Carlo Micci: l’uomo, il giornalista il team manager
La sera andava spesso alla trattoria da Otello, a Roma, dove conobbe Gino De Sanctis e rapidamente i due cominciarono ad entrare in confidenza. Poi conobbe Frank Williams, che veniva dall’Inghilterra con una stranissima station wagon stracarica di parti di ricambio da corsa, che lui vendeva per ricavarci di che vivere. Funzionava eccome: da Otello trovava le notizie.
Carlo Micci, romano, fotografo, giornalista e team manager, ha dedicato la propria vita al motorsport, di cui è stato geniale stratega. Lucidissimo fino alla fine e con un occhio sempre attento alle corse, ai rally e alla Formula 1 in particolare. E nei rally ha operato per quasi trent’anni. Appassionato, prima giornalista e poi team manager di Ford Motorsport, legato a Franco Cunico, Gigi Pirollo e Pino Repetto, ha scritto la storia dei rally per quasi tre decenni.
Iniziò come giornalista nel settimanale per antonomasia, Autosprint, e si fece ingaggiare inviando una lettera a Marcello Sabbatini. Aveva 23 anni, Sabbatini era nel pieno della sua stagione di giornalista d’assalto. Scriveva quello che non gli piaceva delle corse, Micci, e Sabbatini ne rimase colpito. Prese a benvolerlo e iniziò a scrivere per Autosprint e a fare foto. Marcello gli diceva sempre: “Non prendere buchi (in gergo mancare una notizia n.d.r.) e soprattutto scrivi sempre la verità”.
La sera andava spesso alla trattoria da Otello, a Roma, dove conobbe Gino De Sanctis e rapidamente i due cominciarono ad entrare in confidenza. Poi conobbe Frank Williams, che veniva dall’Inghilterra con una stranissima station wagon stracarica di parti di ricambio da corsa, che lui vendeva per ricavarci di che vivere. Funzionava eccome: da Otello trovava le notizie.
Il tutto proseguì senza intoppi fino a quando Marcello Sabbatini non gli mosse un appunto su un lavoro che Carlo Micci aveva fatto al Salone dell’Auto di Torino. “Tornato a casa gli comunicai che me ne sarei andato e lui non mi fermò. Almeno: non lo fece in tempo. Proprio in quel frangente nacque l’opportunità della mia vita e andai a lavorare alla Ford Italia”, raccontava. Prima, però, temendo che se ne avesse a male, da Ford Italia telefonarono a Sabbatini. Che rispose: “Fate un grosso affare. Se ha deciso così, io che ci posso fare?”. In realtà, Marcello lo aveva cercato a casa, ma allora non c’erano i telefonini e ormai Micci avevo accettato l’offerta Ford.
Carlo Micci è stato il fautore del fenomeno Rallycross con le Ford Capri Coupé. Una ventina di aspiranti campioni si sfidava sulle piste all’epoca tracciate con le ruspe, a bordo di queste vetture, fornite in maniera totalmente gratuita da Ford Italia.In pratica, erano delle selezioni. Un grande successo a cui è stato dedicato anche un libro (recensito qui), che però ebbe vita breve per crescenti difficoltà organizzative. Poi Micci si dedicò alle Formula Ford e Super Ford e soprattutto ai rally, fino a metà degli anni ‘90, attraversando l’epoca d’oro dei rally.
In un’intervista rilasciata a FormulaPassion, a firma di Sergio Remondino, Micci chiamò direttamente Ferrari perché glielo chiese Peter Schetty. “Avevo conosciuto il pilota svizzero da Carlo Abarth, con il quale ero entrato in ottimi rapporti quando coprivo le gare e l’attività di Vallelunga come giornalista – ricordava Micci –. Schetty mi chiese di contattare Ferrari perché Abarth, per il quale correva, non voleva pagarlo. Prima provai ad avvisare quelli dell’Abarth, per correttezza, ma eravamo nel periodo delle feste natalizie e non trovai nessuno. Così, anziché aspettare come avrei dovuto, chiamai in Ferrari. Mi passarono Franco Gozzi, il braccio destro del Commendatore. Gli spiegai il motivo della telefonata, mi mise in attesa. Poi mi passò il Drake. Che mi disse: “Me lo porti a Maranello, si metta d’accordo con Gozzi”. Ferrari cercava un pilota vincente per le gare in salita, per il Campionato Europeo della Montagna. Andammo io e Schetty a Maranello e Ferrari lo prese subito. Io e il Drake parlammo per un paio d’ore. Poi scrissi il pezzo sull’ingaggio di Schetty alla Ferrari per Autosprint. E Ferrari, quando lo vide, chiamò Sabbatini arrabbiatissimo, dicendogli che mi ero comportato male, che aveva parlato con me in tono confidenziale e non ad un giornalista. E Sabbatini, per tutta risposta, gli disse che per fortuna mi ero comportato male, altrimenti mi avrebbe cacciato”.
