Citroen DS da rally: una storia di successo
Il motore non è molto potente: dai 75 cavalli delle prime DS19 ai circa 140 delle ultime DS23 iniezione, ma in compenso è estremamente elastico e la vettura – a dispetto della sua mole – è leggera: poco più di 1200 chilogrammi che filano via sicuri su qualsiasi fondo stradale, anche sul ghiaccio o sul fango, seminando gli inseguitori senza mai perdere aderenza.
La “gestazione” della DS fu lunga e travagliata, per i non indifferenti ostacoli creati dalla Seconda guerra mondiale. Si incominciò a pensare ad una possibile sostituta della Traction Avant già nel 1938, quando quest’ultima era ancora nel pieno del suo successo e della sua produzione. Nonostante le indubbie innovazioni portate da essa, la concorrenza non stava a guardare e stava progressivamente facendosi strada portando a sua volta innovazioni. In quel periodo era già in fase avanzata il progetto TPV Très Petite Voiture che avrebbe dato origine in seguito alla 2CV. Anche per la futura sostituta della Traction Avant venne scelta una sigla di progetto composta da tre lettere: VGD, ossia Vehicule à Grande Diffusion. Tale proposta venne promossa da Pierre Boulanger, che poco tempo prima aveva preso le redini della Casa francese dopo che gli ingenti investimenti per la realizzazione della Traction Avant l’avevano portata sull’orlo del fallimento.
Per la realizzazione della nuova vettura, Boulanger si servì di personaggi del calibro di André Lefèbvre (progettista) e Flaminio Bertoni (designer), oltre a Paul Magès ideatore delle sospensioni. A tali personaggi si aggiunsero Pierre Franchiset per la realizzazione fisica della carrozzeria e Walter Becchia, un progettista di motori proveniente dal Piemonte e con all’attivo una significativa esperienza in Francia presso la Talbot come capo progettista. Inizialmente le specifiche dettate da Boulanger imponevano un telaio tubolare “vestito” da sottili lamiere. Tali soluzioni erano volte a rendere leggero il corpo vettura, il quale, nelle prime intenzioni dello stesso Boulanger, doveva consistere in una rivisitazione in chiave aerodinamica della Traction Avant. All’inizio, secondo Lefebvre, per il motore si poteva optare tra il 2.6 litri della 15 Six ed un inedito motore stellare tricilindrico. Durante la guerra tali soluzioni vennero abbandonate per ovvie ragioni di costi.
Nel 1945 il corpo vettura fu rivisto radicalmente e non fu più una rivisitazione della Traction Avant in chiave aerodinamica, bensì un corpo vettura completamente nuovo, con muso spiovente. Ulteriori evoluzioni si ebbero nel 1947. Nel novembre del 1950 un grave lutto colpì la Casa francese con la morte di Pierre Boulanger in seguito ad un incidente automobilistico. Gli subentrò Robert Puiseux, che continuò il progetto VGD al posto del defunto. In quello stesso periodo fu realizzato un prototipo che prefigurava alcune soluzioni stilistiche definitive. Tale prototipo fu soprannominato “ippopotamo” per via del cofano anteriore apribile integralmente e che richiamava alla mente lo sbadiglio del grosso mammifero. Il prototipo era anche dotato di quelle carenature sui passaruota posteriori che avrebbero caratterizzato la produzione della Casa francese nei successivi quattro decenni. L’elevata aerodinamicità del prototipo scaturì oltre che dalla mente di Bertoni, anche dall’esperienza di Lefebvre presso l’azienda di Gabriel Voisin vent’anni prima.

Nel frattempo si lavorava anche alle sospensioni, che dovevano proporre anch’esse qualcosa di nuovo, ed infatti erano allo studio quelle famose sospensioni idropneumatiche che avrebbero contribuito a decretare il successo della futura DS. A tale proposito, un’altra particolarità scelta in fase progettuale fu quella di avere la carreggiata posteriore sensibilmente più ridotta di quella anteriore, che invece doveva essere più grossa e robusta per supportare il peso degli organi meccanici. Nel 1952, la parte anteriore era quasi giunta al disegno definitivo, mentre la parte posteriore suscitava ancora alcune perplessità per via del fatto che il padiglione troppo inclinato non garantiva sufficiente spazio ai passeggeri posteriori. Allora nel 1954 venne rialzato, pur rimanendo ugualmente molto inclinato, e venne disegnato un montante posteriore assai massiccio sulla cui sommità vennero posti gli indicatori di direzione. Nel frattempo si cercavano ancora delle soluzioni riguardanti il tipo di propulsore da utilizzare. Alla fine, dopo alcune proposte ardite come un motore a cilindri contrapposti da 1.8 litri, si scelse per motivi di costi una versione potenziata del vecchio 1.9 montato sulla 11BL. Sempre nello stesso periodo vennero portate ad ultimazione le sospensioni idropneumatiche, di cui venne dato un saggio al pubblico impiegandole nel retrotreno della ultime 15 Six.
