Lucky Battistolli: una passione infinita
Dopo la prima esperienza, “Lucky” iniziò ad organizzarsi: convinse il cognato, Alfredo Cappellini (Fredy) a seguirlo in questa avventura, iniziò a conoscere meglio l’ambiente. Nacquero amicizie importanti con molti dei piloti di allora, ma soprattutto iniziò a cementarsi il rapporto con Zefferino Filippi, presidente della scuderia per cui correva ma anche presidente dell’Ac Vicenza, che divenne ben presto un suo supporter. Consolidò fra gli altri un rapporto incredibile con Giovanni Casarotto e la sua navigatrice, Francesca Serafini, con i quali, in coppia con Fredy, trascorsero molte notti a provare sulle Dolomiti.
Silvio Battistolli torna in patria, e viene insignito della Croce al Merito di Guerra. Viene trasferito in servizio a Posina, nella provincia vicentina, che raggiunge con la moglie. Nel 1949 nasce Luigi, il primogenito, nel 1953 nasce la sorella Rosanna.
Lasciata l’Arma, viene successivamente assunto dalla “Tre Effe”, un importante banco metalli, che presto gli propone di effettuare un trasporto quotidiano dei propri valori tra Vicenza e Milano. Con il tempo Silvio offrirà lo stesso servizio a molti altri clienti, tanto che nel 1960 aiutato dalla moglie, decide di mettersi in proprio. L’attività di corriere con il supporto ed il coinvolgimento della famiglia, cresce.
Luigi Battistolli proseguendo l’attività del padre, nel 1974 registra la sua prima ditta individuale. Viene creato l’Istituto di Vigilanza Privata “Rangers”, con l’obbiettivo di sviluppare la propria attività nei confronti di una clientela sia commerciale che privata. Successivamente viene fondata la ProSyT, alla quale viene affidato il supporto tecnico alla struttura Rangers.
“Fu un rally difficilissimo, massimo coefficiente europeo, sotto una neve pazzesca e quasi regolarmente con temperature sotto lo zero. Erano 2.200 km di gara da affrontare per due giorni e due notti. Sapevo bene che nei rally era fondamentale fare le ricognizioni sui percorsi che si dovevano affrontare. Le note di quella prima mia gara le feci (e imparai il modo, che poi adattai alle mie caratteristiche di guida e valutazioni personali) seduto un po’ davanti, un po’ dietro, un po’ mentre ero alla guida e un po’ come passeggero di un equipaggio composto da Bamby Baron e Leopoldo Santi, amici appena conosciuti e appartenenti alla scuderia con la quale mi iscrissi alle prime gare: la Palladio”.
Questo era il commento di “Lucky” Battistolli dopo i primi primi due fine settimana strappati all’azienda che in sua assenza trovava il riferimento in sua moglie, Loredana, supporter di ogni sua iniziativa: nel lavoro, nello sport e nella vita. Affrontò la sua prima corsa con un navigatore improvvisato ed era assistito da amici che per la prima volta seguivano un rally. Perse 8 minuti ad un controllo orario per un errore di percorso causato dall’inesperienza del suo compagno Antonio Comerio, detto Totò, che aveva pensato bene di non leggere le note.
“Dormii quattro ore in tre notti, ebbi un po’ di problemi per la rottura del serbatoio della benzina e alla fine conclusi quattordicesimo assoluto. Senza la penalizzazione sarei arrivato ottavo, appena dietro ai piloti ufficiali. Fu il battesimo che ci voleva. Capii che potevo crescere, imparare e vincere”.