Ma in realtà, la sua genialità, era piaciuta ad Enzo Ferrari, che nel 1973 cercava il direttore sportivo per una stagione che s’annunciava difficile. Una sera Micchi riceve una chiamata da Sabbatini in albergo a Monza, dove si trova per lavoro: “Sei seduto o sei in piedi? Ti cerca Ferrari. Ti fisso un appuntamento per domani. Chiamami da un autogrill quando sei quasi a Modena”. Così fa e quando telefona, Sabbatini gli dice: “Ti riceve direttamente in fabbrica”. I due avrebbero dovuto incontrarsi all’Hotel delle Rose a Modena. Così invece li vedranno tutti e alla Ford lo verranno a sapere di certo. In Ferrari lo riceve Gozzi che lo accompagna dal Commendatore, che gli fa fare il giro del reparto corse e gli spiega cosa deve fare il suo direttore sportivo. “Mi dice che ha un socio, Gianni Agnelli, al quale dovrà riferire del nostro colloquio – raccontava Micci –. L’Avvocato si occupa di vendere auto, Ferrari delle corse. Io dovrò seguire anche l’attività di Luigi Chinetti e del suo del North American Racing Team. Poi parliamo di soldi: chiedo 500.000 lire al mese. Ferrari accetta. Alla Ford prendo 350mila lire e so che non mi conviene, perché dovrò prendere casa anche a Maranello, ma non importa. Essere direttore sportivo della Ferrari vuol dire fare un salto di qualità pazzesco, sono disposto ad investire su me stesso. Siamo d’accordo, a parole. Manchiamo la firma del classico pezzo di carta perché è sabato ed in amministrazione non c’è nessuno. Ferrari mi chiede: “Ci sentiamo quando? Io lunedì pomeriggio la voglio qui! Lei al mattino dà le dimissioni in Ford e poi viene su”. Gli rispondo che non sono in grado di andare via dalla Ford in poche ore. Vengo via da Maranello senza che nessuno dei due abbia detto un sì o un no. Mi chiama Sabbatini, mi dice che è tutto ancora aperto. Nel viaggio di rientro a casa, a Roma, comincio a pensare a tante cose. Al fatto che Ferrari ‘brucia’ le persone, fa arrivare i sostituti quando i titolari caduti in disgrazia non hanno ancora finito di fare le valigie. Mi viene in mente Franco Lini, licenziato perché ha osato dire che l’idea dell’arrivo in parata a Daytona, nel 1967, è idea sua. Quando ho chiesto a Ferrari gli ordini durante la gara, chi li desse, ho ottenuto per risposta un vago “ci sentiamo” che non mi convinceva. Poi penso che c’è Forghieri: e chi lo tocca quello? Mi rendo conto che sarei un coccio d’argilla tra vasi di ferro. L’incontro non ha un seguito. Dopo qualche settimana gli scrivo una lettera di ringraziamento per l’interessamento nei miei confronti. Lui mi risponde con una lettera che ancora conservo. Scritta a mano, non a macchina: è un dettaglio molto importante”.