Nella prima metà del 1955 furono realizzati 21 esemplari di preserie che servirono per i primi servizi fotografici e come veicoli da esposizione. Uno di questi sarebbe stato impiegato per la presentazione ufficiale avvenuta il 6 ottobre di quell’anno. Il nome definitivo scelto per la nuova vettura fu DS, che letto d’un fiato in francese suonava come déesse, che significa “dea”, ma che è anche una sigla che sta per Désirée Spéciale. Entrambi i significati stanno comunque a sottolineare l’immagine di eccellenza ed unicità che la Casa volle dare alla sua ammiraglia. La DS poteva contare su alcune caratteristiche del tutto eccezionali: prima di tutto la sospensione idropneumatica, dove sfere riempite di azoto ad alta pressione sostituivano le molle e gli ammortizzatori, permettendo cosi’ una sospensione a grande escursione e flessibilita’ esente dal fenomeno della pendolarita’: il comfort non era piu’ alternativo alla tenuta di strada, ma complementare.
Poi c’era un autotelaio progettato con criteri aeronautici per una eccellente distribuzione dei pesi: il baricentro era addirittura inferiore all’asse delle ruote, il passo di 3,12 metri (il più lungo della produzione europea dell’epoca) consentiva di mantenere le masse in gran parte comprese tra i due assali, tutte le articolazioni lavoravano “ferro-su-ferro”, senza boccole in plastica ma con cuscinetti a rulli e sfere per una eccellente precisione di guida. Le ruote anteriori (che sono anche motrici) sono libere dalla massa dei freni (a disco, montati per la prima volta al mondo su un’auto di serie) i grandi dischi sono collocati all’uscita del differenziale, alleggerendo così le masse non sospese, il servosterzo – che per il nostro continente è un’altra novità – fa girare le ruote anteriori a destra o sinistra con l’asse di rotazione posizionato sull’asse geometrico delle stesse, senza nessuna perdita d’aderenza in sterzata.
Il motore non è molto potente: dai 75 cavalli delle prime DS19 ai circa 140 delle ultime DS23 iniezione, ma in compenso è estremamente elastico e la vettura -a dispetto della sua mole- è leggera: poco più di 1200 chilogrammi che filano via sicuri su qualsiasi fondo stradale, anche sul ghiaccio o sul fango, seminando gli inseguitori senza mai perdere aderenza. La squadra corse Citroen faceva capo a Rene Cotton, poteva contare sulla collaborazione del centro studi Citroen e sui migliori piloti dell’epoca: Coltelloni, Trautmann, Terramorsi, Neyret, Ogier, Verrier, Harris ed il grandissimo Lucien Bianchi, prematuramente scomparso nel 1969 a bordo di un’Alfa Romeo, pochi mesi dopo la Londra-Sidney che condusse con una DS21 sino a soli sette chilometri dal traguardo, quando una vettura BMC colpi’ la DS, mettendo fuori gara l’equipaggio Citroen.
Grazie a meccanici rapidissimi, ad un’organizzazione eccellente ed efficientissima ed alla competenza del costruttore, la Squadra Corse Citroen si guadagnò una reputazione di assoluto prestigio, riconosciuta -con ammirazione- anche dai piloti delle altre Case. E Il primo successo per la Squadra di Rene Cotton arrivò al Montecarlo del 1959 quando una ID19 con l’equipaggio Coltelloni/Alexandre/Desroiers si classifico’ prima assoluta, ricevendo l’ambito trofeo direttamente dalle mani di Grace Kelly. Nello stesso anno altre tre ID19 si aggiudicavano il primo posto assoluto al Rally di Provenza -a bordo Trautmann & Trautmann-, all’Adria Rally, in Italia, ancora con Coltelloni e Houel ed infine il Rally dei Vichinghi in Norvegia con Coltelloni e Desroiers.

