,

NSU Prinz, TT e TTS: storie di auto da rally un po’ punk

nsu prinz

Proprio la 1200, denominata TT e TTS, si fece valere in gare di slalom e anche nel mondiale rally, senza arrivare ad essere campione, ma aggiudicandosi qualche prova speciale negli anni ’60. Rispetto alle auto Italiane poi la Prinz non arrugginiva, dettaglio non da poco vista la quantità di stucco per carrozzieri che gli acquirenti di Fiat e Alfa Romeo erano costretti ad acquistare per tenere insieme le carrozzerie delle 500 o della più recente (ma di pochissimo) Alfasud.

La carriera della NSU Prinz fu lunga e onorevole, anche nei rally. L’Italia ne importò un gran quantitativo soprattutto verso la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. La produzione andò avanti con poche modifiche estetiche (nascita della più lussuosa L nel 1965, frontale con fascia orizzontale metallica, cruscotto a tre elementi) fino al 1973 e ne vennero costruite complessivamente quasi 600.000 esemplari.

L’indipendenza della NSU Motorenwerke cessò nel 1969 proprio durante la produzione della Prinz IV a seguito della fusione con l’Auto Union G.m.b.H. di Ingolstadt che significava di fatto l’ingresso nel gruppo Volkswagen. Tanto che la moderna K70 a trazione anteriore, progettata in NSU, prese il marchio della Casa di Wolfsburg. Inizialmente la NSU era importata in Italia dalla IGN. VOK: di via Venezia 16 a Padova.

Visto il successo dell’auto (anche nel Bel paese) la NSU iniziò la produzione di modelli con motori a 4 cilindri, di cilindrata superiore (da 1000 a 1200 cc), caratterizzati da una potenza che arrivava fino a 85 cv, bassi consumi e, visto il peso limitato dell’auto, da una manovrabilità eccezionale.

Proprio la 1200, denominata TT e TTS, si fece valere in gare di slalom e anche nel mondiale rally, senza arrivare ad essere campione, ma aggiudicandosi qualche prova speciale negli anni ’60. Rispetto alle auto Italiane poi la Prinz non arrugginiva, dettaglio non da poco vista la quantità di stucco per carrozzieri che gli acquirenti di Fiat e Alfa Romeo erano costretti ad acquistare per tenere insieme le carrozzerie delle 500 o della più recente (ma di pochissimo) Alfasud.

Un’auto di successo, che vendette molto in tutta Europa, arrivando a superare il milione di esemplari prodotti. In Italia arrivò ad essere l’auto straniera più venduta, fino agli inizi degli anni ‘70 quando la NSU fu acquistata dal gruppo Audi, poi Volkswagen.

La produzione della Prinz cessò nel 1973. Nonostante il successo nelle vendite, l’auto ebbe in Italia la fama “postuma” di portare sfortuna, tanto che negli anni ’70, era diffusa l’abitudine tra i ragazzi di “passarsi la Prinz” con il classico “tua” e nei casi più gravi anche con un “tua senza ritorno”.

Tale fama forse era dovuta al fatto che il design dell’auto, innovativo, elegante e ricercato negli anni ’60, non teneva il passo con i nuovi modelli di auto prodotti in Italia nel decennio successivo. Secondo altri invece il motivo per cui l’auto veniva considerata portatrice di sfortuna era dovuto al fatto che la Prinz 4, nella versione a due cilindri, se non adeguatamente messa punto prendeva fuoco nel retrotreno, a causa dei ritorni di fiamma e della vicinanza tra marmitta e carburatore. Non una cosa da poco ma attribuibile a una cattiva manutenzione del mezzo.

crash test nsu prinz
Crash test NSU Prinz

Prima c’erano le moto

Leader mondiale nella produzione motociclistica dagli inizi del secolo al secondo dopoguerra, la NSU aveva conosciuto fama e gloria grazie all’attività sportiva, arrivando a vincere anche due titoli mondiali nelle classi 125 e 250 nei primi anni ‘50. Non solo: nel 1956 la Delphin III (così chiamata per via della forma della carena che richiamava la sagoma di un delfino) stabilì il record di velocità fermando il tachimetro a quasi 340 km/h. Un vero e proprio colosso motociclistico: solida meccanica tedesca e genio e inventiva che venivano da una lunga tradizione, ma che cozzarono violentemente contro la grave crisi del mercato delle due ruote iniziata nei primi anni del 1950.

