Renault 19 16S Gruppo A: nata per esigenze turche
Questa Gruppo A fatta dalla casa (motore numero 16P3834 ) fu affidata a Nejat Avci, pilota di Renault Sport Turchia, e disputò diverse gare del Campionato Turco Rally e in parallelo diverse gare del Campionato Europeo, soprattutto in Bulgaria e Grecia, negli anni che vanno dal 1994 al 1997.
La storia della Renault 19 16S Gruppo A ha inizio nel 1992 quando Renault Sport France affida a Philippe Vernier una Renault 19 1.6S Gruppo A. Aveva una meccanica identica a quella della Clio Gruppo A e condivideva anche alcune componenti con la R11. Nel 1994, quindi due anni dopo, Renault Turchia chiese a Renault Sport France di produrre una Renault 19 1.6S Gruppo A e diversi gruppi N per contribuire alla diffusione di questo modello in Turchia, dal momento che la nuova Clio non aveva attecchito sul grande pubblico come invece la R19 (gli impianti turchi di Mais e Oyak fabbricavano anche molte delle Renault 19 vendute in Europa).
Questa Gruppo A fatta dalla casa (motore numero 16P3834 ) fu affidata a Nejat Avci (nella foto Jan Marek), pilota di Renault Sport Turchia, e disputò diverse gare del Campionato Turco Rally e in parallelo diverse gare del Campionato Europeo, soprattutto in Bulgaria e Grecia, negli anni che vanno dal 1994 al 1997. L’unità 16P3834, ha corso con i colori di Renault Sport Turchia fino al 1997, ricevendo in quel periodo tutte le evoluzioni che Renault Sport France stava implementando sulla Clio Gruppo A e sulla Clio Maxi, fino ai collettori di scarico.
Durante le stagioni comprese tra il 1995 e il 1997 il pilota Nejat Avci ha disputato il Campionato Europeo Rally alternandola alla Renault Mégane Maxi nei rally su asfalto. Con la Renault 19 16S Gruppo A (16P3834) correva solo su terra, (secondo posto del Campionato Europeo nella categoria F2 nel 1995 e primo posto nelle stagioni 1996 e 1997 nella stessa categoria F2).
Successivamente la vettura passa nelle mani del team privato Pegasus Racing, dove rimane fino a quando non viene comprata da un collezionista spagnolo nel 2017. L’importazione del veicolo è stata molto complicata e lunga e ha costretto l’attuale proprietario a prendere residenza a Istanbul per fare il passaggio in Turchia. Era l’unico metodo per portarla fuori dal Paese.
Una volta che l’auto è arriva in Spagna è iniziato il processo di restauro, l’auto aveva corso innumerevoli rally su terra e così la carrozzeria e molti elementi meccanici erano usurati e rovinati. Per il restauro ogni componente meccanica è stata smontata fino all’ultima vite e si è cercato di recuperare componenti originali quanto più possibile, utilizzando foto dell’epoca e manuali di Renault Sport.
Ci sono solo 3 vetture di questo modello nella versione 16S Gruppo A prodotte da Renault Sport e una in versione Chamade con specifiche Gruppo N. Quella realizzata per Renault France (7591 SM 59), di cui fino ad ora non avevamo parlato, fu guidata da Philippe Vernier e successivamente da Yves Sarrazin e persino da Philippe Bugalski in diversi rally del campionato francese già in configurazione “Fase 2”. Successivamente passò tra le mani di Eddy Lemaitre, che esteticamente la trasformò in una Maxi. Anni dopo fu unita alla collezione Renault a Flins, dove si trova con la sua livrea originale.
Storia del modello di serie della R19
Il progetto X53 destinato a dare i natali alla 19 fu avviato nel 1983, poco dopo il lancio commerciale della Renault 11, quest’ultima una vettura chiamata a sostituire la poco apprezzata Renault 14 e ad affiancare la “sorella” R9, caratterizzata da una classica linea a 3 volumi. In realtà, sia la Renault 9 che la Renault 11, pur riscuotendo maggiori consensi della 14, non raggiunsero i numeri di vendita sperati e quindi ottennero un successo solo parziale, andando così ad aggiungersi alle varie cause che negli anni ottanta fecero piombare la Régie in una profonda crisi economica.