Dopo la prima esperienza, “Lucky” iniziò ad organizzarsi: convinse il cognato, Alfredo Cappellini (Fredy) a seguirlo in questa avventura, iniziò a conoscere meglio l’ambiente. Nacquero amicizie importanti con molti dei piloti di allora, ma soprattutto iniziò a cementarsi il rapporto con Zefferino Filippi, presidente della scuderia per cui correva ma anche presidente dell’Ac Vicenza, che divenne ben presto un suo supporter. Consolidò fra gli altri un rapporto incredibile con Giovanni Casarotto e la sua navigatrice, Francesca Serafini, con i quali, in coppia con Fredy, trascorsero molte notti a provare sulle Dolomiti. Casarotto fu uno dei piloti più forti di quegli anni, ma si limitò, per problemi di lavoro, a disputare poche gare e quasi tutte a livello regionale.
Il 1974 lo vide alla partenza di molti rally, nazionali e internazionali in Veneto e altrove. La stagione si concluse con un rally nel Triveneto, chiamato Rally dei campioni che lo vide trionfare nel turismo di serie e conquistare il campionato Triveneto oltre ad una priorità Csai che gli avrebbe consentito di partire tra i primi piloti nel campionato 1975.
Nel 1976 fece il bis vincendo ancora il Campionato Rally Nazionali Triveneto, alternandosi alla guida di una Opel Kadett e una Opel Commodore sempre preparate da Conrero e poi affidate alle esperte mani del cugino Corrado Patella per i ripristini e per le manutenzioni. In quella stagione fece registrare successi conseguiti sia nei rally di campionato italiano assoluto che nei rally nazionali, con quindici vittorie nel turismo di serie e una gara di campionato del mondo, il Sanremo, dove vinse inserendo una vettura di serie (Gruppo 1) tra le preparatissime Stratos e altre vetture di Gruppo 4, vetture assoggettate a preparazioni speciali o fatte in esemplari numerati per finalità di corsa.
A fine campionato, prese parte a una gara, il Rally del Gargano con una vettura speciale che gli aveva messo a disposizione la General Motors Italia. Per l’occasione era in coppia con il più ricercato navigatore italiano: Rudy Dal Pozzo, con una formidabile Opel Kadett Gruppo 4. Arrivarono secondi, appena alle spalle di un famosissimo Maurizio Verini (131 Abarth) e davanti all’altrettanto talento italiano Mauro Pregliasco su Lancia Stratos.
“Nel 1977 mi telefonò Roberto Angiolini. Mi spiegò dell’attenzione che avevo suscitato nel Gruppo Fiat che, attraverso la scuderia Jolly Club aveva deciso di affidarmi la guida di una 131 in via di sviluppo. Era un’occasione imperdibile. Stavo imboccando la via giusta per coronare i miei sogni. Un campionato italiano e poi, chissà…”
E invece, proprio in quel momento iniziò il conflitto che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera da professionista. Il programma ambizioso lo avrebbe portato a lavorare duramente per lo sviluppo della 131 a fianco della squadra ufficiale, con l’obiettivo di farne parte stabilmente, avrebbe avuto come contropartita la necessità di trascurare la crescita dell’azienda di famiglia.
“Spiegai il problema a Roberto, che credo mi dette del “matto” al punto che mi chiese di telefonare direttamente a Luca Di Montezemolo per spiegargli i motivi del mio rifiuto. Lo feci e mi giocai, probabilmente, l’occasione a cui un pilota avrebbe per nessun motivo al mondo rinunciato, occasione che non si sarebbe più ripresentata”.
Firmò un contratto con la General Motors, più flessibile e meno impegnativo di quello offertogli dal Jolly Club e nel 1977 vinse tutte le gare a cui partecipò, ridiventando Campione Italiano nel Turismo di Serie”. In alcune gare finì a un passo dalla vittoria assoluta, a metà stagione fu addirittura secondo nel Campionato Italiano assoluto. C’è una gara che “Lucky” ricorda in particolare: il Rally del Ciocco.
“Ero in testa alla gara con una nebbia incredibile, guidavo una modesta Kadett Gruppo 1 davanti a Walter Roorl (Kadett Gruppo 4), Raffaele Pinto e Vudafieri, ambedue su Stratos. Ma ad un controllo orario Gianni Braito andò a spingere una vettura che ci partiva davanti (probabilmente quella di Pinto) e quando tornò al controllo orario timbrò in ritardo. Ci costò due minuti di penalizzazione e la possibile vittoria”.
