparate per la partecipazione (a novembre) alla Carrera Messicana, vengono munite di compressore Roots, anche per far fronte all’elevata altitudine del percorso di gara (tra i 1800 ed i 3200 metri di quota). Il motore (un po’ fragile) di queste B20 sovralimentate arriva ad erogare 150 cavalli ad un regime prossimo ai 6000 giri al minuto e le vetture raggiungono così i 215 km orari. La partecipazione alla Carrera 1952 non si può definire troppo fortunata dal momento che due delle tre B20 sovralimentate sono costrette al ritiro: la terza superstite però (quella di Umberto Maglioli e Franco Bornigia) si piazza ad un brillante 4º posto assoluto che compensa in parte la delusione per i ritiri delle consorelle.

Volendo riepilogare i maggiori successi ottenuti da queste B20-seconda serie nel 1952, potremmo citare il Giro di Sicilia (2°,3º e 4º posto assoluti), la Mille Miglia (3°,5°,6° ed 8°), il Premio di Montecarlo (4° ed 8°), la 24 ore di Le Mans (6° ed 8°), la Targa Florio (1°,2° e 3°), la Coppa delle Dolomiti (4°,6°,8° e 9°) e la Carrera Messicana (4°).

Le B20-2500 (1953-54)

Nei primi mesi del 1953 esce la terza serie B20, caratterizzata soprattutto dall’incremento della cilindrata, da 2 litri a 2 litri e mezzo. Anche di questa “2 litri e mezzo” vengono subito allestiti alcuni esemplari da competizione. Le B20-2500 da competizione che risultano pronte a fine marzo sono in tutto otto: sei di esse sono nuovi modelli nati già col motore da 2,5 litri, mentre le altre due sono in realtà modelli della seconda serie costruiti a febbraio e pertanto muniti del motore da due litri, subito sostituito dal nuovo “due litri e mezzo”.

Questo l’elenco delle otto vetture, per le quali sono indicati, nell’ordine, il numero del telaio, quello del motore, la targa ed il colore.

  • 2076, 2200 (poi sostituito da un “2 litri e mezzo” dal numero ignoto), TO 142844, colore ignoto
  • 2077, 2201 (poi sostituito da un “2 litri e mezzo” dal numero ignoto), TO 142843, colore ignoto
  • 2247, 2501, TO143915, bicolore blu (corpo vettura) e avorio (padiglione)
  • 2252, 2502, TO143918, bicolore blu (corpo vettura) e avorio (padiglione)
  • 2254, 2503, TO143916, bicolore blu (corpo vettura) e avorio (padiglione)
  • 2268, 2504, TO143903, bicolore blu (corpo vettura) e avorio (padiglione)
  • 2273, 2505, TO143912, bicolore blu (corpo vettura) e avorio (padiglione)
  • 2283, 2506, TO143910, bicolore blu (corpo vettura) e avorio (padiglione)

I motori 2500 preparati dalla Casa sono accreditati di una potenza massima di 125-130 cavalli a 5500 giri; la carrozzeria delle sei vetture blu-avorio è assai simile a quella della terza serie B20 normale (ne differisce in pratica soltanto per il padiglione leggermente abbassato e per i finestrini laterali scorrevoli in perspex) e, seppur più leggera della vettura di serie, risulta appesantita di quasi un quintale rispetto alla precedente B20-corsa da 2 litri del 1952. La velocità massima raggiungibile dalla B20-corsa da 2,5 litri è superiore ai 200 km orari (si parla di punte di 205-207 km all’ora).

È molto probabile che siano stati allestiti ulteriori altri esemplari di B20 da 2,5 litri in versione “competizione” (ad esempio, i due apparsi alla Coppa Interuropa a Monza nel settembre 1953, affidati ad Eugenio Castellotti ed a Robert Manzon).

Le Aurelia 2500 “ufficiali” (o “semi-ufficiali” che siano) disputano una magnifica stagione 1953, anche se – dovendosi misurare con lo strapotere delle Ferrari e, talvolta, anche delle vetture “sport” messe in gara dalla stessa Lancia – solamente in quattro occasioni (Coppa della Toscana, Giro delle Calabrie, Liegi-Roma-Liegi e Stella Alpina) riescono ad aggiudicarsi la vittoria assoluta. Questi comunque i risultati (posizioni in graduatoria assoluta) nelle gare di maggior rilevanza: Giro di Sicilia (2°), Mille Miglia (7°,11° e 21°), Targa Florio (4° e 7°), Coppa della Toscana (1°,2° e 3°), Giro dell’Umbria (2°,3° e 6°), Coppa d’oro delle Dolomiti (6°,7° e 8°), Giro delle Calabrie (1°,2°,3° e 5°), Liegi-Roma-Liegi (1°,4°,5° e 6°), Stella Alpina (1°,2°,3° e 4°). Le 2500 “ufficiali” scendono ancora in gara nei primi mesi del 1954, aggiudicandosi il Rallye di Montecarlo, quello del Sestriere e la Coppa Mare e Monti, dopodiché in gara si vedranno praticamente soltanto B20-2500 iscritte da privati, sia pur elaborate efficacemente dagli specialisti del momento (Nardi, Volpini e Mori).