I motivi di tale crisi furono, come già detto, svariati: i notevoli investimenti della Casa francese per sfondare nel mercato statunitense, investimenti che diedero luogo solo a perdite finanziarie; una gamma piuttosto vecchia (la Renault 30 aveva già 9 anni nel 1984, anche se era quasi pronta la sua sostituta, la Renault 20 ne aveva 8, la R5 risaliva al 1972 e la R4 addirittura al 1961); inoltre, la qualità percepita dal pubblico non era ancora a livelli elevati e ciò si ripercosse sui numeri di vendita. Come risultato si ebbe un crollo della fetta di mercato della Renault in Europa, fetta che scese dal 15% all’11%, causando un deficit di ben 12 miliardi di franchi. Il culmine si raggiunse nel 1985 con le dimissioni dell’allora presidente Bernard Hanon, al posto del quale sarebbe giunto Georges Besse, che riuscì a ridurre le perdite a 5.5 miliardi di franchi, ma che già l’anno seguente sarebbe stato ucciso sotto casa in un attentato. Al suo posto sarebbe poi arrivato Raymond Lévy.
Il progetto X53 si sviluppò in questo clima molto difficile per la Renault: tale progetto, condiviso ed accettato dai tre presidenti Renault succedutisi a metà anni ’80, doveva portare ad una vettura qualitativamente ben superiore rispetto alle R9 ed R11 che andava a sostituire e paragonabile piuttosto alle tedesche che non alle francesi prodotte in quegli anni. Come punto di riferimento vennero prese le Mercedes-Benz, ma anche un best seller come la Volkswagen Golf, che la vettura nata dal progetto X53 era chiamata a fronteggiare. Raymond Lévy picchiò molto sul tasto della qualità e all’inizio del suo incarico come presidente dichiarò fermamente: “Io non so se la Volkswagen è gestita meglio della Renault, ma so per certo che una vettura come la Golf si vende bene grazie alla reputazione dovuta alla sua qualità”. Come corollario a tale affermazione nominò Pierre Jocou come responsabile del controllo qualità. La vettura a quel punto era quasi pronta e mancava veramente poco al suo lancio, ma Lévy decise di ritardare tale evento per effettuare ancora numerosi controlli di qualità. Tra gli altri requisiti richiesti dai vertici Renault al momento dell’avvio del progetto X53 vi furono anche quelli inerenti alle doti di dinamicità, robustezza, affidabilità, e spaziosità dell’abitacolo.
I test dei prototipi furono numerosi: ben 7.5 milioni di chilometri furono percorsi dai “muletti” X53 per testare la meccanica anche in condizioni estreme e poterne valutare l’effettiva affidabilità. Per quanto riguarda i componenti, ogni singola parte fu progettata e realizzata con l’aiuto della progettazione assistita da computer (che in quegli anni era quasi una novità) e con macchine a controllo numerico.
La produzione fu avviata nel maggio del 1988, ma la presentazione e la successiva commercializzazione avvennero solo a partire dal 5 settembre in Francia. Entro la fine dell’anno la commercializzazione venne estesa a tutti gli altri Paesi europei. Per meglio sollecitare l’interesse della clientela, il prezzo fu del 10% inferiore rispetto alla R11 uscente. Tale possibilità fu offerta da una strategia produttiva tesa a ridurre i tempi di produzione della vettura: l’assemblaggio di ogni esemplare di 19 richiedeva infatti 18 ore di lavoro, contro le 20 previste per un R11 e le 25 previste negli anni precedenti per una R14.
Va detto che la 19 non brillava certo per l’originalità delle sue linee, ma di certo risultava più moderna rispetto ai modelli che andava a sostituire. La linea, disegnata in collaborazione con la Italdesign di Giorgetto Giugiaro, era del tipo a due volumi e mezzo, simile nell’impostazione a quella della R11, rispetto alla quale la 19 risultava però più aerodinamica grazie al lavoro di affinamento delle linee, ed in particolare del frontale, caratterizzato da una calandra praticamente assente e sostituita dal prolungamento del cofano motore, quest’ultimo piuttosto spiovente.
Di semplice disegno anche i fari anteriori di forma rettangolare. L’estrema linearità del frontale ha permesso il raggiungimento di un Cx pari a 0.30. Il paraurti avvolgente (sempre per esigenze di aerodinamica) con presa d’aria integrata portava un tocco di grinta alla vista della parte anteriore della vettura. La fiancata, anch’essa semplice e lineare mostrava una linea di cintura non molto alta, il che rendeva più agile il corpo vettura, mentre la coda, piuttosto sviluppata in altezza, era caratterizzata dall’ampio portellone dotato di un piccolo spoiler integrato e da gruppi ottici quadrati. Anche il paraurti posteriore aveva un disegno avvolgente.