Però lo scoop è mio: il romanzo di Carlo Cavicchi
Il giornalista bolognese ha romanzata una storia vera, cambiandone nomi e luoghi, ma non la principale protagonista, la Porsche nera.
Però lo scoop è mio è un intrigante romanzo thriller che dovrete lasciare sul comodino perché in casa lo possano apprezzare tutti, anche chi non è proprio malato di rally. Un romanzo, un thriller ambientato nel mondo dei rally, solo il mitico Carlo Cavicchi ci poteva riuscire. Si tratta di una storia vera che gli fu rivelata dal sempre indimenticabile “Icio” Perissinot.
“Lo si racconta da sempre che nulla sa essere più fantasioso di un fatto accaduto veramente, e potrebbe essere proprio così. Da qui la voglia di trasferire in un romanzo una vecchia storia che io e il mio vecchio amico Maurizio Perissinot, grande copilota della leggendaria squadra rally Lancia, ci ripassavamo spesso increduli e divertiti allo stesso tempo”, ha detto Cavicchi.
“Sarebbe una buona base per un libro oppure per un film, mi diceva sempre, e siccome la sua compagnia mi manca ormai da troppi anni, ecco intanto il libro, un romanzo che mescola le mie più grandi passioni, quella per le corse in automobile e tutto il mondo che ci gira attorno, e quella per la mia professione. Più in sintesi: rally e giornali”, prosegue l’autore.
Il noto giornalista bolognese, già direttore di Autosprint e poi di Quattroruote, l’ha naturalmente un po’ romanzata cambiandone nomi e luoghi ma non la principale protagonista, la Porsche nera. Due storie parallele occupano i primi capitoli, ambientate negli anni Settanta a Bologna, ci sono un insoddisfatto e frustrato giornalista del quotidiano il Resto del Carlino e un anonimo impiegato grande appassionato di rally con l’inesaudito desiderio di partecipare a una gara, considerandosi buon pilota.
Accanto a loro ci sono due donne dalle ambizioni spropositate che saranno poi determinanti nelle storie che porteranno a far incrociare i destini dei loro compagni. L’occasione che porta a una decisiva svolta per le tediose giornate dei due principali interpreti avviene in modo decisamente rocambolesco e avventuroso, un evento che catturerà il vostro interesse e vi impedirà di separarvi dal libro fino all’ultima pagina.
Per gli appassionati di rally ci sono tanti riferimenti che vi riporteranno a un’epoca gloriosa. Quando sull’isola d’Elba si correva l’Europeo sotto l’attenta direzione corsa del grande Dado Andreini, gli iscritti erano centinaia e tra questi grandi campioni, la terra era discriminante con le prove speciali dei Due Mari e della Falconia, gli equipaggi usavano gli interfoni di Quaglino, tra i preparatori più quotati c’erano i fratelli Venturi e i fratelli Almeras.
Mezzo mondo ci si riconosce in queste righe perché fra i personaggi principali – non vi dirò volutamente quanti sono – ne troviamo diversi in cui è facile riconoscersi: dal giornalista che “vegeta” in redazione al pilota di presunto talento a corto di quattrini per dimostrare il suo valore. Il primo non trova lo scoop della svolta, il secondo il modo per mettere le mani sulla macchina vincente. E poi c’è lei, la meravigliosa e misteriosa Porsche 911 targata Venezia…
Le strade di Dante Busi e Sandro Panzacchi corrono per sentieri diversi e lontani e non si sarebbero mai intrecciate se in maniera del tutto casuale un magistrato di Foggia, che indaga su una morte misteriosa di un informatore della Guardia di Finanza, non si fosse messo di mezzo ribaltando i loro destini.
Sullo sfondo di una Bologna che vive gli anni Settanta non per la loro complessità ma soltanto con il rimpianto per quella città nottambula e ospitale che non tornerà più, si avvitano le storie umane e professionali dei tre personaggi e delle loro donne con un unico nesso: una Porsche nera.
“Si tratta di un thriller molto leggero, seppure incredibilmente intrigante perché mette a nudo la passione di un pilota dilettante che guida vetture troppo brutte per essere vincenti e che pur con ciò è convinto – un po’ come tutti quelli che staccano la licenza per correre – che con un mezzo adeguato sarebbe il più forte di tutti”.
“E porta a galla le frustrazioni di un cinquantenne entrato da giovane e dalla porta principale in quotidiano importante ma la cui resa in redazione lo avvicina di più a una dattilografa che a un vero giornalista. Il terzo è un magistrato di Foggia che gode di un buon successo nella città in cui abita ma che si trova alle prese con un caso da cui non ci cava i piedi”, ha spiegato ancora l’autore.