Fabrizio Tabaton: ”Papà team manager severo”
”Lui era molto severo nel giudicare i piloti e neanche a me perdonava nulla. Per esempio, mio fratello tentò in qualche gara, ma lo fece interrompere e così diventò neurochirurgo. Quando scelsi il Trofeo A112, il primo anno avevo come avversario Bettega. Era evidente che lui fosse un pupillo di papà. Non era facile per me. Ma diventò uno stimolo e al secondo tentativo riuscii a vincere”.
Fabrizio Tabaton, nato nel 1955, si trovò subito dopo i primi passi a fare i primi chilometri… In macchina. Con suo papà, a fargli da cronometrista prima e navigatore poi. Il destino era segnato. Esordisce infatti nel 1974 al Rally Monti Savonesi con una Fulvia HF. “Feci nono assoluto nella mia prima gara, fu un ottimo risultato per iniziare – racconta Fabrizio Tabaton –. Mio padre era contento, ma fu molto chiaro: prima gli studi poi le corse. E sarà un caso, ma tanta era la voglia di correre, che mi laureai a 23 anni”.
“Lui era molto severo nel giudicare i piloti e neanche a me perdonava nulla. Per esempio, mio fratello tentò in qualche gara, ma lo fece interrompere e così diventò neurochirurgo. Quando scelsi il Trofeo A112, il primo anno avevo come avversario Bettega. Era evidente che lui fosse un pupillo di papà. Non era facile per me. Ma diventò uno stimolo e al secondo tentativo riuscii a vincere”.
“Da quel momento iniziò la mia lunga carriera prima con la Stratos poi con la 037, la vettura con la quale mi sono più divertito e con la quale ho raccolto i primi risultati importanti, fino alla vittoria del campionato italiano. In quegli anni, i rapporti con la Lancia erano diventati molto stretti. La Grifone, con il Jolly, faceva parte dello Junior Team e con l’arrivo dello sponsor Esso avevamo potuto riorganizzare la squadra”.

“Nel 1986, con la Delta S4 vinsi il Campionato Europeo e l’esperienza ci servì per esplorare la possibilità di allargare la nostra attività all’estero. E così fu, negli anni successivi, quando con le Delta ci siamo trovati a gestire diversi campionati oltre confine. Una vera svolta per la Grifone fu quando cessò il rapporto con la Lancia. Per l’arresto della loro attività sportiva, dovevamo reinventarci e l’occasione arrivò dalla Toyota. Con Ove Andersson trovai subito feeling e divenne una persona importantissima della mia vita, come un secondo padre”.
“Con lui realizzammo grandi imprese e ci fu una trasformazione per la scuderia che da semplice sede sociale diventò una struttura con officina che si chiamò HF Engineering. Le nostre vetture erano impegnate in tutti i campionati, anche nel Mondiale, e correvano con i nostri colori tutti i migliori piloti, stranieri e italiani”.
“Quando i giapponesi hanno chiuso il Toyota Team Europe, per passare alla F1, abbiamo continuato ancora un po’ gestendo le loro vetture, ma poi mancava lo sviluppo e non erano più competitive. Ci rivolgemmo alla Peugeot, direttamente a Jean Pierre Nicolas. Ci trovammo così gestire le 206 WRC. Tra le varie iniziative di quel periodo voglio ricordare un’esperienza emozionante con Valentino Rossi al RAC”.
“I rapporti con loro, però, non erano altrettanto stretti come con Toyota e finirono per esaurirsi. Dopo un periodo di gestione per conto di Abarth delle Punto nel campionato IRC, abbiamo creduto nel progetto di BMW con le Mini ma non ci fu seguito. Una struttura come quella che avevamo messo in piedi poteva reggersi soltanto con l’appoggio diretto di una casa costruttrice. Ci siamo arresi quando abbiamo capito che ciò non sarebbe più stato possibile”.