Arnaldo Bernacchini: il copilota degli anni d’oro
La sua smisurata passione lo fa iniziare a seguire i rally da bordo strada, con addosso i panni dell’ufficiale di gara. In questo modo e per la sua meticolosità arriva ad impegnarsi nelle competizioni che si disputano sul circuito di Monza. Inevitabili i primi contatti con il Jolly Club, la più grande scuderia automobilistica della storia di Milano. Il fiuto degli Angiolini è infallibile: Bernacchini debutta al Rally dei Fiori al fianco di un esordiente pilota: Stefano Monti. Siamo nel 1965.
Arnaldo Bernacchini, uno dei più abili navigatori degli anni d’oro del rally. Un personaggio educato, riservato, che ha reso le strade meno complicate a moltissimi piloti, tra i quali Ballestrieri, Pinto, Munari, Verini, Vudafieri, e molti altri. Se non era sull’auto da corsa seguiva i rally con le assistenze Lancia assieme al capo Cesare Fiorio.
Un professionista appassionato di automobili che sa ancora oggi trasmettere la passione dei rally alle nuove generazioni.
La sua smisurata passione lo fa iniziare a seguire i rally da bordo strada, con addosso i panni dell’ufficiale di gara. In questo modo e per la sua meticolosità arriva ad impegnarsi nelle competizioni che si disputano sul circuito di Monza. Inevitabili i primi contatti con il Jolly Club, la più grande scuderia automobilistica della storia di Milano. Il fiuto degli Angiolini è infallibile: Bernacchini debutta al Rally dei Fiori al fianco di un esordiente pilota: Stefano Monti. Siamo nel 1965. I due, in gara con la Alfa Romeo Giulietta TI, hanno dei problemi ma riescono a concludere.
Quattro anni dopo, nel 1969, Arnaldo è un professionista. Leggendo (urlando) le note a Sandro Munari vince il titolo Piloti del Campionato Italiano Rally in condivisione con John Davenport (all’epoca non c’era ancora il titolo Costruttori). La sua splendida carriera è costellata di successi, e ovviamente anche di sconfitte, ma soprattutto di storie e aneddoti incredibili.
Con Lele Pinto, Bernacchini ha tantissimi ricordi, come la vittoria al Rally TAP Portogallo, valido per il calendario del WRC. Così come al Rally 1000 Laghi con l’auto quasi distrutta. Tutti ricordano, ad esempio, quando al 4 Regioni, era il 1971, con Amilcare Ballestrieri pensavano di essere in testa al rally, mentre invece il leader era il suo compagno di squadra, Simo Lampinen, navigato da John Davenport sulla Lancia Fulvia HF. Lampinen durante la gara riferiva tempi più alti e così, con un po’ di furbizia, si era ritagliato un discreto vantaggio.
Nella sua carriera, Arnaldo Bernacchini è stato al fianco dei più grandi campioni dell’epoca d’oro dei rally mondiali e italiani: Adartico Vudafieri (con lui vincono il Campionato Europeo Rally 1981), Amilcare Ballestrieri, Fulvio Bacchelli, Sandro Munari, Lele Pinto, Tony Carello, Sergio Barbasio, Maurizio Verini, Giorgio Pianta, Attilio Bettega, Tonino Tognana e Andrea Zanussi.
Degli anni della Fulvia Arnaldo Bernacchini ricorda un episodio accaduto al Rally di Svezia 1970. “Munari ed io partiamo nella prova speciale di Torsby un minuto dopo una Porsche 911T ufficiale – ha raccontato –. Entriamo nella foresta e, in un turbinio di neve, intravediamo le lucine rosse dei colpi di freno. “Passalo Sandro!”, urlo fra una nota e l’altra. Risposta di Munari “Non sono mica Mandrake!”. Ma la repentina accensione della freccia di destra della Porsche 911 ci dà via libera. Alla guida c’era l’indimenticato campione di Formula 1 Ronnie Peterson. In quella prova il Drago aveva tramutato la guida della nostra Fulvietta in arte”.