Nel ’60 furono quattro i primi posti assoluti: il Criterium Niege et Glace (con Dussert e Rouet), il Rally dei Tulipani (Trautmann e Verrier), il Tour del Belgio (Trautmann e Jourdain) ed il Rally Cevennes con Trautmann e Ogier. Nel 1961 arriva il primo successo assoluto su Citroen DS19 per Lucien Bianchi che -affiancato da George Harris- trionfa alla Liegi-Sofia-Liegi, poi ancora Trautmann e Ogier che si aggiudicano il Rally di Corsica ed infine un altro Rally Cevennes con Trautmann e Bouchet. Altri quattro primi piazzamenti assoluti per il 1962: Rally di Norvegia con Toivonen e Kallio, Rally Mistral con Trautmann e Bouchet, Rally delle Alpi ancora grazie a Trautmann ma stavolta affiancato da Cherel ed infine il difficilissimo rally Tausen Seen grazie a Toivonen e Kallio. Nel ’63 le coppe saranno otto: Toivonen (con Jarvi) si aggiudichera’ l’Hanki-Rally ed il Rally di Norvegia, Trautmann vincera’ cinque gare: la Lione-Charbonniers-Stoccarda con Korali, il Rally delle Alpi ed il Rally Lothringen con Bouchet, il prestigioso e difficile Rally del Monte Bianco con Laurent ed ancora una volta il Rally della Corsica con Chabert. Sempre nel ’63 Citroen si aggiudichera’ anche il Criterium femminile Parigi-St. Raphael con la coppia in rosa Pointet-Dutel.
Il ’64 e’ la volta del Tour del Libano con Caporal e Philippine, nel ’66 ancora un Montecarlo con un primo posto assoluto per la DS21 Toivonen e Mikander ma anche con altre cinque DS21 nei primi dodici posti e la Coppa delle Dame a Lucette Pointet e Jacqueline Fougeray, anche loro su DS21. Il Montecarlo del ’66 restera’ nella storia dei rally come uno tra i piu’ controversi: il rigore della giuria e’ tale da squalificare l’intera squadra corse BMC ovvero le Mini Cooper che si erano aggiudicate i primi quattro posti. La ragione? Montavano delle lampade allo iodio diverese da quelle di serie, quindi le vetture non rispondevano piu’ al regolamento. Nel ’67 Citroen con una DS21 guidata da Neyret e Terramorsi si aggiudica il Criterium Niege et Glace, nel ’68 partecipa alla Londra-Sidney che si chiudera’ -come abbiamo gia’ detto- con lo scontro della DS21 di Lucien Bianchi con una Mini BMC a sette chilometri dal traguardo. La Squadra Corse si consolera’ vincendo il Rally della Corsica con Neyter e Syda
Nel ’69 le vittorie assolute sono tre: il Rally del Marocco con Neyret e Terramorsi, il Rally del Portogallo con Romaozinho e Jacomec ed il Rally d’Angola con Machado, tutti su DS21. Nel ’70 altre tre vittorie: il durissimo Rally d’Australia con Ogier e Pointet, il rally del Portogallo Romoazinho ed ancora il Rally del Marocco sempre con Neyret e Terramorsi. Nel ’71 arrivano due trofei: il Rally Infernal (di nome e di fatto) vinto da Verrier e Verrier ed il Rally del Marocco vinto (su SM) da Deschaseaux e Plassard. L’ultima vittoria assoluta arriva nel 1974 col terzetto Welinski, Tubman e Reddiew su DS23 al World Cup Rally.
Nel ’74 la crisi petrolifera è già iniziata, Citroen sta costituendo con Peugeot un nuovo grande gruppo aziendale, i regolamenti stanno cambiando e le vetture da competizione somigliano sempre meno a quelle di serie. L’abbandono delle gare sarà una naturale conseguenza di queste condizioni e sarà solo qualche anno più tardi che Citroen tornerà a correre (con discreti risultati) con le CX nei rally africani. L’ultima vittoria delle DS ufficiali fu di categoria: il 28 giugno del 1975 la DS23 di Jean Deschazeaux si aggiudica il primo posto nel gruppo Turismo di Serie ed arriva quarta assoluta. L’ultima DS era uscita dalle linee di montaggio di Quai de Javel il precedente 24 aprile, l’auto iscritta era una veterana di molte altre gare e per di più non aveva alcun tipo di assistenza sulla pista: persino i consigli del direttore tecnico arrivavano per telefono da Parigi. Ultima uscita… ultima vittoria! .