Quella volta che la ”base” fece cambiare idea alla CSAI
La querelle con la CSAI andrà avanti per alcune settimane e le numerose cartoline arrivate in via Solferino, unitamente all’incalzare sul tema di Marcello Sabbatini, Carlo Cavicchi e Lino Ceccarelli, il presidente sarà costretto ad una clamorosa marcia indietro. Oggi come allora, il futuro è nelle nostre mani.
Sono le 16:45 del 12 novembre 1976 quando presso la sede di Milano della CSAI iniziano i lavori della Commissione Sportiva. Uno dei primi argomenti all’ordine del giorno riguarda proprio i Rally e con un atto di inattesa violenza politica, prendendo in contropiede la stessa Sotto Commissione Rally, l’ingegnere Alberto Rogano, presidente della CSAI, emana il suo diktat. Se si vuol correre nei Rally nel 1977, si devono rispettare le seguenti clausole.
- Percorsi solo sterrati per contenere la velocità media.
- Prove Speciali con guardrail su ogni curva esposta ed allestimento con i criteri delle cronoscalate.
- Commissari a vista.
- Estintori e Cassette di pronto soccorso ogni 5 chilometri.
- Collaudo percorso a cura della sottocommissione circuiti e sicurezza.
Di fatto, con queste regole, diventa impossibile organizzare un Rally.
Facciamo un passo indietro
Ora facciamo un passo indietro e tuffiamoci negli anni Settanta per inquadrare bene il contesto. Sebbene nel Motorsport siano stati fatti passi avanti enormi per quanto riguarda la sicurezza attiva e passiva, c’è ancora una parola che mette i brividi: Fuoco. Sono ancora ben impresse nella mente di tutti gli appassionati e non solo, le immagini del GP d’Olanda del 1973, quando David Purley, unico tra i piloti in gara, arresta la sua corsa per cercare di ribaltare la March di Roger Willamson mentre brucia con il pilota impossibilitato ad uscire dall’abitacolo.
Una tragedia che mostra l’importanza della tuta ignifuga indossata da David e non dai commissari che pertanto non riuscivano ad avvicinarsi a causa del calore. Una morte evitabile e che porterà la F.1 ed i costruttori a lavorare duramente per ridurre il rischio di fuoco.
Un rischio presente ancora oggi e che nel 1976, dopo gli episodi di Lauda al Nurburgring, Coggiola al Giro d’Italia e la morte del navigatore Angelo Garzoglio, uscito con le sue gambe dal rogo della Stratos condotta da Mauro Pregliasco, e deceduto qualche settimana dopo, il problema è molto sentito anche dall’opinione pubblica.
Ma perché questo accanimento contro i Rally? Non prendono fuoco anche le auto in pista o nelle cronoscalate? Perché allora non vietare tutte le competizioni Automobilistiche?
Si fa carico della risposta a questa domanda il direttore di Autosprint, Marcello Sabbatini che in un articolo a tre colonne, scritto senza peli sulla lingua e senza paura alcuna, individua le cause in una mancanza di voglia di risolvere problemi da parte della CSAI, per cui se una cosa presenta soluzioni difficili, meglio eliminare il problema alla radice.
È difficile risolvere questo problema nei Rally? Invece che imporre l’obbligo dei nuovi serbatoi di sicurezza anti fiamma,
si eliminano i Rally. A questo suo j’accuse fa seguito l’invito agli appassionati ed ai rallysti, a ritagliare, compilare e spedire una cartolina indirizzata ad Alberto Rogano presso la CSAI in cui c’è scritto “No al lincia Rally”.
La querelle andrà avanti per alcune settimane e grazie alle numerose cartoline arrivate in via Solferino, unitamente all’incalzare sul tema di Marcello Sabbatini, Carlo Cavicchi e Lino Ceccarelli, il presidente sarà costretto ad una clamorosa marcia indietro. Oggi come allora, il futuro è nelle nostre mani.