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La storia di Carlo Abarth: dalle moto alle auto

carlo abarth pp

Dal 1971 la Abarth diventa a tutti gli effetti di proprietà di Fiat Auto, e l’ultima vettura alla cui realizzazione partecipa attivamente il fondatore del marchio è la A112 Abarth destinata a dare vita al mitico Campionato. E nel corso degli anni Ottanta la storia prosegue con vetture celebri quali la Fiat 131 Abarth campione del mondo di rally e la Ritmo Abarth. Carlo Abarth si era tuttavia spento il 24 ottobre 1979, sotto lo stesso segno della nascita: quello dello Scorpione.

Karl Abarth, nacque a Vienna nel 1908, precisamente il 15 novembre, e iniziò subito a correre in moto in sella a una Motor Thun, dedicandosi allo stesso tempo a costruire motocicletta personalizzate con il marchio Abarth. Un grave incidente, durante una competizione a Linz, lo costrinse però ad abbandonare le moto. Si dedicò così alle gare con i sidecar, arrivando a sfidare, e battere, il treno Oriente Express. Arriva quindi un secondo grave incidente (nel 1939) e Karl abbandona per sempre le competizioni.

Iniziano qui la seconda vita di Abarth e il mito vero e proprio. Nel 1945 si trasferisce a Merano e diventa cittadino italiano a tutti gli effetti. Poi, dopo una breve esperienza in Cisitalia, nel 1949 fonda la Abarth & C. La prima vettura prodotta fu una 204 A Roadster, derivata da una Fiat 1100, che vinse immediatamente il campionato italiano 1100 sport e quello di formula 2.

Contemporaneamente, Abarth ha l’intuizione geniale di affiancare all’attività corse l’attenzione per il grande pubblico, e inizia a realizzare i famosi kit di elaborazione per vetture di serie che aumentano potenza, velocità massima e accelerazione. Elementi di spicco nei kit furono le marmitte di scarico che, nel corso degli anni, diventeranno una vera propria icona dello “stile Abarth”.

Grazie all’esperienza appresa anni prima sulle moto le marmitte Abarth diventarono un prodotto tecnologicamente all’avanguardia. I primi prototipi prevedevano un tubo centrale di sezione costante e passaggi laterali nella lana di vetro, ed eliminazione di tutti i diaframmi per contenere al massimo la compressione dei gas. Un sistema semplice ma innovativo, che diede ai suoi prodotti un chiaro vantaggio prestazionale ed un inconfondibile rumore sordo e pieno. In pochi anni l’Abarth & C. raggiunge livelli globali: nel 1962 produce 257.000 marmitte con uno staff di 375 persone, il 65% è destinato all’esportazione.

Furono due gli elementi di fondamentale importanza che determinarono il successo dei componenti e dei kit Abarth: un’abile campagna pubblicitaria e l’attività corse. Infatti, Carlo Abarth introdusse tecniche di marketing e comunicazione ancora oggi attuali. Basti dire che per convincere gli automobilisti a rimuovere la marmitta di serie e a installarne una Abarth, escogitò un’abile campagna pubblicitaria, centrata su un’elegante presentazione del prodotto. Reclamizzata con linguaggio nuovo e rivoluzionario sulle maggiori testate giornalistiche, la marmitta veniva presentata in versione nero opaco e terminali cromati, e offerta ad un prezzo di gran lunga superiore rispetto a quello della concorrenza (4.500 lire contro un massimo di 2.000 lire).

I suoi collaboratori, inizialmente scettici nei confronti della strategia, dovettero prontamente ricredersi: il successo fu immediato e straordinario. Le prime 50 unità furono realizzate per la Fiat “Topolino”. L’ascesa del marchio nell’immaginario degli appassionati di motori � costante, incessante, e con il trascorrere del tempo diventa quasi imperiosa, toccando il proprio apice alla fine degli anni 50 e lungo tutti gli anni 60.