Nel 1978, sempre per i noti problemi di lavoro, declinò l’offerta della Ford Italia che gli aveva proposto un contratto triennale per guidare la Ford Escort 2.0 con tanto di ingaggio lusinghiero. Stessa cosa fece alla richiesta della General Motors e si dedicò all’azienda. Ma era impossibile che “Lucky” potesse stare lontano dai rally in modo definitivo…
L’anno successivo, quando aveva ancora una volta deciso di mettere da parte il rally per proseguire nei sempre più pressanti impegni in Azienda, fu contattato da alcuni amici, colleghi piloti, che avevano in mente un programma ambizioso con alcuni sponsor curati dalla Sponsor Service di Renzo Magnani, e una scuderia veneta appoggiata dalla Fiat: la Quattro Rombi. Dopo alcuni incontri con il Presidente di questa scuderia che era anche Direttore della Fiat per il Triveneto, l’Ing. Pio Cantoni, accettò un programma che lo avrebbe impegnato nel campionato italiano anche se non in modo particolarmente pressante.
“Fui conquistato dalla simpatia di un uomo che combinava la sua autorevolezza e competenza nel campo dei motori (era stato ingegnere in Ferrari) alle sue doti umane. Assomigliava molto a Virgilio Conrero. Il campionato mi vedeva in squadra con una mia collega pilota, campionessa italiana femminile, Fabrizia Pons, alcuni piloti veneti quali Aldo Maria Pasetti, Franco Ceccato, Massimo Bonzo, Giorgio Ceccato e Liviero. Iniziammo da San Marino con una Fiat Ritmo. Ricordo che il preparatore, Giuseppe Volta, accettò il mio invito per un test al mio fianco sulla nuova vettura appena preparata, il giorno prima della gara. Disse che un pilota così non l’aveva mai incontrato, suggestionato da un funambolismo veloce e raro. Partimmo, ma purtroppo si ruppero un po’ alla volta numerosi elementi meccanici. Successe la stessa cosa a Fabrizia, con una vettura uguale alla mia. Alla fine del rally, in un meeting con Cantoni, dopo essermi consultato con Fabrizia, feci una proposta che prendeva spunto dalla difficoltà di rimettere a punto due vetture dopo la gara di San Marino da parte del bravissimo Giuseppe Volta, e tendeva a concentrare la sua abilità su una sola vettura il cui abitacolo sarebbe stato condiviso da “Lucky” e Fabrizia per la successiva gara: la Targa Florio”.
I due, con questa nuova configurazione andarono fortissimo in Sicilia, riuscendo a piazzarsi davanti alle Alfa Ufficiali, della stessa categoria, più sperimentate e performanti in tutte le prove di velocità. E così a “Lucky”, per la successiva gara in Sardegna fu offerta con una Fiat 131 Abarth, la stessa che aveva rifiutato due anni prima.
Non fu diverso il 1980 quando successe di tutto. In testa nella Targa Florio si spensero le luci della vettura, in Sardegna si ruppero i semiassi, all’Elba in quel famoso tornante dove Cavicchi qualche anno prima aveva definito “Lucky” un fenomeno, tra le lacrime di rabbia di Fabrizia e il sostegno dei tifosi che sembravano lì tutti per loro, si ruppe nuovamente un semiasse. Al Quattro Regioni un supporto del cambio li penalizzò di 8 minuti ad un controllo orario e gli tolse ogni possibilità di successo nel duello che li opponeva a Beguin su Porsche. Inutile la disperata rimonta e una quinta piazza finale a poco più di sei minuti dal vincitore. E poi ancora secondi al colline di Romagna, ritirati al Piancavallo dopo aver dominato tutta la corsa. A completare il quadro, dulcis in fundo…
“Eravamo alla fine delle ricognizioni della gara più importante, il mondiale a San Remo, quando ci fu tolta la vettura per consentire a Markku Allen di difendere il titolo di Campione del Mondo… Si concluse coì un ciclo, forse il più bello della mia vita, accanto a un coequipier straordinario e di una sensibilità e bravura senza fine”.