Carlo Micci e Pino Repetto
Un aneddoto legato a Carlo Micci racconta della sua lunga e bellissima amicizia con Giuseppe “Pino” Repetto Repetto. In quegli anni è forte il legame con l’altro artefice delle vittorie Lancia, Alfa ed in ultimo Aprilia, l’Ingegner Claudio Lombardi, all’epoca studente al liceo Classico che si appassionò alla tecnica motoristica al punto di dirottare gli studi universitari in ingegneria meccanica. Negli anni ‘70 costruì un motore per il Formula 3, derivato dal quattro cilindri della Lancia Beta, nel 1975 vinse il GP di Montecarlo con Renzo Zorzi .
Carlo Micci passò tre giorni e tre notti ad Alessandria, nell’officina di via 24 maggio nell’attesa di convincere Pino a preparare un motore Super Ford. Venne alla luce tre giorni prima di una gara e permise a Teo Fabi di vincere con distacco. “… Avevo fatto un motore che permetteva di allungare i rapporti con tre denti in più…”.
Da quel momento s’instaurò un rapporto di fiducia e amicizia tale tra Micci e Repetto che sfociò con le affermazioni nei rally ed in pista con Angelo Presotto, Franco Cunico, Bruno Bentivogli, Giovanni Manfrinato, Cesar Baroni, Alessandro Fassina, Andrea De Cesaris, Alessandro Nannini, Mauro Pregliasco, Carlo Facetti e tantissimi altri.
Le sue Ford Escort davano la paga anche alle ufficiali di Sutton e in pista si aggiudicavano svariate volte il titolo tricolore del Turismo N1, con Elio Gagliano e l’ultimo con Stefano Riva. Poi allestì la Ford S1 con la quale Roberto Moreno debuttò nell’italiano, quindi la sua ultima creazione della velocità risale alla fine degli anni Novanta, una Ford Mondeo per Maurizio Flammini, l’ex pilota di Formula 2 ideatore della SuperBike e della Superstars.

Il ricordo di Vittorio Caneva
“Vittò… facce un piacè, dobbiamo vincere er campionato de gruppo N, ce devi dà ‘na mano. A Fiat ce manda Tabbaton cor gruppo N e noi mannàmo te”.
“Beh se facciamo la strada che abbiamo fatto finora… potrei starmene anche a casa e risparmiamo benzina almeno”.
“Te diamo ‘na macchina bona quella de Roti è uguale a quella de Folco”.
“Speriamo che non si rompa qualcosa, ne ho le tasche piene di ritirarmi quest’anno”.
Fu così che riattaccai il telefono al buon Carlo Micci che mi chiedeva di appoggiare Folco Zambelli nell’ultima gara del Campionato Italiano, fargli da spalla e mettere più punti tra lui e Porcellana nel Rally del Sestriere. Veramente ne avevo poca voglia, anche perché ormai la stagione si era chiusa, eravamo a metà Dicembre e di andarmi a fare un rally fin lassù proprio non mi attirava.
Comunque ci presentammo ad Avigliana dove il mitico Toni ci aspettava col furgone e il muletto, eccezionalmente senza Ruge, impegnato altrove nei suoi infiniti impegni di uomo mondano. Max Sghedoni aveva prenotato un residence vista lago, aperto esclusivamente per noi e con un’umidità da far rabbrividire anche un clochard, il rapporto tra noi era ottimo sia con Max sia con Folco che era stato scelto dopo una lunga selezione nel concorso “Ford cerca un campione” e devo dire che non andava male, anzi!
Molto tecnico e meticoloso, allievo di Lele Pinto che gli aveva insegnato delle traiettorie molto belle ed efficaci. Nei trasferimenti durante le ricognizioni mi piaceva molto inseguirlo e studiare le sue linee pulite e sempre impeccabili. Forse non era un grandissimo talento, forse non aveva la vera stoffa del campione, ma per quanto riguarda la tecnica era molto bravo, preparato e non sbagliava mai. Questi pregi sommati ad una macchina performante gli permisero di vincere un paio di titoli italiani di gruppo N.
Iniziammo le ricognizioni beccandoci subito una spolverata di neve, un paio di cm. sul Col del Lys. Mi piaceva sempre mettere a prova me stesso nelle situazioni estreme, forse non lo sapevo nemmeno io il perchè, ma mi buttai giù dalla discesa tastando il limite ad ogni curva, le gomme intermedie tipo Montecarlo sulla neve fresca non erano per niente efficaci e le acrobazie si sprecavano.
