Designer italiani nel Terzo Millennio: Tricolore a mezz’asta
Nel 2014 il fallimento della Bertone, nell’estate del 2015 Giorgetto Giugiaro lascia la sua creatura, l’Italdesign. Due gravi colpi per l’Italia dell’automobile, due storie che hanno regalato tanto al mondo dei motori.
Amarezza? Delusione? Rimpianto? Scegliete voi lo stato d’animo che preferite, ma sicuramente non c’è spazio per la gioia. Nel giro di un anno l’Italia a quattro ruote perde due dei pilastri su cui ha costruito la propria storia, la propria fortuna, il proprio onore. Nel mese di luglio 2014 Bertone ha ammainato (per sempre?) il proprio vessillo a causa del fallimento che è stato solo l’ultimo atto di una lunga agonia mentre all’inizio dell’estate del 2015 Giorgetto Giugiaro e suo figlio Fabrizio hanno ceduto le residue quote di Italdesign al Gruppo Volkswagen che ora è proprietario al 100%, azienda che negli anni ha sfornato modelli di successo per varie Case.
Futuro buio
Il 7 luglio 2014 la Bertone Stile è stata dichiarata fallita del Tribunale di Torino. Nei mesi successivi alla chiusura definitiva dell’azienda di Caprie, all’imbocco della Val Susa, si è parlato di una possibile acquisizione dell’intera struttura, o di parte di essa, di Stile Bertone e della salvaguardia del centinaio di dipendenti da parte di non meglio definiti uomini d’affari ma allo stato attuale, dopo aver venduto all’asta i modelli presenti nel museo, non si vede all’orizzonte un futuro per Bertone che nel 2012 aveva festeggiato il suo primo secolo di vita.
Assieme a Piech
Invece il 29 giugno 2015 Giugiaro ha lasciato per sempre la sua creatura di cui era ancora presidente onorario. Nel 2010 i tedeschi di Volkswagen erano diventati il socio di maggioranza di Italdesign, Giorgetto ed il figlio Fabrizio (che dall’autunno 2014 non aveva più alcun ruolo operativo in azienda) avevano tenuto per sé il 9,9% delle quote. Cinque anni dopo il fondatore ed il suo erede se ne vanno, in concomitanza con le dimissioni da presidente del consiglio di sorveglianza di Volkswagen Group di Ferdinard Piech a cui il designer italiano era professionalmente ed umanamente molto legato.
Dai carri alle auto
La storia di Bertone nasce nel 1912. A Torino Giovanni, 28 anni, costruisce carri e calessi come aveva imparato a Mondovì, cittadina del Cuneese dove è cresciuto. Passata la Prima guerra mondiale l’attività industriale del capoluogo sabaudo rinasce: in ogni angolo della città si trovano officine meccaniche, piccoli costruttori, artigiani specializzati. La storia di Bertone incrocia quella dell’auto nel 1920 quando la Spa chiede la fornitura di sedili di legno da montare sulle proprie vetture durante le fasi di lavorazione. In breve tempo altri costruttori bussano alla porta di Bertone: Chiribiri, Fast, Diatto e la Fiat. Nel 1934 l’azienda si trasferisce in una sede più grande, di 3.000 metri quadri, sono già 150 i dipendenti.
L’ora di Nuccio
Arriva la Seconda guerra mondiale, l’azienda torinese riesce a superarla senza grandi traumi e con il dopoguerra è pronta a ripartire grazie anche all’energia di Nuccio, figlio di Giovanni, nato nel 1914. Punta alla realizzazione di concept e prototipi per anticipare i tempi, nascono modelli rivoluzionari come la Fiat Abarth 1500 con faro centrale e le superaerodinamiche B.A.T. L’impegno di Nuccio è apprezzato e le commesse fioccano: ad esempio per l’Alfa Romeo realizza Giulietta, Giulietta Sprint e Sprint Speciale. Nel 1959 Bertone assume un giovane Giorgetto Giugiaro, di lì a poco è la volta di un suo coetaneo, Marcello Gandini. I due ragazzi provano, cercano, immaginano, osano. Dall’atelier torinese escono modelli mitici come la Lamborghini Miura, l’Alfa Romeo Montreal, il prototipo Stratos 0, la Lamborghini Countach o la Fiat X1/9.
Il declino
La crisi petrolifera del 1973 segna un punto svolta, con le Case automobilistiche che per contenere i costi riducono le collaborazioni con le aziende esterne. Bertone per andare avanti realizza versioni speciali di vetture di serie come l’Opel Kadett Cabrio o le Fiat Ritmo Cabrio e Punto Cabrio. Ma il lavoro cala sempre più. Nel 1997 Nuccio muore, le commesse diminuiscono ancora, si tentano altre strade. Non aiuta di certo la guerra tra la vedova, la signora Lilly, e le due figlie, Barbara e Marie Jeanne. Si va avanti tra la possibile chiusura e il miraggio di nuovi acquirenti. Nel 2009 lo stabilimento di Grugliasco passa al Gruppo Fiat, alla famiglia rimane la sede di Caprie, Si tenta il rilancio ma tutto finisce nel peggiore dei modi.
L’intuito di Giacosa
La storia di Giorgetto Giugiaro comincia a Garessio, sulle Alpi cuneesi, il 7 agosto 1938. Nonno e papà erano appassionati di pittura e Giorgetto, giovanissimo, si sposta a Torino, per frequentare una scuola di disegno artistico ed un corso di disegno tecnico. Nel 1955 l’ingegner Dante Giacosa, Capo progettista Fiat, nota i suoi lavori alla mostra di fine anno della scuola, e lo fa assumere nel settore stile e design. Nel 1959, ad appena 21 anni, Nuccio Bertone lo nomina responsabile del centro design.
Doppio lavoro
Giugiaro firma per la Bertone prototipi come l’Aston Martin DB4 GT e la Maserati 5000 GT o la Ferrari 250 GT ed auto che hanno fatto storia come l’Alfa Romeo 2000, la Giulia Sprint GT, le Fiat 850 Spider e la Dino Coupé. Nel novembre del 1965 il designer piemontese passa alla Carrozzeria Ghia come direttore del Centro Stile e Prototipi. Qui firma la Maserati Ghibli, la De Tomaso Mangusta e la Isuzu 117 Coupé, contemporaneamente nel 1968 crea l’Italdesign.
Dalla Golf alla Uno
In oltre quarant’anni disegna vetture che hanno fatto epoca come le Maserati Bora, Merak e Quattroporte; le Alfa Romeo Alfetta GT, GTV, Alfasud e Brera; la Lotus Esprit; l’Audi 80; la Bmw M1; la Saab 9000 Turbo; le Seat Ibiza, Malaga, Toledo e Cordoba; diversi modelli Daewoo e Hyundai, l’affascinante De Lorean DMC 12, le Renault 21 e 19, ma soprattutto i modelli che negli Anni ’70 hanno rilanciato la Volkswagen: Golf, Passat e Scirocco. Per il Gruppo Fiat Giugiaro disegna diverse auto vincenti: le Lancia Delta, Prisma e Thema, le Fiat Panda, Uno, Croma, Nuova Punto, Grande Punto e Palio, a cui s’aggiungono le Alfa Romeo 156 e 159. Da diversi anni l’azienda, che ha la sua sede a Moncalieri, alle porte di Torino, si occupa anche di disegno industriale collaborando con grandi aziende internazionali in vari settori.