Nonostante fosse leader di mercato nella produzione e nella vendita di motociclette e scooter, nel 1954 la NSU rischiava la chiusura. Serviva un cambiamento e il cambiamento avvenne in un battito d’ali, con la progettazione di una auto prima a tre poi a quattro ruote. Del resto la NSU la capacità di cambiare settore di produzione la aveva dimostrata nel corso del tempo: nata nel 1873 come fabbrica di macchine per cucire, si era definitivamente convertita nel 1892 alla produzione di biciclette, annoverando tra i propri clienti Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach (di fatto le auto erano già nel destino della casa).

Dalle bici alle motociclette il passo fu davvero breve e nel 1901 accanto ai velocipedi venne prodotto il primo modello a motore, la Neckarsulm 1½ PS, dove 1 ½ rappresentava il cavallo e mezzo di potenza della moto. Assieme alle moto furono prodotte le prime carrozze a motore, che pochi anni dopo, nel 1906, furono abbandonate per la produzione della prima vettura “moderna”: le 8/15 PS su licenza PIPE. Durante i due conflitti la NSU si specializzò anche nella produzione di veicoli per l’esercito tedesco, per rilanciarsi poi nel mondo delle moto e sulle auto da corsa.

Per una azienda del genere, passare nel 1954 dalle moto alle auto fu uno scherzo e il primo progetto su cui si lavorò, dopo aver abbandonato il Typ 30 a tre ruote motorizzato 250cc i cui prototipi furono giudicati troppo rumorosi e scomodi, fu proprio quello della Prinz: una piccola berlina, destinata a ospitare 3 o 4 passeggeri, comoda, economica ma ben rifinita.

Contesto storico della fabbrica

La situazione della fabbrica di Neckarsulm nei primi anni ’50 versava in gravi difficoltà, dovute principalmente alle ristrettezze economiche causate dalla guerra terminata solo da alcuni anni, i danni causati dai bombardamenti e le difficoltà quindi ad avviare un nuovo processo produttivo. Del resto, la Germania stessa, con i danni alle infrastrutture e la storica divisione fra blocco est e blocco ovest, si trovava ad affrontare una situazione tutt’altro che facile sotto il piano economico, politico e sociale. Fin dai primi mesi dopo la cessazione del conflitto, in realtà, la NSU aveva già cominciato con un primo abbozzo di produzione, basato però solo su motociclette pre-belliche e solo in quelle parti dello stabilimento non toccate dai bombardamenti.

Fu solo nel 1949 che si ricominciò a progettare modelli nuovi, sempre per il momento a sole due ruote, con un indice di gradimento che avrebbe toccato il suo apice a metà del decennio successivo. Ma in realtà, alla NSU mancò molto la produzione di autovetture, ormai assente già da alcuni anni prima dell’avvento della Seconda Guerra Mondiale, più precisamente.

Vi furono anche autovetture prodotte fino alla fine degli anni ’30, ma si trattava di modelli Fiat rimarchiati con il nuovo marchio NSU-Fiat, perciò niente di veramente inedito e sviluppato in autonomia dalla Casa tedesca. Pertanto, mentre la produzione di moto si mantenne su livelli incoraggianti, alla fine del 1953 si cominciò a pensare di estendere la produzione anche ad una piccola autovettura con la quale riprendere un discorso lasciato in sospeso ormai da troppi anni. L’anno seguente si diede avvio ad un progetto volto alla realizzazione di quella che sarebbe stata la prima autovettura NSU del dopoguerra.

Il progetto Typ 30 (come venne inizialmente identificato) non fu però avviato che nel luglio del 1954, anche se il direttore tecnico della NSU, Albert Roder (già alla NSU dal 1936), aveva già cominciato a tracciare i primi schizzi nel gennaio dello stesso anno. Questo progetto si propose di realizzare una vettura minima, sulla base di quelle microvetture che proprio in quel periodo stavano cominciando ad avere una certa diffusione nelle strade tedesche, le cosiddette Kabinenroller o bubble-cars. Il team incaricato del progetto fu composto solamente da due persone, lo stesso Albert Roder e il disegnatore Otto Erlewein.

Le specifiche imposte dalla Casa di Neckarsulm furono semplici e chiare: la vettura doveva garantire abitabilità per due adulti davanti e per due bambini dietro, più 60 kg di bagagli. Il proposito iniziale fu quindi quello di realizzare una microvettura simile nell’impostazione a quelle che nei primi anni ’50, proprio nell’allora Germania Ovest, trovavano validi esponenti nei modelli Fuldamobil e Messerschmitt a tre ruote. Il primo modello in legno in scala 1:1 risalente già a quello stesso 1954, fu un modello ad una sola ruota posteriore, che si prevedeva sarebbe nato su un telaio separato in acciaio e avrebbe montato il monocilindrico a quattro tempi da 250 cm3 che già equipaggiava la motocicletta Max. Per questo, tale prototipo venne indicato in seguito anche con il nome di “Max-Kabine”.

