Icone: Fiat Ritmo Abarth 105 TC, 125 TC e 130 TC
La Fiat Ritmo Abarth 105 TC era una muscolosa tre porte, era caratterizzata esternamente soprattutto dallo specifico paraurti anteriore di colore nero con spoiler e fendinebbia integrati, codolini neri, filetti neri lungo le fiancate e ruote da 14″ della Super con copriruota neri. Il look grintoso era giustificato dai 105 CV erogati dal motore bialbero di 1585 cm³ a carburatore che la spingeva fino a 180 km/h con un’accelerazione bestiale.
La Fiat Ritmo Abarth è stata una delle auto più iconiche degli anni Ottanta, su strada e nei rally. Tanto familiare quanto corsaiola. Debutta nello stesso anno della Cabrio, la Fiat Ritmo Abarth 105 TC. Siamo nel 1981 e si arricchisce ulteriormente una vettura che sta avendo un successo strepitoso a livello commerciale, ma anche sportivo per mano di tanti privati che in questa vettura Made in Turin hanno trovato la quattro ruote perfetta con cui correre. Prima dell’avvento della 105 TC, le versioni sportive erano limitate alle Super 75 e Super 85, con, rispettivamente, motore di 1301 cm³ da 75 CV e 1498 cm³ da 85 CV entrambi dotati di carburatore doppio corpo e albero a camme dalla fasatura più spinta, che sostituirono le Targa Oro.
L’allestimento delle Super era decisamente ricco: paraurti neri con bordini cromati su calandra e portatarga posteriore, maniglie porta cromate, profili cromati intorno a parabrezza, lunotto e alla base dei finestrini, diversa presa d’aria sul cofano, e infine inedite ruote da 165/65 su cerchi specifici da 14 pollici, gli stessi precedentemente montati sulla Lancia Beta ma con coprimozzo specifico. Gli interni furono totalmente ridisegnati: la plancia in particolare aveva un aspetto più imponente ed era costruita in materiale schiumato simile a quello della Lancia Delta.
La Fiat Ritmo Abarth 105 TC invece era una muscolosa tre porte, era caratterizzata esternamente soprattutto dallo specifico paraurti anteriore di colore nero con spoiler e fendinebbia integrati, codolini neri, filetti neri lungo le fiancate e ruote da 14″ della Super con copriruota neri (a richiesta cerchi in lega specifici neri). Il look grintoso era giustificato dai 105 CV erogati dal motore bialbero di 1585 cm³ a carburatore che la spingeva fino a 180 km/h con un’accelerazione da 0 a 100 in circa 10 secondi (dati dichiarati dal Costruttore). All’interno sedili avvolgenti, volante sportivo a tre razze e numerosi altri particolari in tono. L’assetto era adeguato con ammortizzatori più frenati e una barra stabilizzatrice anteriore che coadiuvava i puntoni di reazione.
Nel 1982 la Fiat Ritmo Abarth ricevette altre modifiche di dettaglio delle quali la più vistosa era sicuramente la sparizione della caratteristica “codina” alla fine del tetto, che si era rivelata controproducente dal punto di vista aerodinamico creando vortici che, fra l’altro, risucchiavano la polvere e l’acqua alzata dalle ruote posteriori sporcando il lunotto. Nonostante la prima serie fosse sul mercato ormai da 4 anni e si avviasse a fine produzione, in quell’anno la Fiat introdusse comunque un’ulteriore versione: la 125 TC Abarth. Mossa da un bialbero a carburatore doppio corpo di 1995 cm³ da 125 CV a 6000 giri, la versione curata dalla Abarth aveva una carrozzeria (solo 3 porte) molto sportiva basata sulla 105 TC, con in più cerchi in lega specifici di produzione Pirelli con gomme P6 da 185/60-R14, strip adesiva laterale Abarth 2000, alettone posteriore in gomma alla base del lunotto, terminale marmitta cromato, sedili sportivi e volante racing.