Carlo Abarth costruisce il mito dello Scorpione con una dedizione assoluta e un’attività quasi frenetica, nella quale si intravedono le caratteristiche del genio. Le tappe di questo exploit continuo, di questa storia di successo quasi senza paragoni, si susseguono secondo un ritmo che lascia sbalorditi ancora oggi. Una lunga marcia a suon di record, trionfi, intuizioni epocali che cambiano il modo di vivere le auto sportive.

Con una Fiat Abarth 750 carrozzata Bertone nel 1956 sigla una lunga serie di record di durata e velocità: il 18 giugno, sulla pista di Monza, batte il record delle 24 ore dove copre 3.743 km a una velocità media di 155 km/h. Poi, dal 27 al 29 giugno, sullo stesso circuito lombardo, anella numerosi record: i 5.000 e i 10.000 km, le 5.000 miglia e anche le 48 e le 72 ore. Il successo fu internazionale, addirittura l’autorevole giornale tedesco “Das Auto Moto Und Sport” nel numero 15 del 21 luglio del 1956 dedica la copertina alla Abarth 750.

La medesima vettura fu carrozzata Zagato in due versioni differenti la Fiat Abarth 750 Zagato (1956) e la Fiat Abarth 750 GT Zagato (1956). L’11 ed il 12 maggio del 1957 alla 24esima Mille Miglia erano presenti ben 20 vetture dello “scorpione” nella classe 750, di queste ben 16 terminarono la gara.

Il “rombo” di questa straordinaria vettura toccò persino gli Stati Uniti: Franklyn Delano Roosvelt Jr., figlio del presidente degli USA, si precipitò in Italia per siglare personalmente con Carlo Abarth un accordo di esclusiva per la distribuzione di queste automobili.
Nel 1958 Abarth compie un vero e proprio capolavoro sulla nuova Fiat 500, trasformando completamente la piccola utilitaria ed esaltandone al massimo le potenzialità.

Nello stesso anno diventa sempre più stretta la partnership con Fiat, che si impegna a riconoscere premi in denaro alla Abarth in base al numero di vittorie e record che la scuderia sarebbe riuscita a realizzare. Un evento che sta alla base dell’impressionante palmares a venire: 10 record del mondo, 133 record internazionali, più di 10.000 vittorie su pista.

Il mito cresce sempre più, entrando persino nel linguaggio comune. Gli anni 60 sono il decennio d’oro di Abarth. Dire “Abarth” significava dire “velocità”, “coraggio”, “prestazione”, “modifica”. Ed è davvero lungo l’elenco delle vetture che hanno scolpito il nome Abarth nella storia dell’automobilismo: dalla 850 TC, che vinse su tutti i circuiti internazionali compreso il Nurbrugring, alla Fiat Abarth “1000 Berlina” fino alla 2300 S, che sul circuito di Monza infila una straordinaria serie di record nonostante condizioni atmosferiche proibitive.

Nel 1965 Carlo Abarth volle realizzare di persona un record. Il 20 ottobre 1965 sulla pista di Monza con la Fiat Abarth 1000 Monoposto Record Classe G, potenza 105 CV siglò il record di accelerazione sul quarto di miglio e sui 500 metri mentre, il giorno successivo con una monoposto classe E da 2000 cc, siglò i medesimi primati per classi superiori. Anche questa volta un aneddoto dice molto delle tenacia di quest’uomo, che per poter entrare nell’angusto abitacolo e poter condurre alla vittoria le sue vetture dovette perdere 30 kg di peso all’età di 57 anni.

Dal 1971 la Abarth diventa a tutti gli effetti di proprietà di Fiat Auto, e l’ultima vettura alla cui realizzazione partecipa attivamente il fondatore del marchio è la A112 Abarth destinata a dare vita al mitico Campionato. E nel corso degli anni Ottanta la storia prosegue con vetture celebri quali la Fiat 131 Abarth campione del mondo di rally e la Ritmo Abarth. Carlo Abarth si era tuttavia spento il 24 ottobre 1979, sotto lo stesso segno della nascita: quello dello Scorpione.