Alla scoperta di Mauro Pregliasco, alias ”Il Prete”
L’origine del “Prete” deriva da alcune sue caratteristiche tra cui la sua innata timidezza e il fatto che gli dispiacesse dispiacere. Non ha mai guidato una Fulvia 1300. Il Targa Florio 1980? Gli ricorda una vittoria perduta ma non per colpa sua. Il grande Mauro Pregliasco, intervistato dagli appassionati di rally, risponde alle domande più curiose…
Un’intervista che fuga tante curiosità è quella che molti fans di Mauro Pregliasco hanno portuto fare al loro idolo nel Gruppo Facebook dedicato a Sandro Munari e Mario Mannucci e gestito da Ariella Mannucci e Flavia Munari. Per Mauro Pregliasco diverse domande a bruciapelo poste dagli appassionati di rally e di Lancia più in generale.
Una raffica di domande a cui Pregliasco, uomo dai modi molto garbati e compiti, si sarebbe probabilmente sottratto negli anni in cui era pilota Lancia, per ovvi motivi, ma che invece adesso è diventata per lui molto piacevole da gestire e da affrontare, seppure con la sintesi che lo ha sempre contraddistinto. L’occasione è diventata, dunque, ghiotta e diversi di appassionati hanno visto soddisfare varie curiosità che avevano in archivio da chissà quanto tempo.
Molte domande sono state rimodulate e riadattate ad un’intervista, mantenendo il senso della domanda posta, mentre le risposte sono originali.
Perché “Il Prete”?
“Dario Di Bello, più che a me bisognerebbe chiederlo ai miei colleghi che me l’hanno dato questo appellativo… Cercherò di darvi la mia opinione: sono entrato nella squadra Lancia che ero il più giovane e sopratutto il meno vissuto, l’origine del “Prete”, deriva da alcune mie caratteristiche che vi elenco: ero molto timido e mi dispiaceva dispiacere. Nelle discussioni cercavo di mediare non dicendo integralmente ciò che avevo dentro, non potevo ancora permettermi (non sarà più così con il tempo) di stare con l’uno o con l’altro, mi pronunciavo con la massima prudenza. Inoltre, da ragazzino ero stato chierichetto fino a servire tre Messe al giorno, 6,30-7,00-7,30, poi colazione quindi a scuola e chiaramente in ritardo ma il maestro, severissimo, era prete, zio di mio papà. Ed era quello che recitava la messa alle 7,30. Se non bastasse sono nato alla Madonna del Deserto, il Santuario, e tre case oltre quella dei pellegrini, la più grande, dove non c’era una strada di comunicazione ma una mulattiera praticata esclusivamente da qualche carro che sovente per le asperità non riusciva a procedere. Quindi erano chiamati altri carrettieri per farlo proseguire. Il rettore del Santuario era un altro fratello di mia nonna, prete, che l’aveva fatta trasferire da Millesimo per allontanarla dai pericoli della Seconda Guerra Mondiale. Ci tengo a dire che mio nonno era il vicesindaco di Millesimo e faceva, fino ad allora, le funzioni di sindaco poiché il titolare era un avvocato che viveva a Genova. Ogni estate venivano in vacanza i clerici della Calasanzio di Roma e per me era il periodo più bello… Vivevo con loro, pregavo, cantavo e giocavo, Insomma rispettavo le loro regole. Sono stati gli unici miei veri amici. Peccato soltanto due mesi ogni anno e solo per sei anni. Spero di non essere stato troppo prolisso ma spero esauriente”.
Mai utilizzato come muletto Fulvia 1300 Rallye S, magari “pasticciate” dal grande Luigino Podda?
“Paolo Mazzotto, non ho mai guidato una Fulvia 1300. Luigino Podda era il capo meccanico della Fulvia HF Gruppo 4 a me destinata dal reparto corse Lancia”.
Alfa Romeo o Lancia?
“Gerardo Cazzato, la Lancia come ogni primo amore”.
Se dico Targa Florio 1980 cosa ti viene in mente?

“Marco Cariati, una vittoria perduta ma non per colpa mia. Ci sarebbero osservazioni molto dure, a dir poco, ma oggi giusto sorvolare…”.
Mauro mi puoi elencare le gare fatte con Piero Sodano su Fanalone e magari le classifiche?
“Le gare disputate all’estero, poiché in Italia correvo con Angelo Garzoglio”.
È vero che la GTV aveva lo sterzo molto pesante?
“Paolo De Giacinto con la scatola guida diretta abbastanza, comunque non impensieriva chi aveva guidato la Beta CoupéGruppo 4”.
Targa Florio 1975…
“Mariagrazia Facetti, una sofferenza dall’inizio alla fine poiché il motore girava a 5 cilindri, te lo può confermare l’amico Bologna ed il nostro bravissimo tecnico Giuliano”.
Le principali affinità e le differenze di guida tra la Fulvia e la Beta…
“Edoardo Bongioanni, la Beta aveva il motore praticamente più arretrato, verso l’abitacolo, nella Fulvia era a sbalzo in avanti, molta trazione ma più sottosterzo. Esattamente il contrario della Porsche”.
L’ingresso come pilota ufficiale Lancia è stato nel 1972 dopo la vittoria del Campionato Autocross vinto in quell’anno con le vetture ufficiali? Come era articolato il Campionato del 1972? Quali le gare a cui ha partecipato e quali vinte?
“Roberto Lombi, nel 1972 ho corso il rallycross da ufficiale. Ho sempre vinto, eccetto un ritiro per lo sfilamento di un semiasse nella curva a sinistra dopo il ripidissimo discesone. La pista era la stessa dove si correva il motocross mondiale”.
Come si poteva fare quella “famosa curva” di corso Europa a Genova a più di 120 chilometri orari?
“Sergio Gargiulo mi spieghi come fai a saperlo…?”.
Le Beta Coupé che ti venivano affidate erano curate meccanicamente un po’ da tutti i meccanici della squadra corse Lancia o c’era qualcuno di essi cui erano specificamente affidate? Mi risulta che la Beta non venisse particolarmente apprezzata dai meccanici Lancia che la ritenevano fragile e antipaticamente Fiat. È vero?
“La Beta era amata da tutti e ben preparata dal reparto corse Lancia, poiché doveva prendere a tutti gli effetti il posto della Fulvia HF. È chiaro che il primo anno, il 1974, ha sofferto problemi di gioventù naturalissimi, ma nel 1975 ha dimostrato il suo potenziale. Al Rally di Sicilia 1975 Pregliasco-Sodano siamo arrivati secondi, a pochissimo dalla Stratos di Pinto e davanti a Porsche e altre Stratos… Soffriva nel lento per problemi di trazione. Purtroppo ha cavalcato poco la scena poiché con l’unione dei reparti corse Lancia-Fiat automaticamente “morirono” nel GT la Fiat X1/9 e nel turismo la Lancia Beta Coupé”.