Immancabili ovviamente le targhette con il marchio dello scorpione. Inoltre la ruota di scorta, troppo larga per restare nel vano motore, fu spostata nel bagagliaio e “imbustata” in un’apposita custodia in finta pelle. Oltre al potente motore, questa versione era dotata di un robusto cambio sportivo prodotto dalla tedesca ZF, freni anteriori a dischi autoventilanti con servofreno maggiorato, e tutta una serie di modifiche all’assetto che includevano diversi fuselli anteriori marcati Abarth che conferivano una diversa geometria all’avantreno.
La Ritmo 125 Abarth, con i suoi 190 km/h e uno 0-100 in meno di 9 secondi, destò molto interesse presso la stampa italiana ed estera: famoso all’epoca un servizio pubblicato su Gente Motori in cui il pilota di rally Attilio Bettega si cimentava in un’improbabile gara di accelerazione contro un caccia Fiat G-91 delle Frecce Tricolori. La Ritmo, nelle sue versioni più sportive, è stata anche impiegata nei rally dalla fine degli anni ’70; Attilio Bettega partecipò al Rally di Montecarlo nel 1979 alla guida della Ritmo 75, concludendo in sesta posizione e registrando il miglior tempo sulla prova del Col de Turini.

Arriva la Fiat Ritmo Abarth II Serie
Alla fine del 1982 un profondo restyling portò alla presentazione della Ritmo seconda serie. Benché a livello di lamierati sembrava fosse cambiato solamente il cofano motore, in realtà la scocca della vettura subì una totale riprogettazione che la differenziava totalmente dal vecchio pianale di derivazione 128, portando a un risparmio di peso di circa 70 kg e allo stesso tempo alla risoluzione dei problemi di fessurazioni della zona anteriore del telaio che avevano afflitto numerosi esemplari della prima serie (in particolare le diesel) e che avevano obbligato i progettisti a introdurre piastre di rinforzo sulla traversa anteriore soprattutto sulle versioni sportive. Le modifiche più evidenti riguardarono lo spostamento del serbatoio in posizione protetta sotto al sedile posteriore (prima era sotto al bagagliaio), il bocchettone di rifornimento passato dal parafango sinistro a quello destro e celato da uno sportello, la definitiva migrazione della ruota di scorta sotto al bagagliaio (stranamente accessibile dall’esterno come in alcune auto francesi), e differenti duomi delle sospensioni anteriori con attacchi a tre viti invece che a due. La personalità della vettura apparve sensibilmente modificata.
Alle numerose modifiche estetiche si abbinavano quelle meccaniche. Le sospensioni anteriori adottarono nuove molle coniche disassate che rendevano più preciso il funzionamento degli ammortizzatori e limitavano le reazioni allo sterzo su asfalto sconnesso, il cambio a 5 marce diventava di serie su tutta la gamma “manuale”, e i motori 1116 e 1301 cm³ venivano rivisti per renderli più elastici e diminuire i consumi, guadagnando l’accensione elettronica senza puntine (“breakerless”) e una diversa messa a punto: queste modifiche ridussero la potenza da 60 a 55 CV sul 1100 migliorando però la coppia, mentre i 1300 da 65 e 75 CV vennero unificati in un’unica versione da 68 CV dotata di carburatore doppio corpo. Invariato il 1500 da 85 CV. Il 1700 diesel venne rivisto nelle tarature e guadagnò 3 CV (ora 58). Gli allestimenti vennero ridotti a due (base e S) più la 105 TC, mentre la sportiva 125 TC Abarth resta per il momento invariata alla prima serie. La gamma delle Cabrio (aggiornate come le berline) venne ampliata con l’introduzione del motore 1300 accanto al 1500.
