Armin Schwarz, il talento tedesco col destino contro
Era così Armin “Armino” Schwarz, capace di capottarsi un paio di volte pure l’unica volta nella quale fu in grado di vincere un rally iridato. Stile tutto suo e carriera senza pace, passata dopo i faccioni presi in Toyota a cercare un proprio precario equilibrio con quasi tutti i team a disposizione nel mondiale.
Stima e ammirazione verso Armin Schwarz erano una cose che non potevi dichiarare troppo apertamente, una volta. Insomma, che figura ci si faceva? I finlandesi volanti, gli asfaltisti francofoni, i bellimbusti maccheronici e lo sgambettante matador iberico. Ti sobbarcavi le camminate e gli scivoloni con accidenti assortiti per vedere loro, solo loro, sempre loro, ovvio. Ed invece no. O meglio, non solo.
Perché sì, va bene questi, ma in tutti, chi più chi meno, albergava l’idea sconcia e sconcertante di vedere questo biondo dalle inconfondibili note teutoniche caracollare a pochi metri di distanza dai propri calli. Perché sì, in quegli anni Armin Schwarz era il pizzico di pepe applicato al rally ed osservabile con tutte e quattro le ruote a terra con la stessa frequenza con la quale la cometa di Halley passava ogni tanto a fare un saluto. D’altronde una volta iniziata la PS era solo questione di tempo e di logica matematica prima di vederlo finire in un fosso, a ruote all’aria oppure in bilico nel vuoto appoggiato ad un palo della luce con l’inevitabile strapiombo di sotto, roba da sdoganare il mondo dei rally alla plebe calciofila e cenante del TG5 della sera.
Era così “Armino” capace di capottarsi un paio di volte pure l’unica volta nella quale fu in grado di vincere un rally iridato. Stile tutto suo e carriera senza pace, passata dopo i faccioni presi in Toyota a cercare un proprio precario equilibrio con quasi tutti i team a disposizione nel mondiale.

Armin Schwarz riuscì a trovare un minimo di senso delle cose solo una volta accasato in Skoda. Fu, infatti, lì che il biondo rubato probabilmente a qualche polverosa e buia officina tedesca (ossia una sorta di “set a luci rosse” per noi appassionati dell’epoca) riuscì a dare il vero autentico meglio di sé, in particolar modo a bordo della quantomeno improbabile ed imparcheggiabile Octavia WRC.
Non c’erano da aspettarsi vittorie o podi, e lui stesso era il primo ad esserne conscio, ma alla fine poco male via. Il passaggio del transatlantico bianco verde (sempre accompagnato da un accattivante e meraviglioso sound) era per gli occhi e per le orecchie uno spettacolo davvero a sé stante, un qualcosa di diverso e di particolare che andava a rendere memorabili quelle giornate già di per sé emozionanti.
Armin “Armino” Schwarz pendolava, sbandava e sgommava, e si sapeva che per un mucchio di ragioni più o meno intuibili il tempo non sarebbe mai venuto. Ma il senso era quello e non cambiava, come lo stile. Succede quando sei un artista e le cose del tuo mestiere, piu che per te stesso, finisci per farle per gli altri. E se oggi sono passati venti e più anni ed io sono qui a scrivere di te, qualcosa vorrà ben dire.
Danke Armin