“Ma quante volte sei uscito di strada?” mi diceva stupefatto Max alla fine della prova.
“Vedevamo le tue tracce continuamente nei fossi” aggiunse Gabriele “Che hai fatto?”.
“Bah… sai nella neve non sono molto pratico” risposi ridendo e strizzando l’occhio al fido Peruzzi che ridacchiava sottobanco.
In effetti nei fossi o meglio, vicino ai fossi ci andavo quasi ad ogni frenata perché la neve fresca e il ghiaino più consistente ai bordi miglioravano lo scarsissimo grip della macchina, lo avevo imparato a casa mia, quando non avevo i soldi per comprarmi le chiodate e mi trovavo per strada sotto la neve con l’obbligo di tornare a casa, allora si cercava disperatamente anche il millimetro di aderenza pur di non dormire all’addiaccio o magari subire l’onta della spinta.
“In certi casi mai mettere le ruote dove passano gli altri”.
Mi guardarono tutti e due sconcertati e ci facemmo una bella risata, pensando che scherzassi. La gara partiva la sera e quando provai la macchina, poco prima delle verifiche dissi: “Ma cavoli, questa va il doppio della mia gruppo A…. non va in giro ed è fantastica, entrano perfino le marce, che libidine!”.
Prima di partire improvvisai uno show all’interno dell’hotel fingendo di suonare il pianoforte mentre Claudio Micci, che lo sapeva suonare davvero, stava nascosto sotto di me, dando a tutti l’impressione che fossi diventato d’un tratto un novello Mozart, in tuta ignifuga.
“Ora suono il piano e dopo suono voi” dicevo baldanzosamente ridendo, mentre le facce dei presenti s’incupivano sapendo che probabilmente sarebbe stato vero. La lotta era a cinque: Folco che doveva vincere a tutti i costi, Porcellana a cui bastava arrivare secondo, noi che dovevamo teoricamente arrivare tra Folco e Porcellana, Tabaton che doveva vincere per togliere i punti a Folco e poi Benazzo che invece doveva solo divertirsi e non centrava nulla, ma poi si rivelò un grosso imprevisto.
Appena salii in macchina mi accorsi che avevano fatto il pieno.
“Avete paura che resti senza benzina per far la salita di Sestriere?” dissi contrariato.
“Ce lo ha ordinato il d.s.”.
“E nella loro…. quanta ne avete fatta?”.
“Quindici litri”.
“Ah, bene, per fortuna che ci dobbiamo aiutare, comunque non fa nulla, non è un problema, mi arrangio lo stesso”.
Si partiva dal centro di Sestriere e si scendeva a Cesana per una stradicciola, poi la prima prova ritornava a Sestriere per la strada usata anche dalla cronoscalata, la Cesana-Sestriere, totale 15 forse 20 km. e noi avevamo “precauzionalmente” il pieno… Al controllo di Cesana mi si affacciò al finestrino un ragazzo: “Ciao Vittorio, sono di Asiago, sono qui a fare la selezione dei maestri di sci, mi raccomando tieni alto il nome dell’Altopiano… Ah nella seconda curva tutti mollano perché c’è un poco di ghiaccio ma si può tener giù, non c’è nulla, vai!”
Lo presi in parola e tenni giù, ero già in quarta…. La macchina partì dietro in una maniera incredibile sul ghiaccio vivo, che quell’animale aveva detto non esserci, ed invece era una lastra da pattinaggio artistico. Misi a fondo il pedale e con una decina di controsterzi riuscii a ritrovarmi di nuovo dritto, ma per almeno un centinaio di metri vidi solo roccia o guard-rail. “Se trovo quel bastardo lo rovino ” dissi affannato a Mauro che già si era visto sul giornale in versione mezzobusto.
Terminammo la prova molto cautamente per lo spavento, comunque mettemmo lo stesso 7-8 secondi tra noi e il secondo, la macchina era facilissima e abituato con quell’arnese del gruppo A mi sembrava una bicicletta al cospetto. Dopo le prime tre prove avevo una decina di secondi di vantaggio su Folco, 34 su Tabaton, 57 su Porcellana e 1,01 su Benazzo, ero nono assoluto davanti a Verini con la Visa 1000 piste che avevo usato l’anno prima, davanti a me Moscato e Stagni con i gruppi A di un solo secondo poi Rayneri con la Uno Totip a 6 sec. e poi solo 037.