La gamma della Ritmo 2 venne completata nel 1983 con l’introduzione della versione Abarth 130 TC. Il motore guadagnava l’accensione elettronica digitale Marelli Digiplex e l’alimentazione mediante due carburatori doppio corpo orizzontali da 40. Il risultato erano 130 CV a 5800 giri (200 in meno della precedente 125 TC), che abbinati al peso minore e al cambio con il finale leggermente allungato la rendevano capace di uno spettacolare (per l’epoca) tempo di 8 secondi netti da 0 a 100 km/h. La Ritmo 130 ebbe un successo strepitoso presso gli appassionati grazie alle prestazioni (e alla “cattiveria” con cui erano espresse), ulteriormente alimentato dai successi sportivi che la vettura colse nelle gare in pista e su strada, dominando per anni i principali campionati europei di Gr. N. In generale la “cura Abarth” includeva molti particolari mirati a una facile preparazione agonistica della vettura: ad esempio la stessa adozione, apparentemente anacronistica, dei doppi carburatori (la Golf GTI aveva da sempre l’iniezione), serviva in realtà ad avere già omologato un collettore di aspirazione a quattro farfalle da accoppiare all’iniezione meccanica Kugelfischer (un must delle competizioni di quell’epoca).
Nel 1985 un leggero restyling (mascherina anteriore, paraurti anteriore più basso e predisposto per i fendinebbia, spostamento della targa posteriore sullo scudo, fascioni neri di plastica sulle fiancate, maniglie porta rettangolari invece che rotonde) accompagnò un aggiornamento della gamma. Il motore della 60 adottò il carburatore doppio corpo guadagnando 3 CV (ora 58). La 105 TC, ormai spiazzata dalla Abarth, venne rimpiazzata dalla 100 S a 5 porte dotata di una nuova versione del bialbero con testa ruotata di 180 gradi (motore poi montato anche sulla Lancia Prisma seconda serie) e potenza ridotta a 100 CV per migliorare elasticità e consumi; questa versione ebbe poco riscontro in Italia, ma fu maggiormente apprezzata all’estero.
La 130 TC Abarth ricevette nuovi cerchi in lega dal disegno simile a quelli della Uno Turbo. Le versioni diesel ebbero importanti novità: il vecchio motore da 1714 cc lasciò il posto a una nuova unità da 1697 cc facente parte della nuova famiglia di motori derivati dalla “dieselizzazione” dei monoalbero delle ultime 131 del 1981. Il nuovo motore erogava ora 60 CV, risultando inoltre più parco e più elastico oltre che più silenzioso. L’auto è stata prodotta dal 1978 in due diverse serie, di cui la seconda realizzata nel 1982, per essere sostituita nel segmento C, fascia di mercato che copriva nel listino della Fiat, dalla Tipo.
Ma dove le doti dinamiche di quest’auto mostrarono il vero progresso fu nella ripresa, tanto che da 70 a 120 km/h in V fece segnare 11,8 secondi: un dato impressionante, basti pensare che la Ferrari Testarossa impiega solo nove decimi in meno; la tenuta di strada poi, già molto buona sulla 125 TC, fu ulteriormente migliorata tanto che Walter Röhrl, che collaudò ambedue le Ritmo Abarth per Quattroruote, disse lapidariamente: “Adesso mi piace…”.

Storia della vetture torinese
Il progetto 138, destinato allo sviluppo di un’erede per la 128, venne avviato nel 1972. L’obiettivo era quello di dare alla media Fiat un aspetto più moderno, in modo da tenere il passo delle protagoniste del segmento fuori dai confini nazionali, in particolare Volkswagen Golf e Renault 14. Il marketing, per la prima volta nella storia della Fiat, assunse un’importanza determinante nella definizione del design della vettura, “imponendo” la realizzazione di un’autovettura a 2 volumi con portellone posteriore, abitabilità per 5 persone, interni funzionali e “spiccata riconoscibilità rispetto alla concorrenza”. Tale soluzione dieci anni prima era stata scartata per la 128 prodotta in Italia, ma utilizzata per la versione jugoslava.