In effetti, il progetto “Max-Kabine” fu portato avanti in misura notevole, a tal punto che tra la fine del 1954 e l’inizio del 1955 vennero realizzati alcuni prototipi motorizzati pronti per i test su strada, test che cominciarono il 28 aprile 1955. Tuttavia, tali test non convinsero i membri del consiglio di amministrazione della NSU Motorenwerke: i motivi furono la rumorosità eccessiva (fino a 116 dB a 70 km orari) e comfort troppo ridotto anche nei confronti delle spartane microvetture appena citate. Pertanto il 5 ottobre 1955 la dirigenza NSU cancellò ufficialmente il progetto Typ 30 in favore del nuovo progetto Typ 40, finalizzato alla realizzazione di una vetturetta, sempre molto ridotta come dimensioni, sempre a motore posteriore, ma a quattro ruote anziché tre.

Per quanto riguarda il motore, si scelse di mantenere inizialmente il monocilindrico della motocicletta Max, ma portato dapprima a 300 cm3 ed in seguito a 400 cm3. Tornando invece al progetto Typ 40, le specifiche imposte parlarono stavolta di una struttura a scocca portante e di una vettura in grado di surclassare dal punto di vista prestazionale tutte le microvetture presenti fino a quel momento sul mercato. I primi prototipi realizzati furono caratterizzati da un frontale pressoché simile nell’impostazione a quello della Fiat 600 che stava già riscuotendo un enorme successo in Italia e che di lì a poco avrebbe debuttato in Germania Ovest con il nome di NSU-Fiat Jagst.

La parte posteriore, invece, troppo spiovente, ricordava invece la coda della Max-Kabine, il cui disegno risultò poco convincente e nel corso dello sviluppo del progetto Typ 40 sarebbe stata oggetto di una radicale rivisitazione. Il motore di questo primo prototipo fu un bicilindrico da 396 cm3 in grado di erogare 18 CV di potenza massima. I primi test della vettura, effettuati nella prima metà del 1956 prima ancora della rivisitazione della carrozzeria, evidenziarono come il motore avesse bisogno di erogare maggior coppia per permettere il raggiungimento di prestazioni adeguate alle specifiche imposte. Per questo la cilindrata venne in seguito portata a 494 cm3.

Il frontale della NSU-Fiat Jagst, clone della Fiat 600, servì da base per il primissimo prototipo della Typ 40
Nell’estate del 1956 la carrozzeria venne a questo punto sottoposta alla già menzionata rivisitazione della zona posteriore, che si trasformò in un vero e proprio terzo volume con sviluppo più orizzontale. Anche il frontale fu oggetto di aggiornamenti e venne reso meno simile a quello della Fiat 600. Autore di questa rivisitazione fu un giovane Claus Luthe, che negli anni a venire avrebbe fatto carriera anche nell’Audi una volta che la NSU sarebbe confluita nel gruppo Volkswagen.

A questo punto la dirigenza NSU prevedeva di poter presentare la vettura definitiva di lì ad un anno e aveva già pensato ad un nome da dare alla nuova utilitaria tedesca. Inizialmente, per quella che poi sarebbe stata commercializzata come Prinz, si pensò al nome Lido, nome che poi venne evidentemente scartato.

Intanto la Casa di Neckarsulm, forte degli introiti derivanti dal mercato motociclistico (che però di lì a non molto avrebbe cominciato progressivamente a sgonfiarsi), aveva già cominciato ad ampliare il proprio stabilimento con una nuova ala da 30.000 metri quadri di superficie, ala destinata alla produzione della piccola vettura. L’investimento per questa sola realizzazione fu di 9,5 milioni di marchi.

Con alcuni aggiornamenti tecnici, fra cui quello all’avantreno per migliorare il comportamento su strada, nell’ottobre del 1956 venne realizzato il primo esemplare di preserie, pronto per un severo test su strada. La rete stradale tedesca dell’epoca, ancora per la maggior parte costituita da strade di campagna sterrate, fornì un valido banco di prova per il prototipo della piccola vettura. Nello stesso periodo, si procedette alla registrazione dei brevetti relativi al progetto Typ 40, nonché della vettura stessa. Per garantire un segreto assoluto e rimanere fuori dalla portata della stampa, la vettura venne presentata all’ufficio brevetti di Öhringen non come un progetto della NSU, ma di un fantomatico signor Hermann Schmidt proveniente dalla città di Neuenstein. Per gli stessi motivi di segretezza, i test su strada vennero condotti in zone di campagna poco o per niente frequentate da altre persone, dove la vettura venne portata all’interno di un camion con cassone chiuso. I test furono condotti per molte settimane raggiungendo una media di 800 km al giorno percorsi, allo scopo di valutare l’affidabilità della meccanica. L’arrivo della stagione fredda fu un altro fattore che rese più severi tali test, che terminarono quando l’inverno già era arrivato.

