Furbizie contro furbate e la quadratura dei cerchi
Sapevo inoltre che se avessi tirato il motore 500 giri in più per oltre 15 chilometri (tanti erano quelli dei rettilinei della speciale), avrei quasi certamente rotto il propulsore. E mentre all’assistenza mi scervellavo sul da farsi lo sguardo si posò su un mezzo dei meccanici: una vettura di serie dello stesso modello da cui derivava la mia da corsa. Montava cerchi da 15 pollici mentre la mia aveva quelli da 13.
Prova di Campionato Europeo in Spagna. Ancora una volta mi trovavo al termine di una corsa in testa alla classifica con un margine di pochi secondi sugli immediati inseguitori. E ancora una volta l’ultima prova era sfavorevole al mio mezzo meccanico.
La mia vettura infatti, montava rapporti molto corti che consentivano una velocità di punta, a 7200 giri al minuto, di circa 170 km/h, mentre l’ultima prova speciale si svolgeva su una strada assolutamente piatta e veloce, con appena il venti per cento di curve, contro l’ottanta per cento di diritto.
Sapevo che le vetture dei miei diretti avversari erano più veloci sui tratti rettilinei di almeno 10 km/h rispetto alla mia. Sapevo inoltre che se avessi tirato il motore 500 giri in più per oltre 15 chilometri (tanti erano quelli dei rettilinei della speciale), avrei quasi certamente rotto il propulsore.
E mentre all’assistenza mi scervellavo sul da farsi lo sguardo si posò su un mezzo dei meccanici: una vettura di serie dello stesso modello da cui derivava la mia da corsa. Montava cerchi da 15 pollici mentre la mia aveva quelli da 13.
Era evidente che, nascendo con i cerchi più grandi, la prima omologazione della vettura doveva essere stata fatta proprio con quei cerchi e che quindi, utilizzandoli sarei stato perfettamente in regola.
Feci un rapido calcolo e mi resi conto che avrei guadagnato quasi 20 km/h in velocità di punta: un grande vantaggio anche se ovviamente avrei perso qualcosa in accelerazione.
Esaminai i pneumatici e, con enorme soddisfazione, notai che, pur trattandosi di gomme assolutamente stradali, erano praticamente nuovi. Decisi quindi di montarne due sulle ruote motrici. Il risultato estetico non era certo dei migliori, poiché la macchina sembrava essere sempre in salita, ma il risultato pratico fu meraviglioso: mi permise di vincere prova e gara.
Naturalmente mi sono immediatamente dimenticato di quale incubo siano stati quei quindici chilometri di rettilinei percorsi a quasi 200 kmh, con due pneumatici usati che potevano saltare da un momento all’altro!
Tratto dal libro Come guidare nei rally, di Sergio Barbasio – Campione d’Italia 1971 e 1972