Il Centro Stile Fiat, guidato da Gianpaolo Boano realizzò una berlina di dimensioni contenute (meno di 4 metri di lunghezza), con avvolgenti paraurti in plastica (incorporanti anche le luci) e caratterizzata da un forte contrasto fra elementi circolari (fari, maniglie porta) e linee tese (fiancata e coda). Per contenere i costi di produzione, venne elaborato un particolare processo produttivo per la realizzazione dei costosi paraurti sintetici. Fu la prima auto italiana (in Francia la Renault 5 li aveva dal 1972) ad avere i paraurti integrati nel corpo vettura (e non sporgenti a sé stanti come fino ad allora succedeva); questo causò inizialmente alcune difficoltà da parte del pubblico ad accettare la vettura che a quel tempo sembrava priva di paraurti.
Anche gli interni, con plancia e pannelli porta, completamente in plastica, stampati in pezzo unico erano improntati alla massima funzionalità e abitabilità. Un altro tocco di “modernità” al modello era dato dall’assemblaggio automatizzato (attraverso l’uso di robot) di buona parte dell’autovettura. L’impostazione meccanica invece era la stessa della 128: trazione anteriore, sospensioni a ruote indipendenti MacPherson davanti, balestrone trasversale al posteriore e impianto frenante di tipo misto. Il cambio manuale poteva essere a 4 o 5 marce. Nel 1979 mancò per un soffio il riconoscimento di auto dell’anno, classificandosi al secondo posto.
La Ritmo, questo il nome scelto per il nuovo modello, debuttò al Salone dell’automobile di Torino del 1978. Nei mercati di lingua inglese, il nome fu cambiato in “Strada”. Circolò la voce che questo fu fatto poiché la parola “ritmo” o “rhythm” indicasse in inglese il ciclo mestruale. In realtà tale interpretazione è da considerarsi una leggenda metropolitana, in quanto tale parola non è comunemente utilizzata con tale significato nei paesi anglosassoni, ed è più probabile che la scelta sia stata fatta per ragioni di pronunciabilità.
Al momento della presentazione erano disponibili due corpi vettura (3 e 5 porte), due allestimenti (L e CL) e quattro motorizzazioni. Alla base si collocava la versione 60, spinta da due motori rispettivamente di 1050 cm³ (per la 60L) e 1116 cm³ (per la 60CL); il primo era della famiglia “Brasile”, derivato dalla locale 147, il secondo di stretta derivazione 128; entrambi avevano una potenza di 60 CV. Poi c’era la versione 65 con un inedito 1301 cm³ (evoluzione del 1290 cm³ della 128) da 65 CV e infine la Ritmo 75, con cilindrata elevata a 1498 cm³ (75 CV) e disponibile anche con un cambio automatico a tre rapporti.
Tutte figlie della Ritmo
Fino al 1982, in base all’accordo di collaborazione sottoscritto fra le case automobilistiche, la Ritmo venne prodotta in Spagna dalla Seat. Allo scadere dell’accordo la casa spagnola riciclò il più possibile le sue catene di montaggio, sostituì un numero di pezzi sufficiente a evitare problemi di copyright e uscì sul mercato con un modello molto simile alla progenitrice, la Seat Ronda, rifacendo di fatto quanto già accaduto con la Fiat Panda, riciclata in Seat Marbella, e con la 127 (diventata Seat Fura). Nel 1984, con poche modifiche sullo stesso pianale della Ronda la Seat costruì la prima serie della Ibiza e anche la Malaga, mantenendone anche le sospensioni.
Dalla Ritmo seconda serie fu derivata la berlina Fiat Regata, vettura che aveva talmente tanti elementi in comune con la Ritmo da essere omologata come una sua versione (entrambe avevano sigla di progetto “138”, e come tali erano indicate sulla carta di circolazione). Il marchio tornò in auge nel 2007, quando la nuova Fiat Bravo, presentata in Italia nel febbraio di quell’anno, viene venduta sul mercato australiano con il nome di Fiat Ritmo; anche il nome Strada è stato riutilizzato dal 1999 per un modello pick-up.