Nella quarta prova, quella di Meana in un rettilineo lunghissimo che stavo percorrendo a fondo, d’un tratto mi si spense tutto, motore, fari, cruscotto, praticamente restai cieco a 150 all’ora. Furono momenti veramente tremendi, fortunatamente la retta terminava in un bivio dove c’era una luce, che presi come riferimento cercando di sentire i lati della strada e correggere appena il rumore del ghiaino mi avvertiva che mi avvicinavo ad essi.
Mi fermai proprio sotto il lampione e scesi incazzato per vedere che cosa stava fermando la mia corsa stavolta, non c’era segno di elettricità in tutta la macchina e solo la radio restava accesa a farmi incazzare ancora di più, ma mi fece capire di che tipo era il guasto, era lo stacca-batteria e la radio aveva un impianto diretto, avevo infatti notato precedentemente che staccando tutto la radio rimaneva sempre accesa.
Ci misi più di sei minuti a trovare quel bastardo di filo che si era colato a causa del sovraccarico dei fari. Andando a massa toglieva la corrente a tutto l’impianto elettrico fermando la macchina, strappai un filo non ricordo di cosa e feci un ponte empirico ripartendo con le sole mezzeluci, pregando che questo reggesse almeno il tempo di raggiungere l’ormai vicina assistenza, lì ripararono il guasto, mettendo un filo più grosso e un deviatore, ma era alquanto strano che non ci avessero pensato prima.
La prova successiva era il Col del Lys, bellissimo e ancora imbiancato con un paio di centimetri di neve. Partii come sempre attaccando la salita che era quasi tutta secca, su un lungo curvone con molta ghiaia però mi girai come un tonto e la macchina si spense.
“Porca miseria, ma non riparte più!” e giravo la chiave nervosamente senza ottenere risposta dal motore, pensavo al filo di poco prima e provavo angoscia, sembrava che la benzina non arrivasse al motore. La povera Escort ci mise sicuramente almeno una ventina di secondi che non passavano mai a ripartire con tutti e quattro i cilindri. E allora su di nuovo, a più non posso con una rabbia dentro da far paura. Iniziava il tratto innevato e via dentro ai fossi come avevamo fatto nelle ricognizioni, poi poco dopo ecco il dosso dove si scollinava e lì iniziava la discesa terribile, bianca e infida come non mai, lì iniziai a fare delle cose tremende per restare in strada e poi gli ultimi tre quattro chilometri di nuovo senza neve e allora a tutta, ma ad un tratto: Toc-toc-toc-toc-toc…. Un rumoraccio sull’anteriore destra.
“Che succede!” urlò Mauro notevolmente preoccupato.
“Si sta sbullonando una ruota, lo conosco ‘sto rumore… quanto manca alla fine della prova?”.
“Meno di due chilometri”.
“Vado piano e speriamo di riuscire a finirla…, tu chiama la macchina veloce che ci venga incontro subito”.
Così rallentai notevolmente, cercando soprattutto di non caricare troppo nelle curve a sinistra. Appena passato il controllo stop, mi fermai e chiusi i bulloni, uno era già partito per i fatti suoi e restava solo qualche giro per perdere anche gli altri, ma eravamo riusciti a finirla. All’assistenza ci fu un battibecco piuttosto colorito perché il cerchio in questione non era imboccolato e quindi provocava il problema in questione, era impensabile che a fine stagione ci fossero ancora in giro cerchi non imboccolati e Toni s’inferocì con i meccanici di Repetto accusandoli di sabotaggio, il clima era abbastanza teso ma mi tenni fuori dalla polemica pensando solo a recuperare il più possibile, anche perchè non era sicuramente un sabotaggio ma un’incuria comunque abbastanza grave.
