Rally Valle d’Aosta: la storia che (non) doveva essere interrotta
Celesia e Bettanin (nove volte il primo, sei il secondo) hanno fatto incetta anche di Coppe Basali, il trofeo che ogni anno premia il miglior driver valdostano. Nell’albo d’oro hanno scritto il loro nome anche Fabrizio Tabaton, che nel 2004 ci ha riprovato con una Punto Super 1600, concludendo anzitempo la gara dopo aver picchiato sulla seconda prova speciale, e Franco Cunico, talento dalla carriera lunghissima e ricca di titoli.
Nei 35 anni della sua storia le strade del Valle d’Aosta sono state teatro di sfide, prima sulla neve di inizio inverno, poi sull’asfalto (spesso bagnato) di primavera. I nomi che hanno animato queste battaglie a colpi di controsterzi e frenate al limite sono di assoluto valore, e non mancano nemmeno i campioni del mondo. Uno è quel Miki Biasion, terzo nel 1983 a bordo di una Lancia Rally 037, quando si affacciava alla ribalta internazionale una nutrita pattuglia di piloti italiani dal talento cristallino.
L’altro è il “Drago” Sandro Munari, vincitore nel 1977, all’apice della carriera e in perfetta simbiosi con la Lancia Stratos. In questo panorama i piloti e i navigatori valdostani hanno sempre saputo ritagliarsi uno spazio al sole, non solo nelle classifiche riservate agli equipaggi locali, ma anche con due vittorie assolute (Remo Celesia nel 1985 e nel 1988) e sfiorando in altrettante occasioni il gradino più alto del podio con Roberto Bettanin, nel 1989 e nel 1992.
Celesia e Bettanin (nove volte il primo, sei il secondo) hanno fatto incetta anche di Coppe Basali, il trofeo che ogni anno premia il miglior driver valdostano. Nell’albo d’oro hanno scritto il loro nome anche Fabrizio Tabaton, che nel 2004 ci ha riprovato con una Punto Super 1600, concludendo anzitempo la gara dopo aver picchiato sulla seconda prova speciale, e Franco Cunico, talento dalla carriera lunghissima e ricca di titoli.
Andando più indietro nel tempo bisogna ricordare Attilio Bettega, che sulle strade del Valle ha vinto tre volte. Il compianto campione, morto nel 1985 nel rally mondiale della Corsica, fu protagonista a bordo della 131 Abarth e della Lancia Stratos. Si arrese solo nel 1981 allo strapotere delle quattro ruote motrici dell’Audi Quattro, casa che in quegli anni cambiò la filosofia dei rally. A guidarla c’era una giovane promessa: Michele Cinotto.
Nel 1986 ci fu la sfida più bella, quella che decise il titolo italiano assoluto. Erano gli ultimi fuochi delle Gruppo B, già cancellate dalla federazione internazionale per la loro pericolosità. Sulle strade di tutti i giorni schizzavano mostri da cinque¬ cento cavalli, motori turbo e trazione integrale, e in quella edizione la lotta per il Tricolore era tra Dario Cerrato, su Lancia Delta S4, e Andrea Zanussi, a bordo di una Peugeot 205 Turbo 16.
La casa francese, con un’azione di disturbo, aveva iscritto anche Bruno Saby, pilota ufficiale nel mondiale, che però non riuscì mai a impensierire i due contendenti. Cerrato e Zanussi se la giocarono sul filo dei secondi fino al secondo passaggio della prova di La Salle, quando il pilota della Peugeot, in testa alla gara, fu protagonista di una brutta uscita di strada, qualcuno dice “aiutata” da un chiodo raccolto lungo la strada.
Finì con Cerrato campione italiano, e il gradino più basso del podio conquistato da un equipaggio valdostano, formato da Andrea Betti e Ettore Viérin. Gli anni ’90 sono stati segnati dallo strapotere della Lancia Delta HF. Poi c’è stata l’epoca delle due litri a due ruote motrici, con le vittorie di Renato Travaglia e della Peugeot. Gli ultimi anni sono stati terreno di conquista delle WRC, le vetture turbo a quattro ruote motrici che si contendono il mondiale. Fino alla vittoria ottenuta nel 2004 dal duo Felice Re e Mara Bariani, che nel 2005 ci riprovano a bordo della Ford Focus WRC.
Non possono immaginare, tantomeno sapere il destino cosa ha in serbo il destino per quella che sarà a lungo l’ultima edizione del Rally Valle d’Aosta. Ma la passione e la volontà degli organizzatori ha la meglio e si risveglia nel 2022, dopo 17 lunghissimi anni di silenzio. Silenzio nostalgico tra gli appassionati. Silenzio doloroso tra gli organizzatori.