Ford Focus WRC: una grande auto nata da una piccola squadra
L’ingegnere italiano Guenther Steiner ha mosso i primi passi negli sport motoristici lavorando sulla Lancia Gruppo A e sulla Ford Escort per il Jolly Club, prima di mettersi in contatto con Malcolm Wilson di M-Sport. Quando Wilson ha ottenuto il contratto per progettare e costruire la nuova Ford, la Focus WRC, fu stato perentorio nel volere Steiner a capo del progetto. E fece bene. Ecco i dietro le quinte della progettazione e dello sviluppo dell’arma da rally che con Colin McRae sfiorò il titolo del Mondiale 2001.
No, diciamolo pure con certezza: non capita spesso che il ricordo duraturo di un campione del mondo possa essere associato quasi allo stesso modo a due auto da rally icone della storia, ma Colin McRae potrebbe essere un esempio calzante. Specialmente nella nostra storia. Il nome del vincitore del titolo WRC del 1995 evoca immagini uniche della mitica Subaru Impreza 555, ma vale la stessa cosa per la Ford Focus WRC in livrea Martini. Immagini che le vedono aggredire le strette strade di montagna in Kenya e che sono rimaste nel cuore di tutti noi.
La Focus è stata un enorme successo, una vettura dal design azzeccato e già vittoriosa al suo terzo rally, che ha rivendicato il successo assoluto in ben undici gare WRC in totale e che ha avvicinato terribilmente McRae e il suo co-pilota Nicky Grist al titolo 2001. E pensare che fu una macchina realizzata in fretta e in officine modeste, per risparmiare. Lo ha confermato il leader del progetto, poi capo del team Haas F1 Guenther Steiner. “Era incredibile – racconta Steiner -. Quella di Ford per i rally era una squadra piccola, niente a che fare con le squadre del WRC che si vedono ora”.
L’ingegnere italiano ha mosso i primi passi negli sport motoristici lavorando sulla Lancia Gruppo A e sulla Ford Escort per il Jolly Club, prima di mettersi in contatto con Malcolm Wilson di M-Sport. Quando Wilson ha ottenuto il contratto per progettare e costruire la nuova Ford Focus WRC, è stato perentorio nel volere Steiner a capo del progetto.
“Malcolm mi conosceva molto bene, sapeva cosa ero in grado di fare – prosegue Steiner -. Mi disse: “Ho questo progetto Ford per sviluppare questa macchina, sei interessato a configurarla?”. Ho un ottimo rapporto con Maclolm e credevo in quello che diceva. Quindi dissi di sì”.

Mantenere i patti era essenziale per Steiner e compagni per realizzare il sogno di Ford nel WRC. Poteva essere davvero un grande progetto con la star McRae, chiamato da Subaru con un contratto faraonico. Però, le strutture con cui la piccola squadra ha lavorato per realizzare la Focus WRC non erano esattamente alla pari con i loro rivali. Le cose sono peggiorate quando si è scoperto che la squadra di esperti aveva solo nove mesi per portare l’auto dal tavolo da disegno al debutto al Rally di MonteCarlo 1999.
“Quando abbiamo iniziato, era un piccolo team di nemmeno 10 persone, che non avevano mai lavorato insieme”, ricorda Steiner. “Non avevamo grandi strutture: avevamo affittato uno spazio a Millbrook, zona di prova della Ford”.
Alimentata da un motore Zetec E 16V turbo da circa 300 CV dichiarati, la scocca dell’auto da strada si prestava bene al design di un’auto da competizione. Ciò che ha anche aiutato è stata la forma a goccia che era aerodinamicamente ottimale, con un coefficiente di resistenza di 0,36.
Inoltre, l’auto da corsa del WRC ha anche preso in prestito dalla sua controparte stradale le avanzate sospensioni posteriori multi-link. Insolitamente sofisticato per un’auto da strada disponibile al pubblico, queste sospensioni davano a Ford un vantaggio nelle regole del WRC che vietavano modifiche radicali alle sospensioni del veicolo stradali su cui era basata l’auto da rally. Pertanto i clienti Ford hanno avuto un assaggio della tecnologia WRC nella loro auto di famiglia.
Presenti anche un cambio sequenziale a sei marce e una coppia di differenziali idroelettrici attivi per l’asse anteriore e centrale con differenziale meccanico al posteriore. “Il regolamento si basava molto sull’auto da strada, quindi la sfida più grande per aggirare questo problema è stata l’introduzione di tecnologie avanzate”, spiega.