Al Lys il nostro fu il secondo tempo assoluto a 8 secondi dal primo, Bossini con la Lancia Rally 037 un tempo incredibile con quello che ci era successo. Subito dopo iniziai ad inanellare dei tempi incredibili, davanti anche a tutti i gruppi A, Verini con la Visa, Rayneri con la Uno Totip che poi si fermò tatticamente all’ultima prova in quanto la vettura non era ancora del tutto omologata, e la stava testando per il mondiale ‘86.
La gara volgeva ormai al termine e la classifica del gruppo N prima delle due ultime prove vedeva primo Folco, Tabaton, Porcellana e Benazzo a sei da Porcellana e noi quarti a meno di quattro minuti nonostante i quasi sette persi per il malefico filo. Il campionato era perso per Folco perché Tabaton facendosi da parte avrebbe consentito a Porcellana di arrivare secondo e quindi di vincere, ma dietro a sei secondi c’era Benazzo in grande rimonta. Prima delle ultime due prove per radio si sentiva un nervosismo incredibile.
“Carlo offrigli dei soldi…. una macchina per la prossima stagione, fai qualcosa dobbiamo convincerlo a prendere Porcellana”, urlava Max alla radio.
“Aho…. nun me stà a sentì, pare che è un suo amico” Ribadiva Micci disperato.
Ormai tutti eravamo rassegnati, se Benazzo non attaccava il pilota della Fiat quest’ultimo sarebbe stato inesorabilmente campione. Ma nell’ultima salita, quando Tabaton si fece da parte come da copione per far passare Porcellana, quest’ultimo fece un incredibile testacoda, facendosi sopravanzare di un solo secondo da Benazzo che a sua volta aveva rallentato per favorire il quasi compaesano pilota della Fiat.
Fu una situazione incredibile, Folco vinse il campionato per un solo secondo nonostante il gioco di squadra di ben due piloti. In realtà non capii mai perchè ci fu quel testacoda malefico, ma credo che nei sogni del pilota Astigiano questo si ripresenti puntualmente nelle buie notti in cui si rivedono certi fantasmi..
La gara terminava con le due salite consecutive al Sestriere, nelle quali feci lo stesso identico tempo, 5,09 dando come sempre il massimo, dalla classifica finale togliendo sei minuti (erano sicuramente di più) sarei terminato tra il 4° e il 5° assoluto davanti a Verini mio ex capo con la mia ex vettura, sarebbe stata una bella soddisfazione.
Vinsi comunque tutte le prove speciali, tranne quella in cui il filo mi fece perdere i sei-sette minuti, persi il rally, ma fu una gara in cui feci dei bellissimi tempi. Alla premiazione il mio compagno di squadra mi disse molto convinto, che la mia macchina aveva quattro cavalli più della sua, facendomi schiantare dalle risate e alludendo al pesante distacco subito…
“Hai ragione ” gli dissi “Però… nonostante questo sei andato molto forte… mi hai dato quasi quattro minuti” e scoppiammo a ridere tra gli sguardi non più angosciati di Micci e Sghedoni liberati dall’incubo a cui stavano per soccombere. Fu l’ultima gara del 1985 una stagione in cui vidi il traguardo solo in quel rally e attardato di parecchio.
Dopo alcuni giorni mi chiamò Micci, dicendomi che per il prossimo anno, avevano deciso di far preparare la macchina a Repetto, una macchina completamente nuova, escludendo così gli inglesi che si erano manifestati degli incapaci (finalmente!), la macchina sarebbe stata molto simile al gruppo N con solo freni e cambio del gruppo A, questo avrebbe permesso di avere molta più affidabilità.
“Nel frattempo” mi disse “Dovrai andare a Chiesa Valmalenco ad una selezione per la squadra femminile che verrà fatta usando le Fiesta, poi sarai a Cortina tre giorni per la presentazione della Scorpio 4×4, poi una settimana a Livigno per la selezione finale della squadra femminile e poi la presentazione ufficiale della squadra a Firenze a Villa Cristina, dove conoscerai anche il tuo nuovo navigatore, Enrico Riccardi… il navigatore di Porcellana”…
“Ma io mi trovo benissimo con Peruzzi…. perché dovrei mai cambiare?”.
Non ebbi mai risposta…