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Carlo Chiti il geniale papà dell’Autodelta

carlo chiti

Direttamente, Carlo Chiti non ha a che fare con i rally. Ma Carlo Chiti fu l’Autodelta, che ottenne diversi successi nei rally, da quando la proprietà decise che l’Alfa Romeo doveva essere competitiva anche nelle corse su strada. Essendo un grande genio poliedrico dell’automobilismo ed essendo un personaggio che con la sua ombra regalò intense pagine di rally, non possiamo non ricordarlo.

Laureato in Ingegneria aeronautica all’Università di Pisa entrò ben presto a far parte dei ranghi progettistici dell’Alfa Romeo dove, dal 1952, fu assegnato al reparto corse. Nel 1957 Enzo Ferrari lo chiamò a sostituire l’ingegner Andrea Fraschetti nel progetto della Ferrari 156 F1, la prima vettura Formula 1 della casa a motore posteriore. Chiti restò alla Ferrari fino al 1961 quando, assieme ad altri progettisti e dirigenti, tra cui Giotto Bizzarrini, decise di tentare l’avventura della ATS. Durante il periodo Ferrari, i motori e le vetture progettati da Chiti vinsero due titoli mondiali di F1, nel 1958 con Mike Hawthorn e nel 1961 con Phil Hill.

Per 35 anni Carlo Chiti è stato un’ autorità in materia di motorismo sportivo e il suo nome resta legato a quello della Ferrari, dell’Alfa Romeo, della Motori Moderni e di altre gloriose iniziative. Approdato all’Alfa nei primi anni 50, quando era fresco di una laurea di ingegneria aeronautica, Chiti, che era un pistoiese estroverso e brillante, passò nel 1957 alla Ferrari quando la casa modenese era ancora una piccola impresa padronale appartenente a quell’ altro genio dell’ automobilismo che si chiamava Enzo Ferrari.

Due uomini, due caratteri completamente opposti che spesso facevano scintille. Appena entrato negli uffici di Maranello, “Chitone”, come era affettuosamente chiamato da tutti, entrò subito in grande stile nell’ ufficio progettazione mettendo il becco nella vettura (la Ferrari 256) che avrebbe poi vinto il campionato del mondo con Mike Hawthorn. Ma il suo capolavoro, come direttore di quell’ ufficio, lo progettò di lì a poco. La famosa Ferrari 156 “Squalo” che vinse nel ‘ 61 il titolo mondiale con l’ americano Phil Hill (che non era parente dell’ attuale Damon Hill).

Ma questa “sua” Ferrari vinse proprio nell’ anno in cui “Chitone” fece le valige per andarsene con molto amaro in bocca dalla Ferrari. C’ era stata una specie di rivolta contro il Padrone Ferrari e se ne andarono in tanti con una gran voglia di fare un’ altra Ferrari. E nel 62 infatti nacque l’ ATS (Automobili Turismo Sport) che durò purtroppo un paio d’ anni appena durante i quali fu tuttavia realizzata una F.1 insieme ad una vettura Granturismo.

Chiti tornò al vecchio amore Alfa Romeo. Aveva fondato a Udine con l’ingegnere Ludovico Chizzola, la Autodelta che montava allora la leggendaria Giulietta TZ1. Il passo fu breve. Dalle sue officine, ben presto trasferitesi a Settimo Milanese, prendevano forma le Giulia TZ, le TZ2, le mitiche Giulia GTA, le 33, le GTV da competizione che per un ventennio hanno dominato i campionati assoluti Turismo, i Campionati Sport Prototipi e hanno ottenuto risultati eccellenti nei Rally, fino alla Formula 1. E se non fosse stato per lo zampino maldestro della politica, probabilmente sarebbero arrivati gli sperati successi anche nella massima formula.

L’Autodelta diventò sempre di più una specie di reparto corse dell’ Alfa. L’ Autodelta era tutto per “Chitone”: un’ officina altamente qualificata, una specie di seconda casa, un canile, un luogo di divertimenti. Chiti era un grande amante e protettore di animali. Raccoglieva cani malandati ovunque, li curava e li portava all’ Autodelta dove spesso se ne stavano in adorazione del padrone sulla scrivania, sulle sedie, sulle poltrone del suo ufficio. “Si segga pure – diceva Chiti agli ospiti – ma ‘ un mi tocchi la c’anina”.

Un’ altra volta fece aspettare fuori dalla porta chiusa un paio di giornalisti che origliarono una vivace discussione nel suo ufficio. Poi, all’ improvviso rimbombò un colpo di pistola. I due giornalisti aprirono la porta e trovarono Chiti e il suo interlocutore che, ridendo, osservavano il buco nel soffitto. Era così il Grande Chiti, prendeva tutto in allegria. Anche nelle corse, anche in F.1 dove riportò l’ Alfa con vicende alterne.

Prima montando i motori sulle Brabham di Bernie Ecclestone che era uno dei suoi più grandi amici ed estimatori. Poi costruendo anche i telai. Furono anni d’ oro, di grande entusiasmo per la seconda grande scuderia italiana. Ma furono anche gli anni in cui i nodi dell’ Alfa fabbrica di automobili cominciarono pian piano a venire al pettine portando alla rovina il famoso marchio.

L’ Autodelta si rovinò lentamente con l’ Alfa e Chiti si avviò su nuove strade. Con la Motori Moderni costruì motori di F.1 ed un 12 cilindri boxer per la giapponese Subaru. Ha continuato a lavorare fino all’ ultimo. Instancabile, appassionato, non avrebbe mai potuto fare a meno del suo lavoro, dei suoi motori. “Quando viene a Milano – diceva per telefono – mi avverta, si va a desinare insieme…”.

Aveva sempre amato la buona tavola, le buone tavolate in allegria. Fu forse il primo a portarsi al seguito i propri cibi sui circuiti, disgustato com’ era dalla brutalità degli hot dog che allora, insieme alle banane, erano l’ unico genere commestibile della F.1. Ed era in queste circostanze che apriva molto volentieri i volumi della sua enciclopedica memoria per raccontare una vita nelle corse. Aneddoti su tutto e su tutti, episodi ufficialmente ignoti di questa o quella gara, dispetti, ripicche, amori, odii.

Attraverso la sua voce, la Formula Uno si trasformava in un appassionante Dallas dello sport, un Beautiful senza fine. Storie umane di meccanici, grandi Vip, piloti, donne, avventurieri. Storie tecniche di vere e finte invenzioni, di piccoli imbrogli, di sotterfugi, di grandi imprese. Se ne va con il nostro amato “Chitone” l’ ultimo Ufficiale Gentiluomo di questo mondo dei motori sempre più ingrugnito, privo di spirito almeno quanto è ricco di denaro.