Infatti, il 1981 divise i percorsi professionali di “Lucky” Battistolli e Fabrizia Pons. La Quattro Rombi non fu in grado di mettere a punto un programma attraente. Fabrizia ricevette una proposta dall’Audi Motorsport per affiancare Michelle Mouton nel Campionato del Mondo. E fu talmente brava da guadagnarsi la fama di miglior navigatore di quel periodo. Continuò a vincere rally mondiali e internazionali in ogni parte del mondo, con una parentesi nel 1986 quando, con una semplice richiesta ricevuta da “Lucky”, accettò di gareggiare ancora al suo fianco nel Rally Internazionale di Bassano, con la Scuderia Quattro Rombi, il Capo Pio Cantoni, il preparatore Giuseppe Volta e una Lancia 037 da lui abilmente preparata. Insomma una vera e propria rimpatriata…
Fu una gara tutt’altro che facile, non solo per la presenza di Franco Cunico, uno dei piloti più forti in assoluto a livello internazionale, dopo la generazione capeggiata dai vari Cavallari con Sandro Munari, Verini, Ballestrieri e Pinto, quella di Pregliasco, Fassina, Carrello, Biasion, Cerrato, Liatti, Galli, Tabaton, Travaglia, e tanti altri, ma anche per la scarsa preparazione dell’intero team. E invece…
“Vincemmo… Probabilmente perché dopo la definitiva scelta di correre per l’azienda e non per le case automobilistiche, la mala sorte si era dimenticata di me”.
Proposto e voluto dal direttore sportivo della General Motors Italia, Amilcare Ballestrieri, “Lucky” stipulò un contratto per correre con una vettura che avrebbe avuto modo di scrivere una pagina di storia nel rally italiano. Solo che a firmarla non fu lui. Era il 1981, e per Battistolli c’era un nuovo compagno: Fabio Penariol. Insieme disputarono 11 gare, quattro furono ritiri quando erano in testa, poi tre secondi posti e una vittoria. Sicilia, Elba, Sardegna, Ciocco, Quattro regioni, Lana, Colline di Romagna, Piancavallo, Centomila Trabucchi, San Marino, fino al San Remo. In quel rally “Lucky” arrivò quinto dopo avere lasciato la possibilità di conquistare al terzo posto contro un muro a Millesimo, anche se fu il primo degli italiani e appena dietro alle formidabili Audi Quattro. Campione d’Italia divenne Tony Fassina.
Anche nell’82, la musica non cambia. Altrettanti ritiri in testa alle gare, vittoria al Quattro regioni e al centomila Trabucchi, quest’ultima poi regalata a Miky Biasion per ordini di scuderia come già successo con Tony altrove, terzo in campionato e la sua squadra con Tony Fassina e Rudy Dal Pozzo campione d’Europa.
“L’anno successivo la direzione Opel liquida sia Tony Fassina che Fabio Penariol e mi affianca Rudy, alias Roberto Dal Pozzo, con una fiammante Manta 400 da rally. Però la Fiat, dopo un paio di insuccessi a causa delle Opel, aveva già pronta una fuoriclasse da gara: la 037. Era un’impresa starle davanti se non era afflitta da noie meccaniche. Così ai soliti ritiri per rotture meccaniche alla Targa Florio, Sardegna, Quattro regioni, e Lana, si sommarono alcuni incidenti che mi tolsero la possibilità di cogliere successi e risultati importanti”.

