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Pinto-Bernacchini e il dosso da non saltare al 1000 Laghi

Pinto-Bernacchini, 1000 Laghi 1974

Le 124 percorrono le lunghe prove di terra umida della prova, quando ad un certo punto, fra i quasi 10 dossi al chilometro che le speciali finlandesi avevano per loro caratteristica, uno di questi attira L attenzione dei due equipaggi italiani. I quali, dopo averlo superato, si fermano. Un dosso che veniva su molto dolce, come una salita e che , di colpo, veniva giù come uno scalino, con uno stacco dalla strada di più di tre metri.

Finlandia, 1974. Rally 1000 Laghi. La Squadra Corse Fiat, per quella manifestazione, schiera tre alfieri del rally di quei tempi. Markku Alen navigato dal fedele Kivimaki, Sergio Barbasio assieme a Piero Sodano e Lele Pinto con alle note Arnaldo Bernacchini, a bordo di tre Fiat 124 Abarth

In quei giorni, tutti gli equipaggi iscritti al rally nordeuropeo, stanno facendo le ricognizioni in vista della gara da lì a pochi giorni, compresi quelli della Casa torinese. Alla fine di una di quelle giornate di prove, Markku dice ai due equipaggi italiani che il giorno successivo lui e Kivimaki non ci sarebbero stati per un impegno da svolgere ad Helsinki, ma che potevano continuare da loro a fare le ricognizioni, indicando sulla cartina le strade da fare, ricordando che li la polizia era molto attenta ai limiti di velocità, quindi occorreva stare attenti.

La mattina seguente, Barbasio, Pinto e i loro navigatori, continuano le prove e giungono sulla prova speciale di Urria. Le 124 percorrono le lunghe prove di terra umida della prova, quando ad un certo punto, fra i quasi 10 dossi al chilometro che le speciali finlandesi avevano per loro caratteristica, uno di questi attira L attenzione dei due equipaggi italiani. I quali, dopo averlo superato, si fermano. Un dosso che veniva su molto dolce, come una salita e che , di colpo, veniva giù come uno scalino, con uno stacco dalla strada di più di tre metri.

“Hai visto che roba quel dosso?!”, dice Sergio Barbasio a Lele Pinto. “Ho visto sì!”, replica l’altro abarthista. Cercando di prenderlo all’amo, nella goliardia che i rally rappresentavano anche come aspetto a quei tempi, quando si passavano settimane insieme per preparare una gara, Sergio dice a Lele Pinto: “Lele ma perché non lo provi a velocità da prova speciale quel dosso? Così quando poi siamo in gara sappiamo cosa ci troveremo ad affrontare”.

Subito il saggio Bernacchini, a fianco di Pinto, dice al suo pilota: “Lele, qui non c è niente da provare, non vedi che è uno scalino? Quel dosso non si salta! Quando te lo chiamo, tu freni, copi e vai giù dolce!”. “Eh, ma te sei sempre il solito!”, replica Pinto. Barbasio e Sodano incalzano: “Tranquilli! Noi ci mettiamo un cima al dosso e vi facciamo segno di poter passare quando la strada è libera!”.

Pinto accetta. Fa retromarcia e mette la 124 in direzione del dosso. “Tranquillo Arnaldo, vado dolce!” dice il pilota al suo naviga. Parte: prima, seconda, terza. Bernacchini guarda il tachimetro e legge gli 80 all’ora e pensa dentro di sé: ”Beh dai, sta alle regole!”. La 124 sale sulla rampa che viene su come una salita molto dolce, e va! Inizia il salto e ad un tratto Bernacchini guarda di lato e si ritrovano in un attimo talmente alti da guardare le punte dei pini da sopra!

Ad un certo punto del volo la macchina va in stallo e di colpo il muso va giù in verticale. Pinto e Bernacchini vedono la strada sotto di loro. Da lì è un attimo: la 124 atterra con il muso e l’urto è così forte da farla rimbalzare due volte sul frontale. Il cofano si apre e pure le portiere, vola via il parabrezza, scoppiano due gomme, i fari rotolano come due occhi sparati fuori dalle orbite, il tutto mentre i due compagni di squadra sul dosso guardano il fondo della Fiat, ammirando il collettore di scarico.

L’auto, rimasta in equilibrio per qualche secondo, cade rovinosamente sulle quattro ruote e guardandola di lato sembra una banana. Sodano e Barbasio corrono, bianchi come un lenzuolo, verso i due compagni di squadra, sperando non sia successo nulla di grave e mentre Bernacchini vede ancora le stelline fluttuare davanti agli occhi per l’urto che avevano preso, dice a Pinto: “Hai visto Lele che non era da saltare sto dosso?”.