Le B20 Zagato (1953-55)

Per completare la storia delle Aurelia da competizione – ufficiali o semi-ufficiali che siano – non si possono dimenticare le tre vetture realizzate dalla carrozzeria milanese Zagato, specializzata in costruzioni leggere e aerodinamicamente profilate. Questi tre esemplari – dalla linea molto simile a quella delle contemporanee Fiat 8V Zagato – vengono realizzati su meccanica della B20 terza serie e sono certamente destinati ad un impiego agonistico, anche se non risulta un coinvolgimento diretto della Casa madre in questo progetto. La prima B20 Zagato viene ultimata nel mese di maggio 1953, viene immatricolata a nome della Ditta Bocca di Biella con il numero di targa VC 30694 e viene poi impiegata in corsa dal pilota Plinio Bona. La seconda B20 Zagato viene ultimata a giugno ed immatricolata (TO 148904) a nome del cognato di Gianni Lancia, Ferdinando Gatta, che la impiegherà in gara pilotandola personalmente. La terza ed ultima delle Zagato B20 viene ultimata in luglio ed immatricolata (FI 65868) a nome di Arturo Luconi di Prato. Come si potrà evincere scorrendo la lista dei risultati sportivi, delle tre B20 Zagato, quella che otterrà i migliori risultati sarà la vettura di Ferdinando Gatta, che gareggerà (fino al 1955) in ambito nazionale.

Curiosità: motori da Formula 2

Alla fine del 1951, a seguito del ritiro dalle corse di Formula 1 dell’Alfa Romeo (e della Talbot) viene a mancare il numero minimo di concorrenti indispensabile per disputare un Gran Premio, per cui la Federazione Internazionale dell’Automobile si vede costretta a ripiegare su vetture di formula inferiore: nel biennio 1952-1953 i Gran Premi Internazionali ed il relativo Campionato del Mondo Conduttori vengono dunque disputati con il regolamento della Formula Due, che prevede motori aspirati con cilindrata massima di due litri oppure motori sovralimentati (cioè muniti di compressore) di cilindrata fino a 500 cm3.

Questa situazione induce Enrico Nardi, un gentlemen-pilota che è al tempo stesso titolare della omonima Azienda specializzata in elaborazioni meccaniche e che collabora con la Lancia anche elaborando i motori Aurelia, a tentare addirittura una carta impegnativa e rischiosa: costruire una monoposto di Formula Due basata sul motore e sulla meccanica in genere della Lancia Aurelia.

La caratteristica più innovativa della vettura è data dal posizionamento centrale-posteriore del motore (che è ovviamente un Lancia Aurelia da 2 litri, modificato). In origine questo motore fornisce una potenza di appena 110 CV, ma grazie a successive modifiche (e l’adozione di quattro carburatori Weber) i cavalli diventano 140. I radiatori dell’acqua e dell’olio sono posti anteriormente, l’uno sopra l’altro. L’autotelaio, a traliccio di tubi, molto leggero (meno di 50 kg) si distingue per il fatto che le parti meccaniche sono praticamente “appese” ad esso piuttosto che “appoggiate” (come accade nella norma), tanto che nella parte superiore il traliccio ha tubi di diametro maggiore.

Alla metà degli anni’50, il modenese Marino Brandoli realizza due vetture da competizione basate sulla meccanica Lancia Aurelia 2500: una “sport” e, addirittura, una Formula Uno. Entrambe disputano con onore qualche gara. Al Gran Premio di Napoli svoltosi il 28 aprile 1957 a Posillipo, lo stesso Marino Brandoli partecipa con questa sua artigianale F1 ottenendo una onorevole quinta fila dello schieramento: in corsa, é costretto al ritiro nel corso del 10º giro per problemi all’impianto di raffreddamento. Ingrandendo l’immagine a lato riprodotta, è possibile riconoscere la monoposto di Brandoli anche dalla vistosa presa d’aria sul cofano.

Le Aurelia scendono in gara

L’Aurelia è il primo modello Lancia ad ottenere grossi successi sportivi anche a livello internazionale. Le qualità velocistiche si sono rivelate sin dalle prime uscite in corsa, quando a gareggiare è stata la “pacifica” berlina B10 (con motore di cilindrata da 1 litro e 3/4), ma il salto di qualità avviene l’anno dopo, nel 1951, quando esce la B20 coupé da 2 litri e quando anche la berlina può essere dotata del motore maggiorato (modello B21).