“Se si usa un turbocompressore su un motore normalmente aspirato, si verificano problemi. Non sono fatti per reggere la pressione interna di un turbocompressore – i blocchi iniziano a rompersi con l’aumento del calore – quindi sviluppare un turbocompressore da mettere su quel motore è stata una sfida enorme. Poi anche fare le scocche senza nulla che non ti serva, perché altrimenti prendi una Focus e poi la smonti, ma impieghi due settimane. Bisognava coinvolgere la casa madre per essere aiutati”.
Steiner e il suo team hanno affrontato il progetto con disinvoltura, producendo il “pacchetto” Focus WRC. Oltre ad avere un’auto competitiva, M-Sport aveva una delle vetture più sicure affidata al migliore pilota. Steiner non aveva dubbi sul vantaggio di avere McRae e il suo approccio implacabile a bordo per testare la Focus.

“Riguardo Colin – ha raccontato Steiner relativamente allo sviluppo di un’auto da rally su misura per il pilota scozzese – era una superstar, era il migliore in quel momento. Quindi, ovviamente, quello che diceva, si faceva. La macchina andava bene e Colin si divertiva. Ha portato tutto al limite, e anche questo ci ha aiutato, perché non aveva mai timore di dirti la sua opinione. Se qualcosa non andava, sapevi che era sbagliato, te lo diceva chiaro e ciò ci ha aiutato ad andare avanti velocemente”.
I progressi furono sorprendenti. Appena nove mesi dopo che i tecnici stavano iniziando ad esaminare un foglio bianco a Milbrook, l’auto da corsa sviluppata dall’inizio con McRae e Grist, che si sarebbero assicurati un terzo posto nel Rally di MonteCarlo 1999, almeno fino all’esclusione dalla classifica, era finalmente pronta.
Purtroppo, la pompa dell’acqua posizionata in modo diverso da quello mostrato sulla sua omologazione ha portato la direzione del rally all’esclusione dalla classifica di gara, ma era chiaro che l’auto aveva potenza e stabilità, ma anche velocità e resistenza. Non gli mancava davvero nulla. Steiner ritiene che la squalifica fosse in realtà indicativa delle qualità innovative della Focus e del suo team di progettazione.
“Ha davvero anticipato i tempi. Se si guarda quella macchina adesso, si nota che tutti hanno usato poi quelle soluzioni. Basta guardare l’ala posteriore. È stata sfruttato per essere un vero e proprio alettone e non solo un alettone. L’auto era molto, molto forte, fin da subito. In realtà era un po’ pesante. Penso che fosse la cosa più importante. Avevamo anche dei bravi ingegneri elettronici con il differenziale attivo e tutte quelle “cose buone”, hanno aiutato molto”.
È andata bene: con un pollice rotto, McRae ha attraversato il Kenya per vincere. “Abbiamo vinto il Safari, è stato incredibile”. A Steiner quella vittoria riporta il sorriso. E come non potrebbe. “La nostra era davvero una squadra molto piccola, niente a che fare con le squadre del WRC che si vedono adesso”.
L’auto avrebbe vinto di nuovo il rally successivo, sempre con McRae. Lo scozzese finì sesto in campionato quell’anno. Altre cinque vittorie nelle due stagioni successive lo hanno visto arrivare a un soffio dal titolo 2001, perso proprio per una terribile uscita al Rally GB, mentre era in testa. A questo punto, però, Steiner si era trasferito per aiutare a gestire l’altro grande progetto Ford nella forma della sua Jaguar F1, ma ovviamente la Focus WRC aveva un posto speciale nel suo cuore. Se M-Sport avesse avuto un po’ più di tempo, avrebbe potuto ottenere ancora di più. Di questo il nostro ingegnere ne è praticamente certo.
“Nella mia carriera, è stato il progetto più importante – dice -. Era la mia prima opportunità per dirigere qualcosa. Penso che mi abbia reso quello che sono. Ho ottenuto rispetto e stima, c’erano, prima che il progetto iniziasse, molti oppositori perché avevamo una piccola squadra e piccole strutture. In nove mesi abbiamo creato un’auto che ci ha fatto vincere al terzo rally. Ma col senno di poi, se avessi avuto altri sei mesi di sviluppo, avremmo potuto vincere il campionato al debutto”.