Rallye Sanremo 1986: un appassionato ricorda
Finita la PS torniamo giù, mio padre con un sorriso stampato esclama “abbiamo fatto bene a venire” ed io sono in estasi al punto che farò fatica a dormire quella notte. Il nostro sport è un qualcosa di meraviglioso, è cambiato, come è cambiata la società e forse certi valori, ma sono convinto che la fuori in qualche PS ci sia un altro padre con un altro ragazzino dagli occhi lucidi e colpi di passione.
di Emanuele Zantedeschi
Rally di Sanremo 1986. Allora ero un ragazzino di 14 anni pieno di passione, lo sono ancor oggi, che viveva a metà strada far due gare del mondiale rally, il Sanremo appunto ed il famosissimo Montecarlo. Fra mio zio cronomestrista ed i riordini fatti a 100 metri da casa mia, fin da bambino sono cresciuto con il desiderio di “respirare” quanto piu possibile la passione per il nostro amato sport.
Ricordo che quell’anno ci fu la diatriba che poi finì a carte bollate fra Peugeot e Lancia, per via delle teorizzate e famigerate minigonne montate sulle auto francesi, che portò le stesse ad essere escluse dall’ultima notte di gara. Dopo aver praticamente assillato mio padre, riesco a farmi portare sulla PS Apricale-Perinaldo, arrivando però a isolabona, ci accorgiamo che la strada è già chiusa da lì.
Vedo mio padre titubante, che reduce da 10 ore di lavoro da artigiano, giustamente storce il naso nel dover fare i 4 chilometri di salita che portano ad inizio PS. Per amore del proprio figlio, mi accontenta e ci incamminiamo con altre centinaia di persone, italiani fieri di una possibile tripletta e francesi arrabbiati per l’esclusione delle loro vetture. I toni si scaldano e da goliardici diventano in certi casi offese vere e proprie. Io ascolto, ma ho solo il desiderio di respirare un po’ di quella gara, che già allora ero convinto che mi potesse rimanere fra i ricordi più belli.
Arriviamo ad inzio PS e vedo una Delta S4 (solo decenni dopo, con l’avvento di internet e facendo una lunga ricerca, scopro essere guidata in quella occasione da Rostagno, pilota e collaudatore e in quel frangente ricognitore). Me la mangio con gli occhi, un tizio con maglia Martini dice all’ ‘equipaggio di salire piano. Intanto, i miei occhi sono lucidi, mio padre guardandomi si intenerisce e mi fa una carezza sulla testa.
Saliamo lungo la strada per prendere la posizione, il buio è arrivato e l’atmosfera è semplicemente stupenda. Sento le auto che in trasferimento scendono da Perinaldo, vanno giù – già forte – e mi viene la pelle d’oca a vedere quelle luci che fra i monti sembrano delle lame di spade impazzite. Mio padre sembra coinvolto ed insieme aspettiamo il passaggio. Passano le Lancia e giuro che ancor oggi ho le immagini, i suoni e gli odori ben limpidi nella mia memoria.
Ricordo inoltre di aver detto e deciso in quel momento che un giorno avrei corso pure io. Finita la PS torniamo giù, mio padre con un sorriso stampato esclama “abbiamo fatto bene a venire” ed io sono in estasi al punto che farò fatica a dormire quella notte. Il nostro sport è un qualcosa di meraviglioso, è cambiato, come è cambiata la società e forse certi valori, ma sono convinto che la fuori in qualche PS ci sia un altro padre con un altro ragazzino dagli occhi lucidi e colpi di passione.