Rolls Royce da rally: dalla Silver Shadow alla Corniche
Eleganti vetture abituate a sfilare placidamente in autostrada o lungo i boulevard più rinomati. Le bandierine di rappresentanza sventolano sui parafanghi, chauffeur e segretari si avvicendano tra ambasciate e consolati, ma quando a sventolare è la bandiera a scacchi, la situazione cambia, e le placide ammiraglie sfrecciano e vincono…
All’inizio degli anni sessanta la Silver Cloud, ancora molto apprezzata dalla facoltosa clientela del marchio britannico, iniziava a sentire, sia a livello estetico che tecnico, il peso degli anni. Occorreva un nuovo modello in grado di riportare la casa di Crewe ad un livello consono al proprio blasone. Sotto questi auspici nacque la Silver Shadow, prima Rolls-Royce con telaio monoscocca (la Cloud aveva ancora il telaio separato). L’adozione della scocca portante (soluzione utilizzata dalla maggior parte dei costruttori europei sin dai primi anni cinquanta) consentiva un maggiore rigidità torsionale del veicolo a prezzo di un comfort inferiore (a causa del minor isolamento del corpo vettura dalle asperità dei fondi stradali).
Per questo i tecnici inglesi, nello sviluppare il progetto, posero grande attenzione alle sospensioni: oltre a scegliere un moderno schema a ruote indipendenti (sia davanti che dietro), curarono particolarmente il “filtraggio” degli scuotimenti, attraverso l’applicazione di elementi elastici in gomma e l’impiego di un sistema autolivellante idropneumatico (basato su brevetti Citroën) su entrambi gli assi. Gli altri organi meccanici della Silver Shadow, lanciata nel 1965, erano ripresi dalla terza serie della Silver Cloud, a partire dal poderoso motore V8 di 6230 cm³, che, alimentato con 2 carburatori SU HD 8, erogava una potenza di 200 cv (SAE) potenza stimata e collegato alle ruote posteriori attraverso un cambio automatico con comando al volante, Borg-Warner a 4 rapporti per le versioni con guida a destra e General Motors “GM 400” a 3 per quelle con guida a sinistra.
Una plancia contenente più legname, pardon “radica di noce”, di una credenza in stile vittoriano non è esattamente ciò che ci si aspetta nel cockpit di un’auto da corsa… Eppure, curiosando tra i piazzamenti di alcuni tra i rally più prestigiosi e impegnativi, spuntano i nomi di alcune outsider: eleganti vetture abituate a sfilare placidamente in autostrada o lungo i boulevard più rinomati. Le bandierine di rappresentanza sventolano sui parafanghi, chauffeur e segretari si avvicendano tra ambasciate e consolati, ma quando a sventolare è la bandiera a scacchi, la situazione cambia, e le placide ammiraglie sfrecciano e vincono, in barba a ogni pronostico. Citroen DS (e ID), Lancia Flavia e Aurelia, o ancora Mercedes-Benz 220 e 300SE, se non modelli ancora più imponenti e costosi come le varie Rolls-Roye Silver Cloud, Silver Seraph e Corniche. Nate per scommessa, assecondando i capricci di eccentrici gentlemen drivers o di ingegneri visionari, si affermarono in alcune delle competizioni più impegnative del motorsport.
Perché gareggiare su vetture scomode e spartane come gli altri comuni mortali? I più eccentrici tra i gentlemen drivers non scendevano a compromessi, nemmeno quando si trattava di imbrattarsi tra fanghiglia, fogliame o sabbia desertica: desideravano il meglio, anche in corsa, e anche a rischio di danneggiare la costosa carrozzeria. Le maestose Rolls-Royce vestivano gli “stivali” pesanti e si preparano ai raid più impegnativi, l’esito talvolta sfiora il tragicomico, ma l’aplomb e un po’ dello humor, tipicamente inglesi, aggiungono fascino agli aneddoti su queste imprese. La Silver Shadow è la più costosa e pesante vettura a prendere parte alla massacrante Londra-Città del Messico, un percorso di 25 mila chilometri svoltosi in occasione dei Mondiali di Messico ’70 patrocinato dal Daily Mirror. Un record che forse è stato battuto dalla gloriosa Bentley 8 Litre, ribaltatasi durante la London-Sydney dopo aver provocato il cedimento di una strada in Egitto…
La Silver Shadow era spinta da un motore V8 da 6230 cc, modificato per l’occasione in modo da avere un rapporto di compressione inferiore; invece, due nolder convogliano gli scarichi verso la parte alta della vettura, utili per affrontare i guadi più profondi. Due anche i serbatoi, a garanzia dell’approvvigionamento di idrocarburi per la vorace ammiraglia: 240 litri in totale. L’assetto è rialzato e in nome di un rinnovato imperialismo che spinge la Silver Shadow a nuove conquiste (agonistiche), qui viene indicato come “Rolls-Royce Colonial”; tutto questo non bastò per assicurare il buon esito della corsa… Ma non è l’unica volta in cui una Rolls-Royce si cimenta in una competizione simile. La partenza è sempre la stessa, Londra: da qui, le regali vetture partono verso gli angoli più remoti del Commonwealth toccando l’Africa (Cape Town) e l’Oceania (Sydney) passando per Singapore.
Una Silver Shadow in “Athenian Blue” ad esempio partecipa all’edizione 1977 del Londra- Cape Town. All’interno i sedili avvolgenti sostituiscono le grandi poltrone in pelle mentre il divano posteriore lascia posto alla ruota di scorta, che ancorata con un grande gallettone può ancora specchiarsi nei “Vanity Mirrors” posteriori. Parte dei rivestimenti in pelle viene sostituito da semplici piastre d’alluminio, ma c’è sempre un’occhio di riguardo per gli inserti in legno: rimangono al loro posto a rimarcare l’eleganza dell ’atmosfera a bordo. E che dire poi delle Silver Cloud?
Nel 2014 Alaister Caldwell e sua madre Dorothy (97 anni, record mondiale di anzianità per un navigatore) gareggiano al “Road to Mandalay” in Myanmar con una preziosa Silver Cloud III del 1963, già protagonista di una traversata da New York all’Alaska… Giunta 5° assoluta e prima in categoria.

In questa sfilata di modelli non può mancare la Corniche Coupè “Jules”, sponsorizzata da Christian Dior, che nel 1981 partecipa alla Parigi-Dakar. Era nata come una (costosa) scommessa di Jean-Christophe Pelletier, che affiderà il timone al famoso pilota Thierry de Montcorgé, la vettura si rivelò inaspettatamente competitiva. In realtà della nobile coupé britannica viene conservata solamente la scocca e parte della plancia con gli irrinunciabili inserti in legno. La meccanica, con cambio e trasmissione vengono presi in prestito dalla Toyota Land Cruiser, mentre la propulsione viene affidata a un poderoso V8 da 5.7 litri Chevrolet.
Il telaio tubolare, invece è realizzato ad hoc, a conclusione di un progetto che porta la firma di Michel Mokrycki e Montcorgè. L’auto pesava 1400 kg, quasi 800 in meno rispetto al modello originario. Così preparata, la “Corniche”, raggiunge la 13° posizione assoluta, ma un problema allo sterzo fu causa di un incidente. La riparazione con un intervento non ammesso, decretò la squalifica immediata della Rolls-Royce. A distanza di quasi 40 anni, la partecipazione della “Jules” alla Paris-Dakar ’81 fa ancora scalpore, non solo per l’auto in sé: pare che per farle ultimare la corsa (come non classificata), Christian Dior abbia provveduto ad una sostanziosa fornitura di Champagne per l’intero evento…