Dopo un mesto settimo posto a San Remo, afflitto da problemi fin dall’inizio della gara, concluse la stagione e terminò il contratto con la General Motors. Pensava di avere concluso la sua carriera da professionista al soldo di case e di scuderie e di potersi dedicare all’attività imprenditoriale che intanto aveva trascurato. Ma all’inizio del 1984 il suo compagno d’auto Fabio Penariol, che aveva aperto una scuderia diretta da Raffaele Pinto e disponeva di alcune Ferrari 308 GTB preparate da Giuliano Michelotto (tutt’ora brand legato alla casa di Maranello) che nel 1983 avevano corso in Italia con Tony Fassina, propose a “Lucky” di correre il campionato con loro. Erano talmente affascinanti sia il programma che le auto, impossibile resistere…
“Mi fu affiancato Claudio Berro, ex coequipier di Federico Ormezzano (che divenne poi manager della Renault Italia, della Ferrari, della Maserati, e ora della Lotus), e affrontai questa avventura. La vittoria mancò sempre per un soffio, sia nelle gare italiane (secondi alla Targa Florio, all’Elba, quarti sugli sterrati della Sardegna, secondi al Lana) ed in particolare la rottura di un paio di cuscinetti a Piancavallo e a San Marino ci tolsero la vittoria nel campionato italiano Open dove concludemmo al secondo posto. Per non parlare di una trasferta nelle Asturie in Spagna, quando dopo una lotta con l’idolo locale Zanini e altri piloti fortissimi, in testa a una prova dalla fine, fummo fermati dalla rottura di un semiasse”.
Nel 1985 firma un accordo con la Ford, che avrebbe dovuto affidargli una formidabile Gruppo B. Ma ci furono delle incomprensioni con la scuderia di Penariol, e la Ford non onorò l’impegno, forse a causa di una serie di incidenti che i Gruppi B stavano collezionando in giro per l’Europa. Incidenti che costarono la vita ad alcuni piloti, tra i quali Attilio Bettega, carissimo amico di “Lucky” e compagno di tante avventure. Insomma sembrava tutto finito. Ma non è stato così.
Cominciarono da quel momento una serie di partecipazioni a rally sparsi un po’ ovunque distribuiti nel corso degli anni che consentirono a “Lucky” di inanellare un numero di vittorie e di secondi posti, dal Bassano dell’86 con Fabrizia Pons, al Città di Schio, poi nell’87 il Due Valli, ancora Schio e un altro rally in Piemonte. Nell’88 il Rally di Bassano, bissato l’anno successivo con al suo fianco Luigi Cazzaro, protagonista insieme a “Lucky” di tante altre vittorie fino al 2001.
Il 1991 non porta risultati positivi e “Lucky”, ancora una volta, decide di lasciare. Ma la pausa dura solo 3 anni perché nel ‘94 riprese a correre con una Ford Escort al rally di Madeira, valido per la massima serie europea, vincendo la prima prova speciale ma uscendo di strada nella terza a causa della nebbia. Sono anni in cui la grande crescita della sua azienda si frappone alla possibilità di applicarsi con costanza alle gare automobilistiche, più volte abbandonate e poi riprese. Nel 1997 rientra al rally città di Bassano con una scuderia locale, la Runaway, alla guida di una Subaru WRC. Giunge secondo per una manciata di secondi dietro all’emergente Alessandro Battaglin.

Tuttavia nello stesso anno vince con Paolo Spollon navigatore sia il Piancavallo che il Rally di Schio. Nel 1998, bissa le due vittorie a Piancavallo e a Schio e arriva secondo a Bassano, tutte con Spollon al suo fianco. Il 1999 gli regala ancora tre vittorie: a Schio, Bassano e Piancavallo, così come il 2000 dove vince ancora a Bassano e a Piancavallo. Infine, nel 2001 dopo un terzo posto a San Crispino dietro a Navarra e Travaglia, decide di chiudere ancora una volta… per tornare a correre dopo qualche anno con le auto storiche, sempre con Fabrizia Pons, sempre diviso tra Lancia Delta e Lancia Rally 037. Sempre vincenti.