Dante Giacosa: anche i rally devono tanto al ”Maestro”
Presso le varie ramificazioni dell’azienda automobilistica torinese svolgerà tutta la sua lunga e feconda carriera ascendendo dal primo incarico di disegnatore progettista, per il quale fu assunto con lo stipendio di 600 lire mensili, sino ai massimi livelli dirigenziali. Già nel 1933 venne promosso capo dell’ufficio tecnico vetture, nel 1955 capo della direzione superiore tecnica degli autoveicoli, nel 1966 direttore di divisione e membro del consiglio direttivo dell’azienda.
Così, su due piedi Dante Giacosa non lo abbinereste mai ai rally. Ed è vero, lui non è stato un ingegnere ipnotizzato dai rally, come diversi suoi successori, ma era appassionato di corse e realizzò dei veri e propri “missili” a quattro ruote. E poi, attenzione, se è vera una cosa, in genere è vero anche il suo contrario. Per cui, alla fine, se si guarda più a fondo, i rally devono molto a Giacosa, che è il papà di tutte le grandi Fiat e non solo. E la maggior parte delle auto che sono nate dalla sua matita, sono state usate con successo anche nei rally. Così, come gli devono molto gli ingegneri arrivati dopo di lui…
Dante Giacosa nasce a Roma il 3 gennaio 1905 e da giovanissimo intraprende gli studi e la carriera per diventare ingegnere, poi designer e accademico italiano, considerato uno dei maestri della scuola motoristica italiana. Di famiglia cuneense originaria di Neive, nacque a Roma dove il padre Costantino, maresciallo del Carabinieri, prestava servizio in quel periodo. Attese agli studi classici, che lasciarono un’impronta indelebile nel suo stile culturale e progettistico: conoscere la lingua latina e la greca gli diede “un senso di misura ed equilibrio senza il quale non avrei potuto svolgere il mio lavoro”.
Nel 1927, a soli 22 anni, si laureò in ingegneria meccanica presso il Politecnico di Torino e subito rispose ad una inserzione diffusa dalla SPA per l’assunzione di un disegnatore tecnico. Inizialmente scartato al colloquio, venne assunto qualche settimana più tardi dietro segnalazione di Vittorio Valletta, conoscente della famiglia. Dopo aver trascorso mesi a ripassare lucidi, senza avere alcun incarico concettuale, nel 1928 Giacosa decise di eseguire autonomamente alcuni progetti di piccole modifiche e migliorie, sottoponendoli alla direzione tecnica della SPA ed ottenendone considerazione e compiti di maggiore responsabilità.
Nel 1929 l’ufficio progettazione della SPA, da tempo acquisita dalla Fiat, venne trasferito al Lingotto e Giacosa fu assegnato al reparto Pavesi, nel gruppo che seguiva l’evoluzione del modello “P4”. L’anno successivo fu aggregato al reparto motori automobili della Fiat.
Presso le varie ramificazioni dell’azienda automobilistica torinese svolgerà tutta la sua lunga e feconda carriera ascendendo dal primo incarico di disegnatore progettista, per il quale fu assunto con lo stipendio di 600 lire mensili, sino ai massimi livelli dirigenziali. Già nel 1933 venne promosso capo dell’ufficio tecnico vetture, nel 1955 capo della direzione superiore tecnica degli autoveicoli, nel 1966 direttore di divisione e membro del consiglio direttivo dell’azienda.
Il primo periodo della sua carriera, dal 1928 al 1946, fu per lui una sorta di apprendistato sebbene ricoprisse già incarichi di prestigio; in questi diciotto anni completò la sua formazione di progettista e acquisì vasta esperienza. Il secondo periodo, dal 1946 al 1970, anno nel quale si dimise con discrezione e profondo senso dell’equilibrio per raggiunti limiti di età, lo vide responsabile della progettazione in numerosi settori dell’azienda. Durante questi ventiquattro anni fu attivo in ogni branca della progettazione motoristica, dal settore autovetture a quello aeronautico a quello marino a quello dei grandi motori per impieghi industriali ed energetici a quello dei veicoli militari e speciali. A volte si occupò non solo dell’aspetto motoristico ma anche del disegno generale delle vetture, come nel caso della Nuova 500 del 1957 che è rimasto forse il più famoso della sua carriera e per cui nel 1959 gli fu conferito il Premio Compasso d’oro. Anche il Centro Stile Fiat fu sempre sotto la sua guida.
Il 29 gennaio 1970 la FIAT annunciò la sua nomina a consulente della presidenza e della direzione generale e a rappresentante della società presso enti nazionali ed internazionali. Poco dopo si dimise per raggiunti limite di età e si dedicò a consulenze e alla scrittura di vari libri di memorie. Il gesto appartiene in tutto al suo stile sobrio e discreto. La FIAT in quell’occasione lo ricordò con queste parole: “Validissimo contributo, alta competenza, geniale capacità”.
