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Carlo Capone: storia di un campione sfortunato

Carlo Capone

Carlo Capone si sentiva sempre più a disagio per quella evidente preferenza che i suoi capi avevano verso Toivonen e per il fatto che aveva scommesso sull’ERC senza alcuna possibile ricompensa futura. Questa cosa lo frustrò profondamente e lui era un uomo già insicuro. Il problema, per il torinese, in realtà non era solo Toivinen. L’Italia aveva un grande gruppo di giovani e veloci piloti in lizza per un posto nel WRC, con in testa Miki Biasion.

Questa è una storia la cui sceneggiatura avrebbe potuto, o forse avrebbe dovuto, essere completamente diversa. Non la storia di una promessa, bensì quella di un grande e giovane pilota italiano che avrebbe potuto raggiungere vette molto alte nel mondo dei rally. Invece, Carlo Capone è stato completamente dimenticato, almeno finché la triste via crucis della sua vita non ha sollevato una certa solidarietà da consapevolezza. La sua storia ha ispirato un film, che non gli rende onore, soprattutto perché la storia vera è molto diversa, più comune, tragica e triste.

Carlo Capone nasce il 12 dell’aprile 1957 a Gassino Torinese, alla periferia del capoluogo piemontese – città natale di Fiat e Lancia – dove per decenni si vedeva passare il popolarissimo Rally Team ‘971. Diventa relativamente facile capire come un Carlo adolescente sia rimasto “intrappolato” nel sogno del motorsport.

Nel 1977 – ancor prima dei vent’anni – Capone debutta con una Autobianchi A112 Abarth. All’epoca, il management del Gruppo Fiat aveva creato il Campionato A112 Abarth, un monomarca di grandissimo successo parallelo al Campionato Italiano Rally. La vettura era ovviamente la A112 Abarth. In quella prima edizione datata 1977 il “nostro” si affermò come uno dei piloti più veloci e regolari della serie, vinta poi da Attilio Bettega.

Carlo Capone è già una stella nascente

Era solo l’inizio di una carriera che prometteva di essere fantastica, ma fu anche il primo passo verso la sua rapida conclusione… Carlo Capone è stato affiancato al promettente Fabrizio Tabaton – il figlio del mitico Dottor Luigi, due anni più grande di Carlo – per l’intera stagione 1978 e ha debitamente soddisfatto le aspettative finendo secondo al Trofeo, a pari merito con il suo compagno di squadra.

Fabrizio aveva vinto più gare e fu così incoronato campione. Va detto, però, che all’epoca di parlava di ordini di scuderia che favorirono Tabaton. Nell’ultima gara, Capone rallentò con cautela durante le ultime PS del rally, offrendo il titolo a pilota ligure. In ogni caso, questo non è importante ai fini storici, per ciò che accadrà più avanti negli anni.

Le capacità di Capone erano indubbia e la fedeltà alla squadra portarono ad un rinnovo del suo contratto con Grifone e alla possibilità di guidare una delle Autobianchi ufficiali al RAC Rally di fine stagione, accanto a Tabaton e Mirri. Peccato che al suo debutto internazionale, in uno dei rally più tecnici del WRC, si sia ritirato anticipatamente a causa del motore.

Invece che guidare la Lancia Stratos, promessa al vincitore nel 1979, Carlo dovette accontentarsi di un’umile Fiat Ritmo 75 a inizio stagione, per poi passare a una più potente Fiat Ritmo 130. La macchina, specialmente la 75, non era affatto la migliore della classe, ma era abbastanza per un giovane pilota per affinare le sue capacità e mostrare cosa poteva fare con una macchina meno competitiva.

Nel 1979 e nel 1980, il torinese lasciò tutti senza dubbi sulle sue potenzialità, ottenendo tempi di prova impressionanti per una vettura così piccola a trazione anteriore e conquistando piazzamenti di prestigio in alcuni rally importanti, come un sesto assoluto al Rally Il Ciocco alla fine del 1980 e il successo al Rally della Lanterna, una delle poche vittorie assolute per la piccola Ritmo.