Nella primavera del 1957 si ebbe il cambio di denominazione da Lido a Prinz, mentre il motore, ancora da 494 cm3, venne portato a 583 cm3 tramite la rialesatura dei cilindri, passati da 69 a 75 mm di diametro. Tale scelta fu dettata dal fatto di voler conferire maggiori prestazioni alla vettura, ma anche dal fatto che il popolo tedesco occidentale stava gradualmente uscendo dalle condizioni di miseria in cui si era venuto a trovare all’indomani del conflitto, per cui sempre più numerose furono le persone potenzialmente in grado di distaccarsi dall’esigenza di una microvettura con motori da 250 o 300 cm3 per ambire ad una più prestante utilitaria con motore da 0.6 litri.

Sarebbero rimasti comunque a disposizione dei ceti più deboli vetture come la BMW Isetta e i modelli della Fuldamobil e della Messerschmitt. Si ebbero anche le ultime rivisitazioni alla carrozzeria, principalmente nella zona posteriore, dove le feritoie per il raffreddamento del motore vennero spostate nella parte alta del cofano

nsu prinz tts 1976
NSU Prinz TTS 1976

Storia della NSU Prinz di serie

La NSU Prinz è stata prodotta dal 1957 al 1973 (il 30 agosto del 1957 venne svelata al pubblico). La prima Prinz era una vettura berlina, con una linea del tetto piuttosto alta, capace di ospitare quattro passeggeri. Il motore da 600 cc, piuttosto rumoroso era un bicilindrico raffreddato ad aria ed era montato nella parte posteriore. La trazione era posteriore e la trasmissione sprovvista di sincronizzatore. Nel 1958 venne introdotto un modello più sportivo: la Sportprinz.

Il primo modello della Prinz venne sostituito dalla Prinz 4 nel 1961 ma rimase in produzione ancora per un anno.La nuova Prinz 4 era stata completamente ridisegnata. Nelle forme si rifaceva alla Chevrolet Corvair anche se le dimensioni erano decisamente più contenute. Il motore restava sempre un bicilindrico raffreddato ad aria. Anche questo nuovo modello si presentava come una vettura ben progettata. L’albero a camme era prelevato dai motori motociclistici prodotti dalla stessa Casa. Interessante era il sistema di avviamento che comprendeva uno starter/generatore posto all’interno del basamento del motore.

In seguito, con l’adozione del motore a quattro cilindri, questo sistema venne abbandonato a favore di un più convenzionale sistema basato su un motorino di avviamento e un alternatore separati. Le dimensioni della Prinz crebbero con l’arrivo del modello 1000, 1000 TT e 1200TT/TTS introdotti a partire dal 1963. Questi modelli erano dotati del motore quattro cilindri sempre montato nella parte posteriore della vettura.

Si rivelarono dei modelli economici di vettura sportiva e per la famiglia. Il propulsore si rivelò affidabile e brioso. Anche la maneggevolezza era molto buona così come la tenuta in curva. Questi fattori rendevano la 1000 un brutto cliente per le vetture sportive dell’epoca. Nel 1965 venne presentato il Typ 110 e nel 1967 la 1200. Questa vettura offriva agli occupanti uno spazio maggiore mentre le prestazioni, pur con il motore da 1.200 cc, erano inferiori a quelle del modello più piccolo che manteneva l’unità da 1.000 cc.

Quando la NSU fu acquistata dalla Volkswagen il nome della Casa cambiò in quello di Audi-NSU AG ed i modelli più piccoli dotati di motore posteriore furono rapidamente eliminati in quanto diretti concorrenti del Volkswagen Maggiolino.

Nel 1967 la Casa automobilistica sovietica ZAZ produsse una copia virtuale della Prinz: la ZAZ 966. Questa auto mobile era dotata di un motore a V quattro cilindri da 990 cc che erogava 30 hp (22 kW). In seguito venne utilizzato una unità da 1.200 cc che forniva 39 hp (29 kW). La Prinz venne prodotta su licenza anche dalla Pretis (Preduzece Tito Sarajevo) di Sarajevo e in Argentina dalla Autoar.