Il 1951 vede dunque scendere in campo, accanto alle berlina B21, un nugolo di coupé del nuovo tipo B20, che subito mettono in mostra notevoli doti di maneggevolezza e velocità affermandosi nelle più importanti corse su strada (Mille Miglia in primis) ma anche su pista (Le Mans). La stessa Lancia, in prima persona, allestisce alcune B20 speciali, partecipando in veste semi-ufficiale alle maggiori gare internazionali. Lo stesso accade nel 1952 (con la B20-2000 seconda serie) e nel 1953 (con la nuova B20-2500) anno in cui però la Casa torinese dedica le sue attenzioni ai modelli più prettamente corsaioli (D20, D23, D24) “abbandonando” le B20, che però avranno lunga e gloriosa vita sportiva grazie ai privati che la porteranno in gara sino ai primi anni’60.

Come si può evincere dalle tabelle, le Aurelia hanno gareggiato tanto nella categoria Turismo quanto nella Gran Turismo o nella Sport: ciò in funzione dei regolamenti via via succedutisi, del modello (berlina B10/B21/B22 oppure coupé B20-2000/B20-2500 oppure B24 spider) e dell’eventuale grado di “preparazione/elaborazione” della singola vettura.

Prove su strada

B20 prima serie (1951)

Non risulta che, all’epoca della loro presenza sul mercato, le Aurelia B20 con motore due litri siano state sottoposte ad alcuna “prova su strada”. Abbiamo notizia soltanto del “test” cui, nel 1988, la celebre rivista italiana d’auto d’epoca “Ruoteclassiche” ha sottoposto una B20 del 1951, quindi della prima serie. La prova è eseguita nel 1988, quindi su una vettura che, pur riportata agli antichi splendori, non è più “nuova” e, pensiamo, deve essere trattata con attenzione, quindi con dolcezza. Ne consegue che i valori delle prestazioni rilevate devono tener conto di questi fattori. Ecco comunque i rilevamenti più interessanti, riportati nel fascicolo numero 5 del febbraio 1988 della già citata rivista “Ruoteclassiche”.

  • velocità massima: Km/h 151,100.
  • velocità massime nelle varie marce: 52 km/h in prima, 81 km/h in seconda, 119 km/h in terza.
  • quarto di miglio (400 metri) da fermo, in 20,63”.
  • accelerazione: 1 chilometro con partenza da fermo: 38,26” (media Km/h 94,093).
  • accelerezione, da fermo a 80 km/h= 11,36”.
  • accelerazione, da fermo a 100 km/h=17,43”.
  • accelerazione, da fermo a 120 km/h=27,69”.
  • accelerazione, da fermo a 140 km/h=43,85”.
  • ripresa, in quarta, da 70 a 100 km/h=12,35”.
  • ripresa, in quarta, da 100 a 130 km/h=17,14”.

B20 quarta serie (1954)

Una sola “testata” (The Autocar) si occupa della B20 quarta serie (1954). Nell’agosto del 1954 la celebre ed autorevole rivista inglese “The Autocar” pubblica il resoconto di una breve prova su strada effettuata al volante di una B20-2500 della quarta serie. Dalle tabelle pubblicate a corredo del test, contenenti i dati misurati, si evincono queste prestazioni “effettive”:

  • velocità massima Km/h 179,44 (valore medio), Km/h 180,250 (valore massimo).
  • accelerazione, da fermo a 80 km/h=8,4”.
  • accelerazione, da fermo a 100 km/h=12,5”.
  • accelerazione, da fermo a 130 km/h=22,3”.
  • accelerazione, da fermo a 160 km/h=44,6”.
  • un quarto di miglio, da fermo, in 19,1”.
  • ripresa, in quarta, da 30 a 65 km/h, in 12”.
  • ripresa, in quarta, da 65 a 100 km/h, in 13”.
  • ripresa, in quarta, da 100 a 130 km/h, in 12,5”.
  • ripresa, in quarta, da 100 a 160 km/h, in 34,5”.
  • consumo medio riscontrato durante il test (500 km circa): 14,9 litri ogni 100 km (6,71 km/litro).

B20 sesta serie (1957-58)

Si ha notizia di quattro distinte “prove su strada” riferite ad una B20-2500 dell’ultima serie. La prima appare sulla celebre rivista italiana “Quattrouote” nel suo numero del giugno 1957, la seconda è di “Auto Italiana Sport” (da poco acquistata dalla Editoriale Domus, quindi “cugina” di Quattroruote) nel numero 11 del 20 settembre 1957, la terza appare sulla rivista “The Autocar” (8 novembre 1957), mentre la quarta ed ultima riguarda una B20 di fine produzione (1958) che però è stata sottoposta a prova dalla rivista “Ruoteclassiche” ben 35 anni dopo.