La scalata al vertice del pilota torinese

Il 1981 fu più o meno identico all’anno precedente, Capone era in coppia con il giovane copilota Gigi Pirollo (che sarebbe diventato anni dopo navigatore di Alex Fiorio, Franco Cunico e Giandomenico Basso). Il pilota piemontese fece la sua seconda uscita nel WRC a Sanremo, concludendo tristemente a bordo strada. Pirollo ha sempre ricordato il suo pilota come un pilota che prendeva notevoli rischi per vincere con uno stile aggressivo. In ogni caso, i ritiri erano rari. Leggendo i ricordi di Gigi Pirollo, il “nostro” era un pilota terribilmente timido e introverso e con uno strano carattere. Sembrava che Capone fosse capace di esprimere bene le sue emozioni solo al volante di un’auto da rally.

In quegli anni, il Gruppo Fiat era soggetto ad importanti cambiamenti e il reparto corse si stava concentrando sullo sviluppo della nuovissima Lancia 037 trasformandola in un’auto da corsa il regolamento del Gruppo B, che sarebbe entrato in vigore dal gennaio 1983. Di conseguenza, i piloti della squadra ufficiale e quelli satellite avrebbero dovuto accontentarsi, inizialmente, della vecchia Lancia Stratos o della Fiat 131 Abarth, almeno fino a quando la nuova vettura non sarebbe stata pronta.

Nel 1982, dopo quattro stagioni con Grifone, Capone fu chiamato da un altro dei team satellite Lancia/Fiat, il Jolly Club Milano, per guidare la Fiat Ritmo Abarth 125 TC Gruppo A, che si rivelò un successo immediato, visto che Carlo era spesso al vertice, nella top ten assoluta (infatti ci ha vinto il titolo italiano del Gruppo A). Però, la sua partecipazione al Sanremo andò di nuovo male. A quel punto, la 037 era già stata sviluppato ed era una vera “bomba” per la stagione 1983.

Le speranze di Carlo si realizzarono quando la direzione Lancia distribuì le 037 ai tre team satellite – Grifone, Tre Gazzelle e Jolly Club – e Capone rimase con quest’ultimo al fianco di Miki Biasion (che era il pilota sponsorizzato da Lancia per l’ERC). Fin dalla prima prova del Campionato Italiano fu tra i migliori, classificandosi secondo al Rally Targa Florio e quarto al Rally Costa Smeralda a coefficiente 4 nell’ERC.

Era questione di tempo prima che riuscisse a vincere. Avvenne al Rally della Lana 1983, davanti a Biasion, Cunico, Cerrato e Tabaton. Facile vedere quanto fosse competitivo il Campionato Italiano allora, tanti bravi locali e un grande gruppo di giovani che aspirano a diventare campioni europei e mondiali. Capone avrebbe potuto vincere anche a Piancavallo se non fosse stato per problemi al motore…

Carlo Capone
Carlo Capone

La Lancia decide di aiutare Capone

Nel 1984, la Lancia decise di sostenere Capone per il titolo dell’ERC, così Carlo fu trasferito alla Tre Gazzelle per guidare le Lancia in livrea Ovest. La squadra di Giorgio Leonetti era la squadra scelta per puntare all’ERC, mentre il Jolly Club avrebbe fatto un programma WRC part-time per Miki Biasion.

Pirollo aveva lasciato Carlo, che ora era navigato da Sergio Cresto, tristemente ricordato dalla morte al fianco di Toivonen in Corsica nel 1986. Allora, l’ERC era una stagione di cinquanta rally straordinariamente lunga, ogni gara con un coefficiente di punti assegnato, rendendo molto difficile avere una anteprima dei pretendenti al titolo. Tutto dipendeva dai punti segnati nei precedenti rally a coefficiente 4. A parte condizionare il resto della stagione, segnare i primi punti ha contribuito ad attirare l’attenzione su possibili sponsor aggiuntivi.

