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Quando Lavazza si inventò la Panda Gruppo 2

Fiat Panda Gruppo 2 Lavazza

Spartana ed essenziale, la Panda Rally pesava appena 720 chilogrammi. Nasceva da una sfida con se stesso, tra Piero Lavazza e Piero Lavazza, che pensava ad un’alternativa alle Fiat 127 che lui stesso preparava in modo encomiabile. E fu un’idea geniale, perché al debutto al Rally dei Rododendri ha pure vinto qualche PS, prima di un incidente che l’ha bloccata.

Agli inizi dell’ottavo decennio del Novecento, quel genio di Piero Lavazza prepara anche una Fiat Panda 45 Gruppo 2. Un’opera d’arte che stupisce anche in Fiat. Perché i dirigenti della Casa torinese, seppure contenti del successo mediatico e di vendite della piccola Panda, tutto si aspettavano fuorché una carriera sportiva per la piccola utilitaria. E invece, l’idea di Lavazza diede il là per il “battesimo” sportivo della piccola Fiat che arrivò ad essere preparata anche in Spagna come Seat Panda (consigliamo la lettura di questo articolo), portando al debutto un campione del calibro di Carlos Sainz…

Spartana ed essenziale, la Panda Rally pesava appena 720 chilogrammi. Nasceva da una sfida con se stesso, tra Piero Lavazza e Piero Lavazza, che pensava ad un’alternativa alle Fiat 127 che lui stesso preparava in modo encomiabile. E fu un’idea geniale, perché al debutto, con Grappolo al Rally dei Vini 1981, ha pure vinto qualche PS, prima di un incidente che l’ha bloccata. Disputò anche il Rally dei Rododendri di quell’anno. Successivamente, Cesare Falco Bracco, che correva con la Fiat 127 di Lavazza, la usò come muletto.

Lavazza, sulla Panda, per non variare la cilindrata aveva lavorato la testa. Questo è un passaggio fondamentale per la preparazione della vettura in questione e non è dei più semplici né da fare e né da spiegare nei minimi dettagli, perché giustamente coperto da alcuni di trucchi consentiti da una normativa tecnica federale abbastanza lacunosa. In pratica, aveva fatto letteralmente quattro fori al posto dei due di fabbrica. Quattro fori che erano quattro condotti per l’alimentazione, di cui parliamo tra poco.

Il preparatore torinese era riuscito in questa modifica senza aggiungere il turbo e mantenendo la cilindrata invariata, riuscendo ad ottenere potenza e migliore flusso nei condotti di alimentazione. Lavazza non si limitò solo alla testata del motore. Per dissetare la Panda “cattiva” aveva installato quattro carburatori Weber (ecco perché i quattro condotti) a doppio corpo. Vero e proprio ossigeno per il motore che così era passato da 45 cavalli a 5000 giri/minuto a 92 cavalli generosamente serviti già a 3500 giri/minuto (e si poteva tirare comunque fino a 5000 giri/min).

I condotti potevano essere lavorati per raschiatura e aggiustamento ma non per apporto di materiale e infilare quattro canne dentro la testata per creare quattro condotti era comunque un apporto di materiale, ovvero proprio le quattro canne riportate. Infatti ha corso poco perché i quattro condotti nel 903 cc non erano ammessi e Lavazza aveva “giocato” giustamente in una NS14 un po’ ambigua. Quando fu tagliata fuori dai rally la si vide comparire nelle cronoscalate.

Il resto della preparazione del Pandino era la norma per Piero Lavazza, che riusciva a creare un equilibrio perfetto tra le parti rotanti del motore. Infine aggiungeva: asse a camme, molle rinforzate alle valvole per maggiore carico, aumento del rapporto di compressione (l’alesaggio x corsa restava invariato), pistoni Mondial stampati, cambio ravvicinato omologato e assetto (con le balestre dietro faceva un po’ il canguro in curva). Un piccolo miracolo che andava come un fulmine…