Il 31 marzo 1996 morì a Torino, a 91 anni di età. È sepolto nel cimitero di Neive. Sebbene svolse la carriera quasi interamente all’interno della FIAT, ricoprì anche diversi ruoli esterni e scrisse parecchi libri sia tecnici sia di memorie. Tra i più noti in Italia e nel mondo è “Motori endotermici”, un trattato completo ed esaustivo sulla progettazione e il funzionamento dei motori a combustione interna di ogni tipo e dimensione, adottato come libro di testo per numerosi corsi universitari. Dal 1947 al 1966 fu professore al Politecnico di Torino per il corso di costruzione di motori. Tra le numerose cariche che ricoprì ricordiamo: presidente CUNA (Commissione Unificazione e Normalizzazione Autoveicoli), presidente generale ATA (associazione tecnica dell’automobile), presidente della Fisita (fédération internationale des sociétés des ingénieurs des techniques de l’automobile), membro SAE (society of automotive engineers, USA), membro dell’Institution of Mechanical Engineers britannica.
Nel 1987, con un gruppo di personalità del motorismo, fu cofondatore dell’AISA (Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile), della quale divenne il primo presidente.
Il pensiero di Dante Giacosa
Sentiamo dalle sue parole l’approccio al lavoro e lo stile che lo caratterizzano: “Nel 1946, nominato direttore degli uffici tecnici autoveicoli, divenni ingegnere capo, il responsabile del progetto delle vetture e degli altri veicoli terrestri costruiti dalla Fiat. Dirigere gli uffici tecnici non significava per me semplicemente fare il direttore, ma sviluppare in proporzioni di gran lunga maggiori il “mio” lavoro: ideare, pensare a tutta l’attività che è peculiare del progetto. Significava esaminare ogni giorno sui tavoli da disegno il progredire degli studi e il graduale definirsi del nuovo modello di vettura, autocarro o autobus o altro veicolo, così come lo avevo immaginato in relazione ai programmi della Fiat». E ancora: «Progettare è anche valutare le difficoltà, individuare i problemi essenziali, ricercarne le diverse soluzioni possibili e selezionare quelle che appaiono in grado di risolverli nel modo più semplice e completo”.
Durante la sua lunga vita ottiene numerosissimi riconoscimenti, tra cui: medaglia d’oro per la conferenza presentata nel 1966 alla XXIII conferenza del traffico e della circolazione promossa dall’ACI di Milano nel settembre del 1967, medaglia d’oro assegnata dal comitato promotore del convegno internazionale artisti, critici e studiosi d’arte per “l’attività di progettazione, sviluppata coerentemente per raggiungere un equilibrio tra gli aspetti di una politica di produzione di grande serie e quelli sociali, economici, tecnologici e formali che ne danno un’originale impronta” nel settembre del 1968, medaglia d’oro colombiana per “la distinzione è un particolare riconoscimento alla intensa e feconda attività di progettista insigne di autoveicoli che caratterizzano nel mondo l’industria italiana ed alla chiara e motivata fama di docente universitario e di pubblicista di trattati scientifici notevoli”.
Nel 1959 vince il compasso d’oro per la creazione della Nuova Fiat 500 del 1957, piccola utilitaria che nelle motivazioni del premio “costituisce un tipico esempio, nel campo dell’automobile, di una forma nata dalla stretta integrazione fra tecniche proprie della grande serie nell’industria meccanica e particolari esigenze di economia nella produzione di una macchina di ampia destinazione popolare. Il premio, sottolineando la coraggiosa rinuncia alla figuratività tradizionale dell’automobile attraverso un attento riesame del complesso dei suoi elementi fondamentali, intende portare in rilievo il fatto che tale concezione, oltre ad aver condotto il designer alla massima limitazione degli elementi superficiali del costume decorativo, segna un’importante tappa nella strada verso una nuova genuinità espressiva della tecnica”.
Dalle sue mani uscirono: la Fiat 500 (Topolino), la Fiat 508 C/1100 “Nuova Balilla”, la Fiat 2800, la Cisitalia D46, la Cisitalia 202, la Fiat 1500 D, le Fiat 1400 e 1900, la Fiat Campagnola, la Fiat 8V, le Fiat 1100 103, 1100 TV e 1100 Familiare, il prototipo sperimentale denominato Fiat 8001 Turbina, le Fiat 600 e 600 Multipla, la Fiat Nuova 500 e la Autobianchi Bianchina, le Fiat 1800, 2100 e 2300, le Fiat 1300 e 1500, la Autobianchi Primula, le Autobianchi A111 e A112, le Fiat 124 e 125, Fiat Dino, Fiat 130, la Fiat 128, la Fiat 127 e la Fiat 126. Alcune di queste auto le abbiamo viste – in conformazione rally – ottenere anche ottimi risultati e lanciare campioni nell’Olimpo del rallismo internazionale.