Era facile prevedere che Henri Toivonen – pilota Lancia – sarebbe stato il più grande rivale di Capone. Toivonen nell’ERC era alla guida di una Porsche 911 SC RS iscritta da David Richards sotto la bandiera del Rothmans Porsche Rally Team. C’erano molti rally su asfalto nel Campionato e le vetture 2WD non avevano molti problemi di potenza contro le rivali 4WD, anche se non c’erano né Audi né Peugeot, tranne le Quattro di Harald Demuth e Michele Cinotto. I contendenti locali come Jimmy McRae, Béguin, Andruet, Zanini e anche altri italiani erano però in grado di fare la differenza e complicare le cose.

Per evitare eventuali problemi iniziali nella prima stagione ERC a tempo pieno, Leonetti decise di iniziare dalla Boucles de Spa, dove Capone ottenne la sua prima vittoria della stagione dopo una bella lotta con Tony Pond. Tuttalpiù, il problema sarebbe potuto essere il Rally Costa Brava, a coefficiente 4, ma entrambi i contendenti alla vittoria si ritirarono. Carlo nella prima PS su asfalto mentre era in testa con sei minuti. Henri con un albero di trasmissione rotto. Capone dominò e vinse il Costa Blanca (coefficiente 3) e arrivò secondo in Costa Smeralda dopo una bella battaglia contro Toivonen, che vinse per 57 secondi, mentre Cerrato arrivò terzo, tredici minuti dietro la Porsche.

Come previsto, la corsa al titolo si è presto trasformata in una sfida tra Toivonen e Capone, poiché anche le peculiarità del Campionato non lasciavano quasi margini agli altri piloti. Prima della successiva gara ERC, la Tre Gazzelle portò Carlo all’Acropoli. Una gara-test entusiasmante per il torinese, finita troppo presto quando il differenziale e la sospensione si ruppero nella prima tappa. Ironia della sorte, Carlo era il più veloce del gruppetto Lancia, flagellato dalle forature.

Si tornò a lottare nell’ERC, alla 24 Ore di Ypres. Il leggendario rally in terra fiamminga era il luogo perfetto per una battaglia tra i contendenti al titolo. C’erano anche McRae, Béguin, Andruet, Colsoul, Snijers, Droogmans. Carlo Capone stava dominando finché non è stato penalizzato per un cambio di… cambio. Toivonen ha dominato la seconda parte del rally in modo esemplare davanti al fuoriclasse locale Snijers su un’altra Porsche. Carlo è arrivato terzo dopo altri problemi al differenziale. Ma avrebbe potuto perdere tutto.

E avrebbe potuto perderlo anche nello scenario mozzafiato del Rally Vinho da Madeira… Carlo Capone era in modalità “maximum attack” e prendeva le misure ai suoi rivali nella prima tappa. Nella seconda invece perdeva il controllo della Lancia sull’asfalto bagnato e la distruggeva. Toivonen vinceva ancora e si è portava in testa al Campionato con 81 punti di vantaggio. Il driver torinese, a fine gara, disse che l’incidente era dovuto a un tubo del freno rotto. Il manager Gianfranco Silecchia si arrabbiò e si creò una certa tensione. Il primo grave strappo…

Carlo Capone aveva un disperato bisogno di vincere sulle dure PS greche degli Halkidikis. E così fece, schiacciando l’opposizione Nissan guidata da Mehta e riducendo così il suo svantaggio a un solo punto (Toivonen era assente, guidando per Martini Lancia al 1000 Laghi). In questo contesto, la Tre Gazzelle confermò la sua uscita programmata a Cipro (coefficiente 3), oltre ad ogni altra gara in cui Toivonen sarebbe potuto esserci.

Rimaneva una sola gara a coefficiente 4, il Tour de France, che si sovrapponeva al Sanremo. Questa situazione scatenò una faida contrattuale tra Lancia e Prodrive riguardo al giovane finlandese… Il problema era un vero pasticcio. Ma dall’inizio della stagione. Infatti, Henri Toivonen aveva firmato con David Richard per l’ERC dopo non essere riuscito ad avere un ingaggio full-time nel WRC con Lancia. Ma appena si accorse che il suo stesso pilota (Toivonen) rappresentava un problema per il titolo ERC della Lancia, Cesare Fiorio offrì al finlandese più gare nel nel Mondiale, compreso quel Sanremo. E funzionò.

A parte i suoi profondi problemi contrattuali, il futuro di Toivonen era incerto a causa della possibile estensione delle sue lesioni alla schiena (post incidente Costa Smeralda) e della possibilità di essere arruolato per le forze armate all’inizio del 1985. Tutto questo poteva compromettere il suo posto alla Lancia. Ma nessuno poteva negare che Henri fosse l’uomo che Cesare Fiorio voleva davvero al fianco di Alén.

Questo ferì l’orgoglio di Carlo Capone. Poco dopo Cipro, con il titolo quasi in tasca, Capone rilasciò un’intervista ad Autosprint in cui disse: “Molti dicono che nel 1985 sarò ancora con Tre Gazzelle: non è vero. E voglio aggiungere: per il prossimo anno non ho voglia di guidare per una squadra privata. Funziona così. O niente. So che in Italia non sarà facile, ma non mi perdo d’animo. Vedremo”. E questo conferma come la tensione stesse salendo…

Rilasciare quella dichiarazione al settimanale più letto d’Italia fu come sganciare una bomba. Lancia reagì immediatamente e fu solo grazie all’intercedere di Leonetti che Carlo non rimase lì a piedi… Inevitabilmente Capone si demoralizzò e guidò per vincere ad Antibes dove incassò il titolo, anche se totalmente consapevole che tutte le porte di Torino erano ormai chiuse.

Sia Fiorio sia Leonetti erano profondamente arrabbiati per le dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa. Anche se Carlo Capone aveva più e più motivi per lamentarsi: al Grifone e al Jolly Club guidava spesso macchine meno potenti dei compagni, e non ne faceva mistero con la stampa. Il problema di fondo era che Capone veniva considerato troppo ambizioso e scortese da Cesare Fiorio, che decise mise fine al suo contratto a fine stagione.

Capone si sentiva sempre più a disagio per quella evidente preferenza che i suoi capi avevano verso Toivonen e per il fatto che aveva scommesso sull’ERC senza alcuna possibile ricompensa futura. Questa cosa lo frustrò profondamente e lui era un uomo già insicuro. Il problema sportivo di Capone, in realtà, non era solo Toivonen. L’Italia, in quegli anni, aveva un grande gruppo di giovani e veloci piloti in lizza per un posto nel WRC, con in testa Miki Biasion.

Capone scoprì rapidamente che non aveva più alcuna possibilità di assicurarsi un sedile ufficiale per l’ERC o per il WRC. Lancia lo aveva sostituito subito con Andrea Zanussi, alle Tre Gazzelle, mentre il Jolly Club aveva ingaggiato Cerrato dalla Conrero Opel. Lo stesso Leonetti, in un’intervista ad Autosprint, aveva detto che Capone non sopportava il fatto che la squadra ufficiale preferisse Toivonen perché il finlandese era un asso del Mondiale.

È ingiusto semplificare la stagione di Capone ai soli risultati. Lo stesso Henri Toivonen aveva riconosciuto che stava lottando contro un formidabile e pilota di talento. Ma Henri aveva quel “centimetro” in più che fa la differenza tra un ottimo pilota e un grande campione. Il danno, ormai, era fatto.

Pilota sfortunato e un uomo tormentato

La maggior parte dei conoscenti di Carlo lo ricorda come un uomo molto introverso, che vive generalmente in un suo mondo. Il modo migliore per esprimersi era al volante, dato che era terribilmente concentrato sulla carriera. I suoi avversari ritenevano che Capone fosse molto talentuoso, un pilota veloce e ordinato, molto sensibile e fluido, ma la sua personalità non era attraente in termini di pubbliche relazioni, sempre più essenziali per marche e sponsor.

Ma ciò che segnò definitivamente il suo destino fu il fatto di vivere in un’epoca in cui la scena e la stampa dei rally italiani erano dominate dal Gruppo Fiat/Lancia. Capone soffriva per non essere stato preferito ai suoi rivali (senza mettere in discussione le loro attitudini). Se avesse rifiutato gli ordini di squadra nel 1978, avrebbe ammazzato la sua carriera sul nascere. Quindi riuscì a prosperare in circostanze più difficili fino ad arrivare al vertice. Ma alla fine del 1984, era diventato troppo franco e questo ha portato Giorgio Leonetti e Cesare Fiorio ad allontanarlo.

La lite con Lancia fu un enorme colpo psicologico e ha indubbiamente contribuito alla decisione radicale che Capone ha preso alla fine della stagione. Si era appena ritirato, amaramente deluso dal mondo automobilistico, nonostante avesse appena raggiunto il suo apice, e senza dubbio con talento. Il padre di Carlo aveva cercato di aiutarlo e aveva contattato amici e giornalisti cercando di trovare una squadra per suo figlio, ma senza successo, Carlo diventava sempre più introverso e depresso.

Dopo il 1984, Capone appariva saltuariamente in rally locali, almeno fino alla fine degli anni Ottanta, ma la passione era scemata e la sua vita personale era già del tutto distrutta. La sfortuna non ha abbandonato Carlo dopo la triste fine della sua promettente carriera. Dopo la sua stagione vincente, Capone cadde in una grave depressione e il suo matrimonio crollò, ma il colpo finale fu la morte improvvisa della sua piccola figlia Cristina.

Le disgrazie familiari accaddero in pochi mesi, dopo il crollo della sua carriera e questo portò definitivamente Carlo verso una forte depressione cronica e conseguente dipendenza dai farmaci. Tornò a casa dei genitori a Gassino e lì visse sempre più solo e abbattuto, guidando di tanto in tanto nei luoghi dove mosse i primi passi nei rally e ricordando quello che avrebbe potuto essere… Capone fu assorbito in una spirale discendente che pesò pesantemente sulla sua salute e divenne sempre più dimenticato da tutti, anche dai suoi vecchi compagni di rally.

L’isolamento aggravò i suoi problemi psicologici e subì un altro duro colpo con la morte di suo padre Aldo, alla fine del 2013. Più o meno un anno e mezzo dopo, Carlo Capone e la sua anziana madre furono ammessi alla Residenza Anni Azzurri, vicino Asti. È una casa di cura per anziani che offre aiuto anche a persone incapaci di vivere da sole, principalmente con demenza, disturbi cognitivi e problemi psichiatrici. Quando la vita di Capone precipitò verticalmente, la comunità locale e i social, cercarono di attirare l’attenzione su questo problema.

Uno dei più attivi fu il prestigioso copilota e giornalista Carlo Canova, copilota di Capone nei suoi primi anni. Canova aveva creato una pagina Facebook per attirare l’attenzione sulla sua situazione e aiutarlo a ottenere cure adeguate, dopo le tante tragedie che aveva vissuto. Trent’anni fa il trattamento psicologico e psichiatrico era molto più inefficace di quanto lo sia oggi e questi problemi tendevano ad aggravarsi senza un’adeguata assistenza.

Recentemente, Matteo Rovere ha realizzato un film, “Veloce come il vento”, presumibilmente ispirato alla storia di Carlo Capone, con Stefano Accorsi. È stato lanciato nell’aprile 2016 e Matteo Rovere ha affermato che la triste storia di Carlo Capone è stata una grande ispirazione per creare il complesso personaggio di Loris De Martino. Nel film, però, vengono affrontate anche molte questioni divergenti, vale a dire la tossicodipendenza. “Veloce come il vento” è una storia che si adatta bene ad un film di finzione, ma non dovrebbe essere visto come un ritratto del passato di Carlo. Non lo è.